Il prigioniero dei mezzo-giganti

Durante i primi anni del nuovo secolo, Lord Raphael emerse dalla biblioteca del maniero per emanare il bando che avrebbe attirato a Lairenne i migliori minatori della regione: egli si era infatti convinto che un favoloso tesoro si trovasse nascosto sotto il castello dei suoi antenati, obliato da un inconfessabile segreto di cui soltanto Bertrando era stato il custode.

La luce dell’alba penetrò obliqua attraverso le vetrate colorate della Chiesa della Croce di Tullvéch, destando i viandanti che avevano trovato precario rifugio tra le sue solide mura. Dopo un breve consiglio, i quattro avventurieri decisero di mettersi in cerca della locanda del Sole Brillo, dove speravano, tra le altre cose, di poter mettere qualcosa sotto i denti.

Le strade di Tullvéch erano tristemente deserte, nonostante il sole si fosse già levato da un pezzo, ma avvicinandosi alle mura orientali Dorian si accorse che le abitazioni in questa parte del borgo mostravano evidenti segni di utilizzo: panni erano stati stesi ad asciugare, galline chiocciavano in piccoli recinti ed ogni tanto era possibile udire il vagito di un bambino; eppure essi non videro nessuno dei cittadini di Tullvéch.

Quando infine raggiunsero la locanda, i viandanti furono costretti a cercare rapidamente riparo in un vicolo buio, mentre Gauthier e una piccola banda di miliziani emergevano dal cortile antistante con aria soddisfatta. Quando il drappello della milizia guidato dal mezzo-gigante fu ben lontano, Marchesa si decise a bussare alla porta della locanda, mentre i suoi compagni attendevano prudentemente nascosti poco distante.

Ad aprire la porta fu Edith, e la giovane riconobbe quasi subito la nobile di Varetta, esortandola ad entrare; quando anche gli altri avventurieri varcarono la soglia della stanza principale, Edith si rivolse a Grinwald chiamandolo per nome, e lo prese energicamente per mano trascinandolo via verso le cucine, non senza una certa sorpresa da parte del paladino di Libra, la cui fama all’epoca era ben lontana dall’aver assunto una qualche risonanza.

Tuttavia l’enigma si chiarì del tutto quando, al di là di una porta nascosta nella cantina della locanda, Grinwald incrociò lo sguardo del suo vecchio maestro: Lorcas Maillere.

Dopo aver presentato Lorcas ai suoi compagni, Grinwald si dispose ad ascoltare il racconto del vecchio viaggiatore che si trovava suo malgrado prigioniero a Tullvéch da ben quattro anni. Lorcas era giunto al borgo al seguito di un paladino di Libra, Arthurius, insieme al quale aveva viaggiato per più di un anno. Il cavaliere sacro si era convinto che una maledizione iniqua pesasse sulle terre di Lairenne, ed era deciso ad estirparla; tuttavia Lorcas temeva che il prescelto di Libra non fosse stato in grado di prevalere contro la malvagità che aveva sfidato a viso aperto, e avesse incontrato il suo ultimo destino nelle sale del maniero di Lord Raphael.

Cosa fosse accaduto esattamente però Lorcas non avrebbe saputo dirlo: giunti a Tullvéch infatti, il vegliardo ed il paladino erano stati separati, e soltanto il cavaliere era stato ammesso al castello. Il vecchio, forse scambiato per un servitore, era stato esortato a riposare presso la taverna del Sole Brillo, mentre Gauthier e la sua milizia accompagnavano Arthurius al cospetto del signore di Lairenne. Fu allora che le due figlie di Miranda attirarono Lorcas con una scusa nella stanza segreta della cantina, la stessa in cui si trovavano adesso gli avventurieri, e lo rinchiusero in quel luogo angusto. Lorcas pensò di essere stato vittima di una burla delle due bambine, ma poiché era di indole pacifica si sedette in un angolo e alla luce di una candela si immerse nella lettura dei testi sacri a Libra, certo che al ritorno di Arthurius tutto si sarebbe sistemato; la stanchezza per il lungo viaggio però ebbe la meglio e il vegliardo si addormentò poco dopo.

