Nella tela degli uncinati

Forte e possente si levò la voce di Padre Nestor negli anni che precedettero la disgrazia: poiché egli aveva avvertito, più di tutti i suoi concittadini, che un terribile maleficio opprimeva il cuore del Signore di Lairenne. Il suo ultimo accorato sermone venne tuttavia interrotto dal nuovo capitano della guardia, che lo trascinò senza sforzo alla Torre del Pescatore, affinché rispondesse della corruzione diabolica della quale si era macchiato.

Dopo aver aiutato Dorian a risalire per il condotto verticale, Bell si guardò meglio attorno, il viso contratto in una smorfia a causa dell’intenso freddo della notte. La luce del firmamento, solo parzialmente velata da nubi scure, illuminava la grande parete laterale della chiesa della Croce Nera di Tullvéch, il cui ampio cortile abbracciava il pozzo circolare dal quale erano emersi.

Al di là del basso muricciolo di mattoni del cortile, i furtivi viaggiatori scorsero per la prima volta la piazza principale della cittadina, ove era stata posta la statua di quello che poteva essere un loro antenato, scolpito in posa stizzita e fiera su un volgare basamento di pietra e affiancato da un cane dal pelo lungo, seduto sulle zampe posteriori. Eppure era ciò che si trovava dall’altro lato del piazzale deserto che catturò subito l’attenzione di Bell: tra le ombre della grande casa del borgomastro, circondata da fetidi miasmi giallastri, si celava l’ingresso alla dimora di Zethrela, la strega maledetta.

Dopo aver affondato la torcia nella neve, Grinwald e Bell, esortati da Dorian, decisero di individuare un luogo sicuro nel quale rifugiarsi, almeno per le prime ore della sera; nonostante le strade sembrassero prive di vita, essi temevano di imbattersi in qualche ronda della milizia cittadina capeggiata da Razàl, e il modesto equipaggiamento rinvenuto dalle interiora del cubo gelatinoso non infondeva loro molta fiducia: le armi che avevano recuperato erano infatti logore e smussate.

Dopo una breve consultazione, la compagnia decise di forzare l’ingresso di una delle abitazioni abbandonate, ma dopo poco girovagare Grinwald si rese conto che il baccano prodotto nello svellere le assi inchiodate di legno che bloccavano porte e finestre della maggior parte delle case di Tullvéch avrebbe potuto attrarre attenzioni indesiderate, così essi si risolsero a cercare un’altra sistemazione per le ore successive.

Mentre gli avventurieri discutevano sulle migliori opzioni a loro disposizione, Marchesa si risolse ad avvicinarsi alla casa del borgomastro, scorgendo dei particolari funghi dal cappello giallo-ocra, le cui spore erano probabilmente responsabili del fetido miasma che circondava l’abitazione. I miceti crescevano aggrappati al di sotto dei pluviali e dei canali di scolo del tetto, ma la spiccata curiosità che Marchesa aveva sempre avuto verso qualsiasi forma di erba o creatura vegetale le diede l’ispirazione e l’audacia necessarie per arrampicarsi lungo la parete della casa, almeno quel tanto che bastava per strappare da quell’insolito sito un grosso esemplare dall’ampio pileo e dalle forti radici.

Nel frattempo, al riparo di un androne deserto, gli avventurieri si erano risolti a tornare sui propri passi verso la chiesa, che sapevano sconsacrata da numerosi anni. Non vi erano assi di legno a bloccare gli ingressi, sebbene Dorian indovinò correttamente che la struttura doveva essere stata chiusa a chiave.

Tuttavia Marchesa si recò con sicurezza verso una delle porte più piccole sulla fiancata che avevano visto in precedenza e grazie alle sue inseparabili forcine dimostrò ancora una volta il proprio eccezionale talento, violando il chiavistello in pochi minuti. Dopo aver acceso nuovamente la torcia, gli avventurieri entrarono cautamente nella chiesa sconsacrata, che non aveva accolto il passo di un fedele da più di una decade.

