È ben noto tra i dotti che i combattenti veterani di Miragliano impreziosiscano i propri copricapi con lunghe piume dalle più disparate fogge, i cui colori e ornamenti spesso indicano il rango o le imprese affrontate da coloro che li indossano. Volendo dar credito alle cronache di Iflerio, alla vigilia della Battaglia dei Due Tramonti il principe Càlbulo dispose che i suoi combattenti più valorosi ricevessero in dono le rare piume delle ali di un grifone, nella certezza che avrebbero infuso coraggio e determinazione alle sue schiere nell’imminente assedio della città di Varetta.
Dei sogni inquieti che avevano agitato la sua notte, Marchesa ricordava soltanto i numerosi cortigiani che danzavano intorno a lei, il volto nascosto da maschere irridenti e le mani guantate e rapaci, pronte a ghermire un pugnale affilato non appena avesse voltato loro le spalle. Dorian ben conosceva l’importanza di alcuni sogni premonitori, ma Marchesa non aveva mai fatto affidamento a tali presagi, affidandosi unicamente alle proprie carte, che la scrutavano capovolte dal suo comodino intagliato.
Ed i tarocchi non le avevano mentito: i suoi nemici erano più vicini e operosi che mai e forse l’angosciosa attesa di un loro passo falso aveva finalmente cominciato ad erodere la tempra di ferro della baronessa, facendo breccia oltre il sottile muro dei suoi sogni.
Dopo aver consumato una veloce colazione, i nobili di Lairenne si prepararono per raggiungere l’area del torneo; ma mentre la carrozza attraversava veloce Tullvéch, la compagnia decise di effettuare una breve sosta presso la bottega di Elinor, per domandare se fosse riuscita già a scoprire eventuali segreti nascosti nella miscela profumata di Mousinièr.
Quando giunsero sulla soglia tuttavia, Grinwald si accorse che la serratura era stata forzata con violenza e, con crescente preoccupazione, i quattro nobili fecero ingresso nella bottega, rivoltata da cima a fondo: gli armadietti erano stati aperti e il contenuto rovistato e depositato su qualsiasi superficie disponibile.
L’alchimista di Tullvèch si trovava presso uno dei bancali, accigliata come mai l’avevano vista. Rivelò tuttavia che i malfattori dovevano essersene andati a mani vuote: niente sembrava mancare, almeno ad una prima occhiata. Elinor promise di effettuare un preciso inventario di tutti i suoi preparati ed informarne appena possibile la baronessa. Marchesa fu inoltre parzialmente rassicurata dalla notizia che nessun veleno mortale veniva custodito nella bottega, e Dorian si rasserenò nel constatare che l’equipaggiamento utilizzato da Elinor durante la battaglia di Tullvèch si trovava al sicuro nella casa di Clelia.
La mattinata era già molto tarda, e Grinwald si affrettò congedandosi dai suoi compagni per unirsi tosto a Morwen nell’officiare ancora una volta la solenne cerimonia religiosa nel nome degli antichi dei. Mentre Dorian scortava Marchesa sul palco nobiliare, ove la sua presenza era attesa, Bell decise di ricorrere all’aiuto del suo tenebroso ospite e si appartò nelle alcove riservate normalmente ai paggi. Ottenuta la svogliata collaborazione del perfido diavolo, il consigliere della baronessa si dispose ad ingurgitare irresponsabilmente buona parte della soluzione sequestrata il giorno prima al mercante tileano. Il sapore della miscela aveva un gusto forte ma indefinibile, eppure non era mortale, o così almeno gli riferì il sibillino demone.
Conclusa la cerimonia, Grinwald tornò sul palco nobiliare, e nell’accomodarsi notò che lo scranno dei Vark, vuoto per tutta la prima parte della mattinata, era stato frettolosamente occupato da Elora. Dopo averle rivolto qualche discreta domanda, il paladino dedusse che la giovane, imbarazzata più che mai, doveva essersi concessa un qualche incontro romantico, e immaginò che tale notizia avrebbe certamente messo di cattivo umore il vecchio barone, qualora ne fosse venuto a conoscenza. Compiacendosi della propria bontà, Grinwald decise di non farne parola con alcuno… eccetto che con i propri compagni, naturalmente.