Quando venne destato dallo schiudersi della porta, era già notte fonda: ma anziché Arthurius, era stata Miranda a cercarlo, e la locandiera gli narrò allora le disavventure in cui versavano gli abitanti di Tullvéch; con orrore Lorcas si rese conto che Arthurius doveva essere caduto in un’imboscata, e che lui, come tutti gli onesti cittadini dell’insediamento, era adesso prigioniero tra le mura del borgo.

Gli avventurieri posero molte altre domande, soprattutto riguardanti il maniero, ma sebbene Lorcas non fosse mai stato ammesso tra le sue mura, egli sapeva che a Tullvéch c’era ancora un nano che aveva lavorato agli scavi ordinati da Raphael, circa quindici anni prima: Mastro Dargo; il nano era tenuto prigioniero nella bottega del vecchio fabbro, dove ne svolgeva le funzioni da circa tre anni.

Dopo una breve consultazione, gli avventurieri si risolsero a tentare di liberare Mastro Dargo, ma Lorcas li mise in guardia: gli uomini di Razàl sorvegliavano costantemente la bottega, per precludere al recluso qualsiasi via di fuga.

La compagnia si aggirò per qualche tempo tra le strade di Tullvéch, e fu presto chiaro che la milizia di Razàl non aveva molto a cuore la sicurezza degli abitanti del borgo, e non usava alcuna premura nell’organizzare ronde né sui contrafforti né per le strade, limitandosi a presidiare l’accesso principale alla cittadina e la Torre del Pescatore. Via via che incedevano verso la bottega del fabbro, Marchesa avvertì forte la sensazione che molti occhi seguissero i loro movimenti, nascosti dietro gli scuri delle case che non erano state ancora abbandonate. Eppure non videro né incontrarono nessuno, nemmeno nei pressi dell’antica torre di guardia che un tempo si levava accanto al ponte che collegava Tullvéch al maniero, adesso rovinato tra le acque del lago di Greveil.

Raggiunta la bottega del fabbro, Marchesa si fece avanti per valutare quanti avversari si nascondessero tra le sue mura: ma la fortuna non era dalla sua parte quel giorno, e uno dei miliziani si accorse della presenza della giovane. Non potendo far altro, Marchesa attirò il bandito oltre l’angolo dove attendevano impazienti Bell e Grinwald, ma per quanto i guerrieri avessero dalla loro la sorpresa, i colpi che sferrarono furono troppo imprecisi e lo sgherro di Razàl ebbe modo di lanciare l’allarme prima di essere abbattuto con violenza da un incantesimo di Dorian.

Marchesa ruppe gli indugi insieme ad una delle finestre della bottega, lanciandosi audacemente attraverso i vetri rotti per correre alla ricerca del nano, mentre il resto della compagnia fronteggiava il resto dei sorveglianti: cinque miliziani accorsero imprecando armi in pugno per vendicare la morte del loro compagno. Tre di essi caddero però vittima del sonno stregato di Dorian, mentre i restanti due, per quanto navigati combattenti, vennero abbattuti dai colpi di Grinwald e Bell dopo un sanguinoso scontro.

Marchesa era intanto riuscita a trovare Mastro Dargo e dimostrando ancora una volta grande abilità, riuscì a disserrare il chiavistello che teneva salde le catene con cui il nano era legato.

Gli avventurieri si resero conto di aver bisogno di un luogo sicuro in cui recuperare le forze e pianificare la loro prossima mossa: dopo una breve consultazione, i quattro viaggiatori si risolsero a tornare al villaggio minerario, utilizzando il passaggio sotterraneo che avevano liberato dalla presenza del disgustoso Cubo Gelatinoso appena il giorno prima.

