“Credo nella luce,
solleva le tue mani verso il cielo,
la battaglia è finita, la guerra è vinta.
Solleva le tue mani,
verso il sole.”
Canto dei Cavalieri Grigi di Draskìr.
Giunse infine il gelido inverno dell’anno 1299 e mentre il secolo spirava, flagellanti e profeti di sventura percorrevano a piedi nudi le fangose strade del mondo per annunciare l’annientamento della razza degli uomini ed una nuova era di tenebra. A dispetto di tali nere previsioni, per più di venti lunghi anni un insolito periodo di pace aveva benedetto le terre del regno di Ursathra: strade vennero ricostruite, villaggi ingranditi e nuove rotte commerciali tracciate. I segni dell’ultima grande invasione delle creature delle tenebre, arrestate dopo sanguinose battaglie sull’antico confine dell’Impero nel 1279, non erano quasi più visibili. La testa di Urash l’Impalatore, spiccata di netto dalle ampie spalle, era stata inchiodata sulle mura di Glenthia, ad eterna testimonianza della supremazia della stirpe degli uomini sulle creature delle tenebre.
Questo periodo di pace era stato tuttavia preceduto da eventi burrascosi: Vulfolaic II, morto senza eredi nel 1275, aveva lasciato il Trono di Spade privo di discendenti diretti.
La linea di sangue della dinastia imperiale poteva però essere preservata, in quanto uno dei figli bastardi dell’imperatore, Ruthgard Untershank, era ancora vivo; tuttavia la discordia delle cinque grandi casate Imperiali sfociò in un’aperta guerra civile che imperversò per due interi anni, durante i quali tutte le province imperiali vennero indebolite a tal punto da non poter più difendere i propri confini. In numerose regioni, in special modo quelle recentemente annesse all’Impero da Vulfolaic I, divamparono presto i fuochi della rivolta.
A peggiorare le cose, nel 1277 proprio al culmine della guerra civile, una gigantesca orda di orchi discese dalle sommità dei Picchi Neri incendiando e devastando qualunque cosa si parasse sul proprio cammino. I nobili più influenti dell’Impero compresero appena in tempo che l’intera regione era sul ciglio della distruzione, e finalmente si accordarono per riconoscere il principe Rutghard Untershank come legittimo erede al Trono di Spade.
Ruthgard era intanto sopravvissuto ad un considerevole numero di aggressioni e agguati negli ultimi due anni e non a caso: egli infatti non era cresciuto nelle sale di palazzo, e la sua tempra era robusta come non lo erano più state molte generazioni di Imperatori. Il sommo patriarca della Croce proclamò che se Ruthgard avesse arrestato la marea nera delle creature di tenebra, avrebbe dimostrato senza ombra di dubbio di detenere il favore del Creatore e il diritto di regnare; fu così che il figlio illegittimo di Vulfolaic II si mise alla testa di quella che sembrava una disperata campagna militare con tutte le forze di cui l’Impero poteva disporre.
Tuttavia, a dispetto delle più nere previsioni, grazie al proprio carisma e all’abilità dei suoi generali, Ruthgard sconfisse, battaglia dopo battaglia, i nemici che minacciavano le terre dell’Impero. Al termine della guerra, nel 1279, l’Impero esisteva ancora, ma le sue terre avevano conosciuto una violenza e una devastazione mai viste prima. Laddove fu possibile Ruthgard riconquistò i territori perduti, ma in alcuni casi egli fu costretto a negoziare con i sovrani dei nuovi regni sorti durante gli anni della guerra, e a riconoscere l’indipendenza di alcune tra le più salde monarchie che avevano difeso i propri territori dagli orchi.
Sebbene molti tra i suoi generali premessero affinché Ruthgard riconquistasse tutte le terre che appartenevano all’Impero prima della guerra civile, espugnando se necessario dalla prima all’ultima quelle fortezze e quelle città che avevano rigettato la propria lealtà alla corona, egli comprese di non avere né il tempo né le forze militari per questa impresa; vi erano infatti anche altri nemici che insidiavano il suo potere. Si racconta che al suo ritorno, Ruthgard dovette combattere per riconquistare il diritto di regnare, usurpato in sua assenza da uno dei tanti falsi figli illegittimi di Vulfolaic II, apparsi dal nulla dopo la sua partenza tra i ruffiani di corte e spalleggiati dalle case nobiliari della capitale. Al culmine di un teso confronto, Rughtgard uccise spietatamente l’usurpatore, inchiodando il suo corpo al Trono di Spade. Questo gesto consacrò definitivamente l’ascesa di Ruthgard al potere e l’incoronazione avvenne nell’anno successivo, il 1280, nella grande cattedrale della Croce.
Uno tra i regni che aveva riconquistato la propria indipendenza nel tumulto della guerra civile aveva riacquisito il suo antico nome: Ursathra. Le terre del regno, annesse come provincia imperiale sin dal 1230 dalla forza degli eserciti di Vulfolaic I, erano adesso nuovamente libere dopo cinquanta anni di giogo straniero. Il principe Rorik Vaughen, sostenuto dalla maggioranza dei casati nobiliari sopravvissuti all’invasione degli orchi, era stato incoronato Re di Ursathra nella capitale del regno, Draskìr, due mesi prima della decisiva battaglia combattuta alle porte di Glenthia contro Urash l’Impalatore.
Il regno di Ursathra beneficiò grandemente della saggezza del suo sovrano, che amministrò le sue funzioni temperando rigore e clemenza per oltre venti anni. Il re tuttavia invecchiava e si avvicinava inesorabilmente il giorno in cui avrebbe abdicato in favore di uno dei suoi principi. Quel giorno tuttavia non sarebbe mai giunto.
L’alba del primo ottobre del 1299 venne oscurata da ali che non temevano nemmeno la più violenta tormenta: lo spietato drago discese e distrusse il cuore della grande città di Glenthia, incenerendola con fiamme ruggenti che nemmeno neve e pioggia riuscirono a domare per giorni e giorni. Quando Re Rorik seppe della tragedia che si era abbattuta ai confini del suo regno, chiamò a raccolta i più valenti cavalieri, ed il mese successivo si diresse alla testa del suo maestoso esercito verso la vetta del Cornocavo, ove si diceva che il mostro avesse posto dimora. Garrivano gli stendardi al suo passaggio, e le genti di Ursathra salutavano il proprio Re, attendendo che la testa del drago si unisse a quella dell’Impalatore sulle incenerite mura di Glenthia.
Tuttavia, coloro che tornarono indietro dissero che il Re era morto; dissero che un’ombra scura era discesa dalle nubi, incurante delle frecce, dei dardi, dei giavellotti. Dissero che le sue zanne erano lunghe come spade, e che la morte stessa avrebbe temuto il suo incedere. Coloro che sopravvissero dissero che Mourne il Nero si era destato, e che la tenebra avrebbe avvolto le terre degli uomini in una spessa coltre di nera cenere.