Davon Fargan aveva guidato con intelligenza la difesa dei confini di Ursathra al fianco di Re Rorik, eppure non erano pochi quei ruffiani che, alle sue spalle, ne mettessero in dubbio le modeste abilità di combattente. Nessuno tuttavia avrebbe mai avuto il coraggio di sfidare il generale in singolar tenzone, poiché egli, come ogni buon stratega, aveva un’arma in grado di spezzare ogni lama e lavare qualsiasi offesa nel sangue.
Gli avventurieri, obbigati ad una marcia forzata priva di soste, erano giunti in vista della città di Glenthia completamente stremati; con volontà e forza avevano strappato i soldati sopravvissuti al crudele destino a cui gli Gnoll li avrebbero condannati, e gli sguardi dei sopravvissuti al pianoro di Ebron esprimevano ora una riconoscenza impossibile da descrivere con le sole parole.
Dopo aver varcato la soglia dei cancelli settentrionali, uno dei soldati si fece loro innanzi; egli avvisò gli avventurieri che il generale di Ursathra, Davon Fargan, si trovava nella città e Bartholomeus venne esortato a recarsi al suo cospetto quanto prima, poiché da tempo era stato chiesto di lui. Una strana agitazione e incertezza sembrava animare gli occhi dei soldati e per un istante John si chiese se la maledizione che pensavano di aver estirpato avesse attecchito nuovamente nella città; ma ci volle poco a convincere il giovane fabbro che in realtà la causa di quegli sguardi era ben diversa.
Gli avventurieri seguirono Bartholomeus, trovandosi al cospetto del Generale pochi minuti più tardi. Davon Fargan probabilmente non attendeva alcuna visita, e si mostrò un ospite sgarbato, almeno secondo il Martin, che a ben altre accoglienze era stato da sempre abituato.
Egli assegnò senza cerimonie il titolo di capitano all’incredulo Bartholomeus, il quale cercò invano di replicare: gli ordini ricevuti dal principe Norwin sembravano avere poca importanza per Davon Fargan, che liquidò gli avventurieri e i loro compagni con un cenno della robusta mano.
John offrì riparo e ristoro agli avventurieri nella sua bottega, mentre i soldati che avevano sottratto alle grinfia degli Gnoll vennero accolti nella guarnigione. Nonostante il lungo viaggio appena compiuto, il fabbro si mise alacremente al lavoro, mentre i suoi compagni decidevano il da farsi.
Dopo un breve consiglio, gli avventurieri decisero di partire per Draskìr, tutti meno Brandano che ben ricordava il trattamento ricevuto dal vicario. Egill dopo molte incertezze, si risolse ad unirsi alla compagnia; forte infatti era in lui la convinzione che le parole di Elliot non fossero prive di importanza: avrebbe dovuto attendere che un Re salisse sul trono prima di potersi recare all’antica fortezza monastero dei Cavalieri Grigi per completare la sua missione.
John si accomiatò dai propri compagni, il tempo necessario per recarsi da Esmeralda. Tuttavia, quando finalmente ebbe modo di trovarla, la giovane spadaccina era intenta a colpire qualsiasi cosa le capitasse a tiro, sotto lo sguardo dispiaciuto dei suoi più fedeli compagni d’arme.
Come ebbe modo di scoprire presto John, la sua rabbia era dovuta alle recenti attenzioni del generale, che le aveva ordinato di unirsi alla scorta diretta a Draskìr. John sapeva che Esmeralda avrebbe dovuto obbedire ai suoi ordini o disertare e il suo sguardo si incupì poiché nulla avrebbe potuto fare per aiutare quella spregiudicata compagna d’arme che aveva saputo in qualche modo irretire il suo cuore.
Il giorno successivo, gli avventurieri erano decisi a partire, ma non prima di aver fatto visita al Bansàg di Glenthia, Robrain. Egli li ricevette in modo ben diverso da quanto potevano ricordare, e sembrava ai loro occhi che sebbene l’età non fosse stata generosa con l’antico capitano della guardia reale, la sua tempra fosse stata rinvigorita e la sua espressione resa nuovamente inflessibile.
Sotto l’incalzare delle domande di Rudolf, Robrain spiegò chiaramente che la presenza del generale era dovuta all’arrivo di Mawgar, atteso già da alcuni giorni a Glenthia; la sua visita poteva soltanto significare che ben prima dell’assemblea i nobili nati avrebbero stretto accordi segreti, e probabilmente scelto in anticipo a quale tra i principi di Ursathra dare la propria fiducia.
Nel frattempo Martin, recatosi dalla figlia di Robrain, dava sfoggio di tutta la sua elegante arte, corteggiando a suo modo la giovane nobildonna con raffinatezza e galanteria. Dopo aver ottenuto l’attenzione di Krisha, Martin carpì alcuni interessanti pettegolezzi, scoprendo che il generale non si era recato a Glenthia sotto ordine di Ragnar, come poteva sembrare, poiché il primogenito di Rorik non era ancora ritornato da Arkenthag. Prima di allontanarsi, Martin si ricordò dell’infelice racconto di John, e rivelò alla dama le intenzioni del Generale, facendole promettere che avrebbe protetto la giovane Esmeralda dal suo infelice destino.
Gli avventurieri si riunirono sotto l’imponente arco che attraversava le mura meridionali, su quella strada che li avrebbe condotti dopo infinite giravolte alla città di Draskìr. Qui essi si congedarono a malincuore da Brandano, che li benedisse nel nome del Creatore prima di voltar loro le spalle, nascondendo alla vista un beffardo sorriso.