Le luci ardenti di Enkara, il gioiello di Idra, splendevano sulle acque meridionali del Jeevra guidando da sempre le imbarcazioni corsare nella difficile rotta che fiancheggiava lo Stretto della Morte. Tuttavia, durante il secolo in cui il tiranno stringeva la sua morsa sulle tormentate strade di Enkara, soltanto chi faceva commercio dei propri simili poteva trovare riparo tra i consumati approdi dell’isola di Idra.
Un grido disarticolato dall’alto della mostruosa cittadella aveva convinto gli avventurieri a trovare riparo sotto una delle buie arcate, dove venne rapidamente presa la decisione di esplorare la megalitica struttura alla ricerca di qualche indizio utile. Xirtam decise di risalire per primo un’ampia gradinata che sembrava seguire il costone roccioso dal quale protrudevano i contrafforti della cittadella, imitato presto dagli altri.
Superati altri neri ingressi, da una sorta di piazzale che si lanciava nel vuoto si intravedevano altri luoghi maestosi e terribili, che sembravano essere stati eretti per venerare chissà quali blasfeme divinità. L’imponenza dei mastodontici blocchi di pietra e le sfigurate fattezze che vi erano ritratte trasmettevano un’inquietudine indescrivibile nel cuore degli avventurieri, che decisero di risalire ancora per guadagnare un punto migliore dal quale osservare il paesaggio circostante.
Tuttavia, su quelle tormentate scale di pietra biancheggiavano le ossa di decine di nere creature, fatte a brutalmente a pezzi in chissà quale epoca passata. La sensazione che qualcosa di terribile si annidasse ancora sulla sommità della cittadella convinse gli avventurieri ad esplorare uno dei cunicoli immersi nell’oscurità, e finalmente Andrey guidò l’intero gruppo nella tenebra, reggendo una torcia improvvisata che generava più fumo che luce.
Gli avventurieri superarono la fossa nella quale giaceva il corpo del mercante di schiavi, e cominciarono ad esplorare le gallerie. Dopo alcune decine di minuti giunsero infine in un antro dal pavimento di pietra; su una delle nude pareti, trattenuta da minacciose catene di metallo nero, si trovava una donna dai lunghi capelli castani, priva di alcuna coscienza. Mentre Dakkar e Unghialunga soccorrevano la prigioniera, una figura alta la metà di un uomo e avvolta da lacere vesti nere emerse nella sala da un ingresso secondario.
Un muso da rettile faceva capolino dalle ombre del cappuccio e una coda serpentina frustava l’aria alle sue spalle. La creatura si irrigidì immediatamente quando vide gli intrusi che avevano violato il suo dominio, e si tuffò repentinamente nella tenebra, inseguita da Isaac, Chandra, Xirtam e Andrey.
Tuttavia la creatura non era priva di risorse, e quando gli avventurieri riuscirono a raggiungerla, essa aveva trovato l’aiuto in una bestia cinque volte più grande, alla cui sola vista gli avventurieri decisero di battere in ritirata. Il passaggio era troppo angusto perché fossero inseguiti una creatura di tali dimensioni, ma Xirtam trovò prudente esortare ugualmente i compagni alla fuga, così Dakkar, gettatosi in spalla la prigioniera, cominciò la breve discesa verso l’esterno della cittadella.
Mentre gli avventurieri guadagnavano l’uscita, un suono rumoroso e metallico esplose tra le sale della cittadella. Intuendo che il suono altro non era che un segnale d’allarme, gli avventurieri si precipitarono verso il ponte e ne recisero le funi, per poi mettere quante più leghe possibili tra loro e le malvagie creature. Tuttavia, il mostruoso dirupo che ben conoscevano sbarrò il loro passo qualche ora più tardi.
Dopo vari tentativi, Chadra riuscì a destare la prigioniera dal suo stato di incoscienza; la giovane donna rispondeva al nome di Miranda, e riuscì a farfugliare qualcosa a riguardo una porta segreta, che rendeva possibile passare al di sotto della barriera rocciosa. Decisi a tentare il tutto per tutto prima del calar della notte, gli avventurieri seguirono le poche indicazioni che avevano, giungendo sino al punto nel quale avevano visto per la prima volta il maestro di schiavi. Ricordando le circostanze di quell’incontro, Andrey decise di scalare il tratto di roccia dal quale avevano visto discendere il grasso individuo, e non senza sorpresa rinvenne una galleria che si apriva sul fianco della roccia, appena mimetizzata tra i rampicanti che si sforzavano invano di raggiungere la sommità della barriera naturale.
Il cunicolo si torceva sotto la parete rocciosa per più di dieci metri, prima di culminare il un cancello chiuso da una bizzarra serratura che avrebbe rappresentato una sfida difficile per qualsiasi scassinatore. Eppure, Andrey riuscì nell’improbabile impresa di far scattare il chiavistello, permettendo all’intero gruppo di passare dall’altro lato.
Con passo rapido, Miranda condusse gli avventurieri attraverso una parte della giungla che le era familiare, sino a giungere presso la miniera ove sperava di trovare Turac, il gigantesco fabbro di Enkara, che avrebbe potuto rimuovere i bracciali di metallo che raccontavano fin troppo bene una storia che i sette naufraghi avevano dimenticato.
Dalla miniera emerse un singolare individuo dal viso rubicondo e dal nome bizzarro, ma poiché erano privi della propria memoria gli avventurieri erano avidi di informazioni, e posero molte domande al nuovo arrivato. Tuttavia, quando il fabbro giunse in superficie il gruppo era già pronto per porre la sua insolita richiesta.
Sebbene fosse inizialmente diffidente, Turac sembrò alfine convincersi della buona fede dei viaggiatori, ed acconsentì a spezzare le loro catene. Quando tutti furono liberi dai ceppi, egli incaricò Cacopulos di scortare gli avventurieri sino ad Enkara, presso la locanda del Randagio Ubriaco.
Cacopulos si rivelò una guida molto loquace, forse anche troppo. L’uomo aveva vissuto ad Enkara per un tempo sufficiente a conoscere molti dei suoi abitanti, e per ognuno di essi aveva un giudizio pronto. Il tramonto aveva abbandonato l’orizzonte ed una soffice nebbia si levò tra la lussureggiante vegetazione, ma nell’oscurità i bracieri di Enkara sembravano ancora più luminosi, e guidarono i passi del gruppo sino ai suoi cancelli.
I soldati del Teschio Rosso che sorvegliavano le porte di Enkara non furono amichevoli, ma lasciarono infine passare l’intero gruppo. Seguendo le istruzioni di Turac, Cacopulos condusse gli avventurieri sino alla taverna del Randagio Ubriaco prima di congedarsi.
Stanchi e affamati i naufraghi si accomodarono finalmente nel primo luogo accogliente che riuscivano a ricordare, e allungarono le gambe stanche e i piedi martoriati al di sotto del lungo tavolo di legno. Non avendo che pochi oggetti da barattare, gli avventurieri si prepararono a subire i morsi della fame, ma Ishmaela, la giovane locandiera, offrì loro vitto e alloggio se avessero risposto a qualcuna delle sue domande. C’era ben poco che gli avventurieri ricordassero, ma Unghialunga fu lesto ad accettare la proposta, e prima che Ishmaela potesse rendersi conto del suo grossolano errore, il parco cibo che era stato portato sul tavolo era già scomparso.