Il giudizio di Libra

È ormai assodato tra i dotti che furono le anziane matriarche di Tullvéch la fonte privilegiata per ricostruire pazientemente gli accadimenti che tanta disgrazia inflissero in seguito allo sciagurato regno di Cristòph II. Ed è certamente vero che nessuna di esse avrebbe mai dimenticato il giorno in cui la perfidia dei mezzo-giganti venne infine frantumata dalla splendente e vendicativa lama di Libra.

I nove avventurieri si mossero rapidamente tenendosi quanto più vicini possibile alle mura, mentre i pochi guardiani sul barbacane erano ancora avvolti dalla cortina di fumo sprigionata dalle ampolle di Elinor. Il trucco dell’alchimista aveva permesso all’intera compagnia di attraversare indenne il ponte sul lago di Greveil e Grinwald indovinò che Elinor si sarebbe diretta verso l’ingresso segreto che avevano utilizzato in precedenza per entrare e uscire non visti da Tullvéch.

Tuttavia all’imboccatura del passaggio l’alchimista si arrestò: la neve, caduta in abbondanza durante la notte, era stata rimossa da mani ignote durante la battaglia alla torre; ma non c’era tempo per sciogliere quel mistero, ed Elinor si rannicchiò e penetrò all’interno, squarciando l’oscurità con la luce della sua lanterna. Tutti la seguirono.

Dopo poco tempo, gli avventurieri si trovarono al di sotto del pozzo della chiesa di Tullvéch, e dall’apertura circolare sopra di loro una conveniente corda era stata posta per consentire la salita (o la discesa) di qualcuno che ne conosceva evidentemente il segreto. Senza nessun indugio tutta la compagnia risalì, uno ad uno, il condotto verticale e una volta all’aperto il mistero fu svelato: Edith e Mastro Dargo si trovavano infatti accovacciati dietro il basso muro di cinta del cortile della grande chiesa della Croce Nera, e da quella scomoda posizione scrutavano con angoscia la grande piazza del borgo, incerti sul da farsi.

Intorno alla statua di uno dei loro antenati, gli avventurieri videro per la prima volta gli abitanti di Tullvéch, inginocchiati innanzi alla grande casa del borgomastro, dimora di Zethrela. La maggior parte erano donne e bambini di un’età inferiore ai sei anni, e i loro pianti e lamenti sovrastavano a stento il suono ruggente delle fiamme, che divoravano senza posa le abitazioni occidentali del borgo.

Una dozzina di uomini della milizia sorvegliava gli afflitti cittadini impedendo loro la fuga dalla via settentrionale, mentre dall’altro lato, presso la Torre del Pescatore, Gauthier e una decina di bravi caricavano botti, casse e grossi sacchi di juta su un paio di carri, trainati da una coppia di malconci ronzini ciascuno.

Grinwald e Valamir cercarono di abbozzare un piano che permettesse, per prima cosa, di porre in sicurezza gli abitanti del borgo: entrambi concordarono che sarebbe stato più semplice vincere la resistenza dei banditi sul lato settentrionale, e approfittando della confusione attaccare in un secondo momento il mezzo-gigante e gli altri lestofanti che gli si accompagnavano presso la torre di guardia.

Tuttavia Elinor frustrò ogni loro progetto, ricordando che Razàl disponeva di tre cannoni, puntati sulla piazza. Il mezzo-gigante non avrebbe esitato a vomitare il fuoco greco dell’alchimista sugli abitanti di Tullvéch per la seconda volta, completandone la strage iniziata sei anni prima.

Fu dunque chiaro che gli avventurieri dovevano dividersi: i quattro eredi del feudo di Lairenne avrebbero scalato in qualche modo l’alta Torre del Pescatore e difeso i cannoni mentre la compagnia del Corvobianco avrebbe ingaggiato i miliziani e Gauthier nella piazza sottostante, dando il tempo agli abitanti di fuggire.