Raggiunto il rifugio di Elinor, la compagnia si accinse ad ascoltare ciò che sapeva Mastro Dargo, che più di ogni altro aveva vissuto tra le strade di Tullvéch in quegli anni disgraziati. Il nano rivelò che sebbene avesse avuto inizialmente poco a che fare con Raphael ebbe modo di conoscerlo meglio suo malgrado tre anni dopo l’inizio degli scavi, quando il nobile si trasferì improvvisamente nel distretto mercantile ove sorgeva la Torre Alta, e iniziò a presiedere quotidianamente l’andamento dei lavori, innescando non poche conversazioni piccate con Glair, che non era certo nano a cui si potesse dire in che modo o in che direzione scavare. Mastro Dargo ricordava di aver trovato il Signore di Lairenne molto noioso ed era opinione comune tra i minatori che avesse qualche rotella fuori posto, o, per dirlo con le parole di Marchesa, facesse sfoggio di una certa eccentricità.

A proposito degli scavi, Mastro Dargo raccontò che certamente Lord Raphael aveva informazioni che non era stato disposto a condividere con i minatori: quasi subito infatti, i nani si imbatterono in un complesso di catacombe, il cui ingresso era stato realizzato proprio sotto la Torre Alta, non lontano dal punto che Lord Raphael aveva indicato per l’inizio dei lavori.

Mastro Dargo inoltre rivelò di sospettare il motivo del crollo della torre: a seguito del comportamento sospetto del nobile di Lairenne, Glair aveva fatto predisporre numerosi barili di polvere nera sotto il minareto, pronti a sigillare l’ingresso delle catacombe nel caso qualcosa di innaturale fosse scaturito da quei tetri ossari dissepolti. L’idea suggerita da Dorian che Glair si fosse sacrificato innescando la miccia per salvare un villaggio di umani tuttavia sembrava molto improbabile a Mastro Dargo, che ben ricordava l’indole egoista del suo vecchio capitano.

Esortato da Marchesa, il nano rivelò inoltre che doveva esserci un secondo accesso al castello, a cui ci si riferiva all’epoca con il nome di Trecento Scale, e che doveva essere collegato in qualche modo al lago: nei primi anni degli scavi, infatti, molti materiali vennero importati a Lairenne risalendo il fiume Lemalier, anche se Mastro Dargo ricordava vagamente di aver sentito parlare di un certo incidente, avvenuto circa nove anni prima, che aveva di fatto sospeso il traffico delle merci provenienti dal fiume, e non poteva quindi essere certo che la via delle Trecento Scale fosse ancora percorribile.

Ad ogni modo, circa sette anni prima, Mastro Dargo, che era rimasto al villaggio dei minatori a causa di una ferita alla gamba, venne arrestato improvvisamente dagli uomini di Razàl con l’accusa di alto tradimento, e gettato nelle segrete del maniero, salvo poi essere trasferito a Tullvéch quattro anni più tardi, per svolgere in catene il lavoro di fabbro.

Interrogata sul fato del resto della compagnia di minatori, Elinor confermò che, per quanto aveva potuto scoprire negli anni in cui ella stessa era stata tenuta prigioniera, nessuno dei nani era tornato indietro dal castello, ed era forte il suo timore che essi fossero stati inghiottiti tra le sue mura.

Alla luce degli eventi appena scoperti, gli avventurieri decisero di riposare per il resto del giorno nel rifugio di Elinor, mentre Mastro Dargo si adoperava per riparare l’armatura e lo scudo che la compagnia aveva sottratto al Cubo Gelatinoso; mentre le ore passavano tuttavia, nessuno di loro poté fare a meno di chiedersi quale violenta reazione avrebbe avuto Razàl alla scoperta degli suoi sorveglianti barbaramente assassinati; ma qualsiasi risposta essi si diedero in quel momento si rivelò di gran lunga meno atroce di ciò che lo spietato mezzo-gigante avrebbe perpetrato, di lì a poco, tra le miserabili strade di Tullvéch.