- Madrigale per Monna Elisabeth scritto nella taverna del Profeta
In un boschetto trova’ pasturellapiù che la stella – bella, al mi’ parere.Cavelli avea biondetti e ricciutelli,e gli occhi pien’ d’amor, cera rosata;con sua verghetta pasturav’ agnelli;[di]scalza, di rugiada era bagnata;cantava come fosse ‘namorata:er’ adornata – di tutto piacere.D’amor la saluta’ imantenentee domandai s’avesse compagnia;ed ella mi rispose dolzementeche sola sola per lo bosco gia,e disse: “Sacci, quando l’augel pia,allor disia – ‘l me’ cor drudo avere”.Po’ che mi disse di sua condizionee per lo bosco augelli audìo cantare,fra me stesso diss’ i’: “Or è stagionedi questa pasturella gio’ pigliare”.Merzé le chiesi sol che di basciareed abracciar, se le fosse’n volere.Per man mi prese, d’amorosa voglia,e disse che donato m’avea ‘l core;menòmmi sott’ una freschetta foglia,là dov’i’ vidi fior’ d’ogni colore;e tanto vi sentìo gioia e dolzore,che ‘l die d’amore – mi pàrea vedere.
- Ballata dei sei prodi
Sei prodi all’alta Glenthia ecco arrivaree non il grifon nero dalle murasaluta, non già tromba odi squillare,ma l’aere ammorbar la sozzura,ché vedi sue limpie acque rosseggiare.Del valoroso Robrain non più puracade la man con anco la cittade,regna però di Krisha la beltade.Il popolo tutto era sgomento,piangendo forte morte e distruzione,li uomini d’arme pleni di tormento,ma i sei valenti alcun scoramentomostraron e presti fur all’azione.La Croce sollevaron qual mementoe come un sol uom alla Scacchierasquassarono dei non morti la schiera.Il Sapiente poi del male la fontetrovò sotto il Domo distrutto.Era ivi donna charmante, di frontevegliava rea a terribil costrutto,di liquore vermiglio negro pontealle infernal plaghe. Ma loro fruttoecco tre orribil garguglie planareche i sei all’inferno fanno tornare.Segue Galaverna e la strega fugge.Con motto maligno ha il sopravventoe lo spirto guerrier ch’entro gli ruggeintanto del saggio dorme. “Or sento”dice pio Brandano “che presto sfuggeal prode saggio della vita il vento.”Lo desta ed ei pronto: “Il tempo punge!”‘Ntinge la mano con fermo cipiglioe trae dal rosso sasso vermiglio.A settentrione oltre le mura bianchesi va innanzi, ma Esmeralda primacon bacio d’amor il forte John stanche.A Muria si sta, che nessun l’anima.Di poi in una selva si ferman anche ecolui ch’è l’autor di questa rima,Martin, in posto che tacere è bello,senz’arme (perch’ivi non d’uopo è duello!)viene attaccato nell’onor e in carneda grignante gnoll, orribil creatura.Nove eran quelli, ma… basta parlarne:con spada, lancia, mazzafrusto, orduraammonticchiata arrrivaron a farne.Brandano e Bartolomeo, oh sciagura,rimasti a terra son in fin di vita!Quand’ecco che il Saggio Brandano aitae questi il buon Bartolomeo soccorre,che rivela, credendosi perduto,non sol di Rorik re notizia porgerdovesser, ma dir se avesser vedutodelle Terre di Erin dall’alta torre(ardua missione) stranier astuto.Egill il pio, Galaverna, Brandano,Rudolf, John e Martin ascoltan piano.Mezz’elfo Turgon, che ci aiuta, in tanadi gnoll rivela trovarsi stranierodi Erin, tal Palmir, ch’avea inumanaspada d’origin, Drachnost, che guerrierousar potrà, se di man non villana,per sterminare drago Mourne fiero.Dunque nell’antro di feccia entriamo:molte bestie uccidiamo e liberiamociò ch’esser dovea uman libagione,tra cui è senz’arma Palmir vetusto.Fuor da botola usciam senza tenzonefin a radura protetta da arbusto.Qui mago sorpreso ven da bestioneche Martin silente ferisce al bustoe quei all’albin collo Galaverna,ma pronto lo salva con forza internaBrandano. Intanto gnoll rivelasi omo;Feste era già anzi che strega malanon mutasse: “Amico di Turgon sonoe di Palmir e dunque l’arma cala!”Celata avea Drachnost di cui donoci fa e a sua protezion siam ala.Già da Palmir e il fu Feste cercatoè Turgon, ma da noi ritorno è optato.Gentil messeri, cortesi signori,ai prodi la guerra alle belle i fiori.Tra andare e venir finita è la storia,ai vivi il pianto ai morti la gloria.