Che fosse un piano molto rischioso era evidente: una volta dato inizio all’attacco, gli avventurieri si sarebbero trovati in cima alla torre senza una veloce via di fuga. Tuttavia Bell e Grinwald concordarono che quella fosse la migliore possibilità, incoraggiati dalle parole di Dorian che rivelò di disporre di un metodo infallibile per portarli in cima alla torre, qualora avessero guadagnato gli spalti delle mura nei pressi del contrafforte.

La solitaria sentinella che si trovava in cima alle scale degli spalti avrebbe potuto costituire un ostacolo da non sottovalutare, in quanto si trovava proprio al di sopra dei carri che venivano caricati da non meno di una dozzina di miliziani, sorvegliati dal feroce Gauthier: anche un solo grido strozzato sarebbe stato fatale. Fu allora che Marchesa dimostrò appieno le sue capacità, scivolando come un’ombra nelle ombre fino alle spalle dell’ignara vedetta e squarciandone la gola con un unico rapido taglio della sua daga, mentre la mano sinistra, guantata, soffocava ogni gemito del vile malcapitato.

Raggiunto il camminamento delle mura, la compagnia si avvicinò quanto possibile alla Torre del Pescatore, e Dorian, ricorrendo ad uno dei suoi sortilegi, incantò la corda che aveva portato in modo che risalisse, come le spire di un serpente, verso l’alto, fino a tendersi completamente, sostenuta dalla volontà dello stregone. Inizialmente un po’ incerto, Bell cominciò a scalare la torre e raggiunta la sommità ne scavalcò silenziosamente il parapetto, trovandosi alle spalle dei tre cannoni e dei quattro malvagi gaglioffi che li sorvegliavano, la cui attenzione, per fortuna, era rivolta a ciò che accadeva nel grande piazzale sotto di loro.

Quando fu il turno di Grinwald, il paladino cominciò la scalata, maledicendo silenziosamente la ferita che gli impediva di muoversi rapidamente; tuttavia, giunto in corrispondenza del quarto piano del minareto, vide, su un balconcino ricavato da una porzione delle mura, un uomo impiccato ad una sporgente trave di legno. Il sangue del combattente sacro si gelò all’istante quando riconobbe le fattezze di Marlon, suo fratello; il giovane aveva sacrificato la sua vita per permettere ad Edith di fuggire, e sebbene prima di incontrarlo Grinwald fosse stato animato dal desiderio di redimere il congiunto con la forza se fosse stato necessario, in quell’istante, aggrappato alla corda dello stregone, il suo cuore affondò in una sconfinata amarezza. Pallido e con occhi umidi, finalmente Grinwald si unì a Bell, accovacciato dietro alcune botti in attesa che anche Marchesa e Dorian li raggiungessero. Bell si accorse che il paladino di Libra era d’improvviso tremendamente turbato, ma non era il momento per investigare e Marchesa si mosse rapida verso il bandito che reggeva la torcia, mentre Dorian preparava uno dei suoi sortilegi. In pochi attimi fu tutto finito, e Grinwald avanzò senza parlare, uccidendo spietatamente i sicari di Razàl stregati dal sonno di Dorian.

Non ci volle molto da quando Marchesa diede il segnale convenuto affinché la compagnia del Corvobianco entrasse in azione: un gran baccano seguito dal colpo d’arma da fuoco di Dismas si udì dal piazzale, e dalla loro posizione privilegiata videro Rogar, il cui aspetto era mutato nuovamente in quello di un’odiosa creatura caprina, caricare selvaggiamente Gauthier e i miliziani presso l’ingresso della Torre del Pescatore, mentre Elinor, arrampicatasi su uno dei tetti delle abitazioni limitrofe al piazzale, si preparava a scagliare i suoi composti alchemici sui malfattori che tanto a lungo avevano spadroneggiato tra le vie del borgo.

