L’era del Lupo Nero è il nome con il quale gli storici hanno sigillato l’epoca nella quale l’Ombra si affacciò nuovamente sul mondo. Gahurir, invincibile araldo della tenebra, era sorto in possanza ed ogni profezia indicava che la fine di ogni cosa era vicina. Eppure, una forza inattesa giunse a contrastare quel terribile fato; in quei giorni disperati Elric, che in seguito divenne il Primo Imperatore, si levò tra gli Uomini riunendo a sé tutti i clan e forgiando un legame di amicizia tra la sua stirpe e il popolo dei Nani. Solo quell’Alleanza ebbe la forza di opporsi al potere di Gahurir e di sconfiggerlo dopo un sanguinoso scontro sul campo di battaglia di Dagorlach.
Quando l’imponente doppio battente si chiuse alle loro spalle, gli avventurieri rabbrividirono. Si trovavano ora per ordine del Re nelle fredde Aule del Giudizio, ove Drann avrebbe deciso il loro fato. Il Dio dei Nani non aveva alcuna virtù che potesse rassomigliare alla compassione, specialmente per la Gente Alta, a qualsiasi razza appartenesse. Percorso un ampio corridoio, la compagnia entrò in un vasto ambiente sotterraneo, le cui pareti e l’altissima volta erano illuminate da una fredda luce spettrale, riflessa sulle placide acque contenute in una lunga vasca posta al centro della sala; quattro colonne di pietra, sulle quali erano stati incisi bassorilievi per tutta la loro altezza, svettavano verso le ombre del soffitto.
Dopo un attimo di esitazione, i cavalieri entrarono nella sala e ispezionarono con cura gli affreschi che ne decoravano le pareti. Alla luce bluastra che emergeva dal basso, John rinvenne una fornace e un’incudine, ma la polvere depositatasi su di essa testimoniava che non era stata utilizzata da molto tempo. Lì accanto un bagliore colpì il suo sguardo: si trattava di un gioiello, abbandonato sulla pietra. Rudolf lo riconobbe immediatamente, poiché apparteneva a Rorik Vaughen, il Re la cui vita il drago aveva spezzato; ma come potesse trovarsi in quel luogo nessuno poteva immaginarlo.
Incerto sul da farsi, infine John decise di mettersi all’opera e di utilizzare la forgia per tentare di riparare alcuni pezzi di armatura danneggiati. Ogni colpo che batteva sull’incudine amplificava la luminescenza bluastra che si rifletteva sull’acqua.
D’un tratto, Brandano udì dei lamenti nell’aria e comprese che i morti erano giunti; si alzò dunque, invocando il potere del Creatore per poterli interrogare; e i morti gli risposero. Essi avevano incontrato il loro fato per non aver obbedito all’Imperatore; erano fuggiti e si erano perduti nella tenebra. Brandano voleva sapere di più e i morti risero con voci crudeli, poiché sapevano che il Giudizio di Drann era su di loro. Afferrarono lui e i suoi compagni con dita artigliate e li trascinarono nella grande vasca. Il bagliore si fece accecante.
Fradici e impossibilitati a reprimere i brividi, gli avventurieri si guardarono l’un l’altro. Intorno ad essi l’atmosfera sembrava irreale, come se stessero osservando i confini di un sogno; non avrebbero saputo dire come erano giunti su quell’alta collina che dominava la Valle di Thaern in una chiara notte illuminata da uno splendido firmamento, né chi fossero i due uomini poco distanti che voltavano loro le spalle.
Il primo era chiuso in un usbergo di metallo, ed una lunga spada dall’elsa ingioiellata gli pendeva al fianco; sulle spalle era posto il mantello degli Imperatori di Lynn, con l’inconfondibile icona del Drago, mentre sulla sua fronte brillava la Corona che sanciva il suo divino diritto al comando. Accanto a lui, avvolto in ricche vesti scure e avviluppato in un lungo mantello nero si trovava una figura tenebrosa, il cui sguardo disumano sapeva riflettere una malvagità priva di alcun risentimento. Galaverna riconobbe il simbolo d’oro della sua fibbia e trasalì, poiché non poteva essere altri che Melchia, uno tra i temuti figli di Caino. Le voci dei due uomini giunsero a loro, ed involontariamente ascoltarono ciò che essi si erano detti, quasi mille e trecento anni prima.
Melchia dunque disse: “Ritorna a Nosgoth! Non sacrificare la tua vita per miseri Uomini e Nani. I primi non hanno alcuno scampo, e i secondi hanno già deciso il loro ultimo destino: i Distruttori li annienteranno prima ancora che Ghaurir giunga per straziare le loro carni”. Un lungo ululato lontano accompagnò le sue parole, e Galaverna seppe che il Lupo Nero era davvero vicino.
Ma il monarca rispose: “Nosgoth cadrà, anche se ultimo tra i reami, dopo che un’era di tormenti e depravazioni si sarà consumata tra le sue invincibili mura”. L’Imperatore si voltò alla luce delle stelle ed allora gli avventurieri videro che dalla sua bocca emergevano lunghe zanne e che i suoi occhi erano simili a quelli del suo fratello maggiore. “No, non tornerò a Nosgoth prima di aver conferito con il Re della Montagna Bianca”.
