Chi sopravvisse al massacro di Enkara, non dimenticò facilmente la notte in cui il palazzo di Strom, che per mesi aveva ospitato il tiranno, venne dato alle fiamme. Ma il fuoco che divorò le sale lignee, non poteva intaccare la struttura di pietra innalzata dai demoni di Acheron che rimase a lungo come un zanna cariata conficcata tra i moli di Enkara.
Noriast, che mai si era piegato al volere di Strom venne insignito della carica di governatore dagli anziani di Enkara, e giurò che mai più le genti di Idra sarebbero cadute sotto il giogo della tirannia.
Nadine decise di rimanere nel rifugio che l’aveva ospitata per molti mesi, forse non sapendo rinunciare alla sua fama di reclusa, ma acconsentì a recarsi tra le vie di Enkara affinché il nome della dea non venisse dimenticato.
Ishmaela si fermò alla Locanda del Randagio Ubriaco insieme a Thor. Per camminare la giovane avrebbe dovuto avvalersi dell’aiuto di un bastone per molti mesi, a causa del terribile colpo subito alla gamba, ma era un’altra la ferita che l’avrebbe torturata maggiormente: il suo cuore non avrebbe mai dimenticato Laranga, che aveva dato la sua vita nella nella battaglia finale contro il tiranno.
Il mercante di schiavi, Alric, cercò inizialmente la protezione della strega grigia, ma quando comprese che Mithrelle non poteva difenderlo scese a patti con la resistenza, e rinunciò a molte delle proprie ricchezze in cambio della vita.
Redrick e Turac, che non si rivolgevano la parola ormai da anni, ritrovarono nel furore della battaglia la loro antica amicizia. Il corsaro rosso promise, dopo aver ingurgitato numerosi boccali di malto, che avrebbe rinunciato al commercio di schiavi se Turac avesse ripreso a viaggiare con lui e inaspettatamente il gigantesco guerriero accettò la sua proposta. Molto i bardi avrebbero cantato delle gesta di questi due formidabili combattenti negli anni a venire.
Tuttavia Turac e Redrick non furono gli unici ad attirare l’attenzione dei cantori.
Dissero che quella notte emersero dal palazzo otto combattenti, coperti da capo a piedi di sangue, ma con gli occhi ardenti di chi ha osato affrontare le nere creature dell’abisso. Dissero che nel loro cuore albergava la discordia e la tenebra, e che erano soliti minacciarsi gli uni con gli altri. Dissero che si sarebbero separati presto, e sarebbero morti soli e dimenticati.
Dissero queste e molte altre cose, ma la storia ci insegna che ognuno di essi avrebbe inciso il proprio nome nella leggenda.