Gli avventurieri sapevano che qualcuno avrebbe risalito presto i gradini della torre per investigare, e difatti uno sgarbato miliziano emerse dalla botola che si apriva sulle scale imprecando verso quelli che riteneva i suoi complici: Grinwald non mostrò alcuna misericordia e la sua spada troncò di netto la testa del bandito lasciando dietro di sé un guizzante arco cremisi. Il paladino di Libra sentiva montare nel suo cuore una collera come mai aveva provato prima: la morte di Marlon sarebbe stata vendicata, a costo della sua stessa vita. Non ci volle molto prima che la sua promessa venisse messa alla prova: Razàl in persona risalì le scale del minareto, seguito da un gruppo di crudeli banditi, ansioso di accendere con le sue mani le micce che avrebbero seminato il terrore e la morte su coloro che avevano osato sfidarlo.

Bell, Grinwald e Marchesa si disposero in modo da non lasciare varchi sulle scale; essi sapevano infatti che se fossero stati respinti sulla sommità della torre avrebbero potuto essere facilmente accerchiati e sopraffatti. Dorian si pose alle loro spalle e la sua voce iniziò a recitare le formule arcane che avrebbero richiamato il potere della stregoneria nelle sue mani. Tuttavia fu il canto di Grinwald a sovrastare il cozzare delle armi: il paladino sentiva di essere sorretto dal sacro fuoco della giustizia e uno dopo l’altro gli uomini di Razàl caddero sotto i colpi della sua spada, mentre lo stesso mezzo-gigante, messo alle strette dai continui colpi ricevuti dai fendenti di Bell e dalla stregoneria di Dorian fu costretto ad indietreggiare, facendosi scudo con i suoi stessi seguaci.

Fu allora che Marchesa colpì con precisione il fianco di uno degli sgherri di Razàl, permettendo a Grinwald di scavalcarlo e raggiungere il mezzo-gigante pochi metri più in basso. Senza badare alla propria sicurezza, il paladino si scagliò contro il titanico guerriero mentre egli faceva altrettanto: entrambe le lame dei combattenti bevvero il sangue dell’avversario, ma la spada di Grinwald, salda nelle sue dita sanguinanti, trapassò il torace del mezzo-gigante in un punto dove la corazza era più debole, ponendo fine alla sua malvagia esistenza.

Pochi minuti più tardi, Dorian discese gli ultimi piani della Torre e ne emerse scagliando la testa di Razàl tra coloro che ancora combattevano, annunciando la fine del regno del terrore dei mezzo-giganti; a quella vista gli ultimi banditi gettarono le armi implorando quella misericordia e pietà che certamente non meritavano.

Molto fu tramandato su ciò che accadde in seguito, e le matrone di Tullvéch avrebbero sempre portato con sé il ricordo di quella disperata lotta contro il tempo, mentre il fuoco avanzava verso il centro del borgo, divorando ogni cosa. Eppure quel giorno la Dea della Giustizia vegliava sui suoi campioni, e un violento acquazzone rovesciò cateratte d’acqua dalle uggiose nubi sui tetti della piccola cittadina, aiutando i suoi abitanti a domare le fiamme che avevano già distrutto più di metà delle graziose abitazioni di Tullvéch.

Né Dorian né Marchesa avrebbero potuto trovare parole di sostegno per Grinwald, emerso dalla Torre del Pescatore reggendo tra le braccia il corpo esangue del fratello. Il paladino di Libra si incamminò quindi per la via, deciso a portare Marlon lontano da quel luogo di morte, ma non aveva percorso che pochi passi quando riconobbe le figure al limitare del grande piazzale di Tullvéch. China sul corpo senza vita di Rogar vi era Elinor, che aveva finalmente rimosso la tetra maschera del corvo, e accanto a lei in piedi, con il viso macchiato dalla nera fuliggine, si trovava Edith.

Gli occhi della giovane locandiera si empirono di lacrime quando videro ciò che era accaduto a Marlon e lasciando cadere il secchio pieno d’acqua, ella nascose il viso tra le mani tremanti. Quando passò loro accanto, Elinor invece alzò il capo; e nel brillante occhio di smeraldo dell’alchimista, la cui sorella era stata spietatamente uccisa dalla stessa malvagità che aveva spezzato la vita di Marlon, Grinwald trovò, finalmente, un inaspettato quanto amaro conforto.