La prima volta è successo sulla nave che doveva tornare verso nord. C’erano molti mutilati a bordo e soffrivano a morte. C’era un ragazzo, avrà avuto quindici anni, un bastardo, uno dei tanti che erano nati in terra sconsacrata e che poi si univano al seguito dell’esercito procurandosi da vivere con i lavori più umili. Alcuni, i più fortunati, erano saliti a bordo con noi, per fuggire alla devastazione. Era al seguito di un cavaliere crociato, probabilmente il padre. Tutto sommato un bravo padre, lo vedevo che ci soffriva. Il ragazzo aveva perso una gamba e non si riusciva a fermare il sangue. Non so perché ma provai molta pietà e mi misi ad armeggiare con le bende e ad assisterlo per alcuni giorni e alcune notti. All’alba del terzo giorno la luce del sole che sorgeva aveva uno strano colore. Mi dissi che era il vino andato a male, o l’insonnia degli ultimi giorni, o ancora il lezzo che si respirava sotto coperta in mezzo a tutti quei feriti. Vedevo le persone ricoperte da un alone di luce. I feriti erano ricoperti da un alone di luce anche loro. Mi dissi che ero veramente ubriaco e mi venne da ridere. Ridevo dentro. Mi alzai e mi accostai al ragazzo. Anche lui era ricoperto dalla luce. Pensai: è chiaro. Non so cosa, ma mi sembrava, come dire, conseguente. In corrispondenza della ferita la luce era strappata, sembrava uno straccio a brandelli. Feci la prima cosa che mi venne in mente, accostai le mani ai brandelli di luce, e vidi che anche le mie mani erano ricoperte di luce. Il madera andato a male ha un sapore dolciastro, bisogna provarlo per capire. Misi le mani e la luce della mano si congiunse con quella del ragazzo. Posi le mani in modo da coprire lo strappo. Mi venne subito da vomitare. Bisogna provarlo per capire. Come il madera. Ci misi un po’ prima di riavermi. Poi mi addormentai. All’alba del quarto giorno il ragazzo non sanguinava più. All’alba del quinto si svegliò. All’alba del sesto era senza febbre. All’alba del settimo mangiò e bevve del madera andato a male. All’alba dell’ottavo decisi di riposarmi, che diamine.