La dimora scelta per cantare la gloria del Creatore era infatti in palese stato di abbandono. Polvere, fanghiglia e grosse ragnatele ricoprivano bassorilievi e incisioni, mentre acquasantiere prosciugate occhieggiavano dalle ombre. I viaggiatori attraversarono lentamente l’ampia navata fino all’altare, innanzi al quale era stato posto uno scranno, occupato da uno scheletro avvolto ancora nelle sue vesti talari.

Quando furono vicini, Bell rinvenne a fianco del vetusto cadavere un piccolo libercolo, che si rivelò essere il diario di Padre Nestor; sfogliandone le pagine, il guerriero si trovò in mano una busta, contenente una lettera mai spedita, indirizzata al vicario di Aghijon. Con voce cupa Bell lesse il contenuto alla compagnia: era evidente che il sacerdote nutriva il sospetto che il Signore di Lairenne fosse vittima di un qualche maleficio, e invocava l’intervento di un paladino della Croce Nera affinché l’anima degli abitanti di Tullvéch non venisse perduta per sempre.

L’attenzione dei viandanti era concentrata ancora sulle parole scritte dal pugno del sacerdote quando il grido di dolore di Marchesa costrinse la compagnia a voltarsi d’improvviso: la giovane nobile era stata aggredita alle spalle da un gigantesco ragno, senza dubbio piombato dall’ampia volta sulla sua preda. Con orrore, Grinwald sollevò la torcia e vide altri quattro giganteschi ragni discenderne rapidamente, aggrappati alla viscida tela che andavano tessendo con le zampe posteriori.

Ancora una volta gli avventurieri dovettero affrontare una battaglia disperata: ma se le ferite subite non furono sufficienti ad aver ragione della loro caparbietà, la tensione accumulata in quella terribile giornata fece tosto sentire i suoi disastrosi effetti. Quando l’ultimo dei ragni fu abbattuto, Bell esplose in un collerico accesso d’ira, accusando i suoi compagni di averlo portato alla sventura, mentre Marchesa, tesa e sconvolta, si allontanò da sola, senza apparente motivo, iniziando a vagare per le strade di Tullvéch.

Grinwald si rese conto che le parole non sarebbero bastate e poiché tentare di fermare con la forza Bell sarebbe stata impresa tutt’altro che semplice considerata la mole del guerriero, il paladino si risolse ad invocare l’aiuto di Libra; la dea della giustizia rispose al suo campione e come una cascata d’acqua spegne all’istante un piccolo rogo, Bell avvertì la collera svanire e una perfetta serenità avvolse d’incanto il suo spirito. Il guerriero sedette su una delle panche, frastornato per qualche momento da un sì repentino mutamento nelle proprie emozioni.

Nel frattempo Dorian aveva cercato di inseguire Marchesa, ma la nobile di Varetta si era dileguata nelle ombre come un fantasma. Tornato in sé, Bell si offrì di cercarla, poiché era evidente che la giovane aveva lasciato la chiesa in uno stato di profonda agitazione.

Il guerriero trovò infatti Marchesa intenta a scardinare alcune assi di legno da un’abitazione che le era parsa più sicura della chiesa, ma dopo un imbarazzante scambio di battute Bell riuscì a imporsi e la convinse a ritornare sotto la volta della chiesa sconsacrata. Lungo il tragitto il guerriero non poté fare a meno di chiedersi se qualcuno avesse udito il baccano che avevano loro malgrado prodotto quella notte, ma la cittadina intorno a lui sembrava avvolta in un sonno stregato, dal quale non voleva o non poteva destarsi.

Una volta riunitisi sotto l’ampia navata, i viaggiatori convennero che sarebbe stato preferibile digiunare anziché affrontare le strade di Tullvéch nelle loro disperate condizioni. Marchesa si addormentò quasi subito, mentre Dorian riuscì a restare sveglio il tempo necessario per decifrare le pergamene rinvenute nel cilindro sottratto al cubo gelatinoso.

Bell e Grinwald si divisero i turni di guardia, anche se a loro insaputa le loro armi e la loro determinazione avevano di fatto mietuto tutti gli aracnidi di quell’orrendo e mortale nido. Le ore successive non riservarono soprese e così la luce dell’alba destò gli affamati e miseri avventurieri, entrando obliqua dalle sporche vetrate a mosaico che avevano vegliato, pietosamente, sulla compagnia per l’intera notte appena trascorsa.