Melchia sorrise crudelmente e la sua figura si fece nera come la notte. Un istante più tardi, essa si frantumò in uno sciame di pipistrelli che volarono via in stormo verso il nero orizzonte. Solo allora l’Imperatore si voltò verso gli avventurieri come se li avesse visti per la prima volta e disse: “Il Re mi attende. Desiderate venire con me?”.
Inutile dire che nessuno lo desiderava. Qualsiasi fosse la natura del Giudizio certamente si erano trovati innanzi una creatura malvagia e ancestrale. I cavalieri si domandarono se non fosse proprio quella la prova che dovevano superare, abbattendo in quel preciso frangente l’empio abominio. Poi Brandano si ricordò del monito dei morti, e avvertì i suoi compagni; essi decisero di non sguainare le armi, e di seguire il monarca sotto la montagna. Il cuore di Rudolf tuttavia era grave, poiché egli non poteva accettare facilmente che il primo tra gli Imperatori fosse un crudele non morto. Eppure, non era stato proprio Elric a forgiare la prima alleanza tra Uomini e Nani? Così riportavano tutte le cronache del Vecchio Mondo, quando la nascita dell’Impero venne sigillata con il sangue dei morti versato sul campo di Dagorlach.
Essi varcarono i cancelli di Uth-Drannor e vennero condotti alla Sala del Trono percorrendo le antiche sale, che sembravano tuttavia meno grandi e maestose di quanto non avessero visto la prima volta che avevano mirato la cittadella, come se ancora molte opere dovessero essere intraprese o ultimate. Essi videro anche i Distruttori, che tuttavia obbedivano ai comandi dei Nani, come qualsiasi costrutto magico farebbe con il suo legittimo creatore.
L’Imperatore si inchinò davanti al Re, e così fecero i cavalieri al suo seguito; quando levarono lo sguardo, Galaverna trasalì, poiché aveva intuito che il nano seduto sul trono non potesse essere altri che Re Thorgrim, il cui maglio tempestato di rune aveva spezzato la schiena di Gahurir durante la battaglia che segnò la fine della tetra era del Lupo Nero.
L’Imperatore prese la parola, e avvertì Thorgrim che una minaccia terribile gravava sul suo reame: i Distruttori avrebbero presto seminato la morte tra la sua gente, poiché erano stati forgiati con il potere della Corona della Corruzione. Thorgrim rispose che la Corona era stata distrutta molti anni prima, ma l’Imperatore rivelò che Alarik aveva mentito, e chiese che fosse condotto al suo cospetto. Il Forgiarune tuttavia si era barricato già da molti mesi nel suo Thaig, e lo aveva riempito di trappole mortali, perché era diventato sospettoso e irascibile. Il Re ebbe il presentimento di non aver dato il giusto peso al comportamento eccentrico del suo più illustre Forgiarune, e acconsentì che la guardia dell’Imperatore si avventurasse nel Thaig di Alarik e riportasse la prova dell’esistenza della Corona.
La compagnia decise di accettare quell’incarico, sempre memore del monito dei morti, e venne condotta attraverso cunicoli e montacarichi sospesi nel vuoto, sino ai livelli inferiori di Uth-Drannor, alle porte del Thaig di Alarik. Raggiungere il Forgiarune però, non si dimostrò impresa facile: i corridoi erano disseminati di trappole complesse e indovinelli mortali, ma grazie alla loro audacia e al loro ingegno, i cavalieri superarono tutte le prove, e si trovarono finalmente al cospetto di Alarik, proprio all’interno della nera fucina ove egli forgiava senza posa nuovi distruttori. Sul suo capo era posta la Corona della Corruzione, ed i terribili costrutti che aveva generato erano ovunque, pronti a intervenire ad un solo cenno del loro padrone.
Brandano e Rudolf cercarono tuttavia di non ricorrere alle armi, ma Alarik disse loro: “Ho scrutato nel futuro, e non lascerò che la Seconda Tenebra uccida i miei simili. Darò ad essi una morte gloriosa in battaglia, contro avversari degni dei miei avi: i miei Distruttori annienteranno la stirpe di Drann, e quando l’ombra ci raggiungerà non potrà ghermire le nostre anime”. Detto ciò, diede ordine ai Distruttori di aggredire gli impostori, e non avendo altra scelta, Rudolf balzò avanti e con un colpo violento del suo spadone a due mani decapitò il Forgiarune, il cui sangue macchiò per sempre l’incudine della sua Fucina. La corona balzò a terra e venne raccolta da Brandano, mentre Galaverna usava tutti i suoi poteri per tenere a bada i mostruosi Distruttori.
John, Martin e Rudolf si aprirono la strada con le armi emergendo a fatica dalla fucina, laceri e sanguinanti. Galaverna bloccò l’ingresso evocando un muro di pietra; ma tale era la furia dei Distruttori che questo non sarebbe durato a lungo. I cavalieri si precipitarono verso l’uscita, e raggiunsero indenni i cancelli del Thaig, che vennero richiusi alle loro spalle.
Alla vista della Corona, Re Thorgrim si fece cupo e maledisse la stirpe di Alarik. In riconoscenza dell’avvertimento dell’Imperatore, Il Re della Montagna Bianca promise inoltre che i Nani avrebbero combattuto al fianco degli Uomini contro Gahurir. All’udire quelle parole, i cavalieri vennero colpiti da un’intensa luce accecante, e si trovarono distesi e fradici sul pavimento delle Aule del Giudizio.
La prova si era conclusa.