Nel frattempo Bell, non soddisfatto di aver svolto il ruolo di cavia per Marchesa, decise di affrontare nuovamente Mousinièr, e con il pretesto di ricompensarlo per quanto gli era stato sottratto il giorno prima, si tolse non visto il guanto e lasciò che l’occhio malsano del demone scrutasse l’anello che il mercante portava con disinvoltura intorno all’indice della mano destra. Quando furono nuovamente soli, il suo ingrato ospite gli rivelò che si trattava dell’infame sigillo dei Nove Terrori dei Mari, violenti e spietati pirati che avevano insanguinato con brutali aggressioni le onde del Jeevra circa un trentennio addietro.
Bell fece dunque ritorno al palco nobiliare mentre già si svolgevano le gare di lancio, meditando su quanto aveva scoperto e chiedendosi se Mousinièr fosse davvero il crudele capitano dimenticato di una ciurma pirata o semplicemente avesse acquisito l’anello in seguito senza immaginarne il significato; d’altronde, quale scopo poteva mai avere un vecchio lupo di mare così lontano dalle torbide acque del Jeevra?
Quando il guerriero si accomodò sullo scranno si accorse che Marchesa aveva preso parte alle gare di lancio, meravigliando i suoi sudditi con la precisa mira che i suoi compagni avevano potuto apprezzare durante i tristi giorni in cui Tullvch giaceva sotto il giogo dei mezzo-giganti. Eppure la talentuosa baronessa aveva trovato un degno avversario nel nano Bormungurd, al quale riuscì a strappare la vittoria per un mero soffio. Tra gli applausi della folla adorante, la baronessa ritornò graziosamente sul palco, e si unì ai suoi compagni che già discutevano sul da farsi alla luce delle scoperte di Bell.
Verso l’ora di pranzo ebbe inizio la seconda giornata della giostra, e una nuova schiera di aitanti cavalieri si presentò alla baronessa per dimostrare il proprio valore. Grinwald si accorse che lo sdegnoso Sir Mitchell avrebbe incrociato la sua lancia con Cassio, il quale aveva preso a cuore le difese di Breena; ma prima ancora che i cavalli venissero spronati al galoppo, il paladino di Libra udì le parole costernate di Sir Ponthioc, e ne intuì la ragione; poiché soltanto l’avventatezza giovanile poteva aver spinto l’arrogante esploratore a cercare la vittoria contro un combattente veterano di Miragliano. Il capitano della guardia di Paul Quinsonn disarcionò l’aspirante templare con una spettacolare stoccata, senza nemmeno scalfire la sua lunga lancia.
Mentre la folla si disperdeva Marchesa diede un’occhiata agli eventi della giornata, e decise di non presenziare ai meno importanti, manifestando l’intenzione di recarsi a palazzo per rinfrescarsi e cambiarsi d’abito. In realtà la baronessa aveva avvertito forte l’esigenza di consultare ancora le sue carte e per la prima volta dovette ammettere a se stessa di sentirsi terribilmente vulnerabile sui pregiati scranni del palco nobiliare. I suoi cugini più prossimi decisero di accompagnarla alla carrozza e separarsi per qualche tempo: ma lungo la strada, udirono le concitate grida di Sir Mitchell, e intuirono che qualcosa di grave doveva essere accaduta nientemeno che all’Alto Inquisitore in persona, probabilmente durante lo svolgimento della giostra.
Dopo aver scambiato uno sguardo di intesa, i quattro amici si diressero quindi al grande accampamento dei Crociferi Neri, ove vennero riconosciuti e scortati fino al padiglione dell’Inquisitore. Qui trovarono lo sconsolato Sir Ponthioc, e lo udirono mormorare parole di sincero rammarico per non essere riuscito a garantire l’incolumità del Lord di Anglosoir che aveva giurato di proteggere a costo della sua stessa vita.
Decisa a investigare, la compagnia varcò la soglia della grande tenda, e dopo aver attraversato vari ambienti separati da preziosi ed elaborati tappeti, giunse alla camera da letto dell’Inquisitore, ove giacevano in terra i corpi senza vita di due dei tre bracconieri che avevano inseguito Jami durante la fiera il giorno prima. Accanto ai cadaveri straziati vegliava impassibile Sir Glaive, la cui lama capovolta era lorda di sangue. Guilliman, dal volto emaciato e pallido, era assiso su uno scranno poco distante e si alzò corrucciato quando la baronessa e il suo seguito fecero ingresso.
Alla vista di quei morti, Dorian pregustò la possibilità di interrogare gli spiriti dei due malcapitati ricorrendo ad uno dei propri incantesimi, e richiese quindi il permesso di eseguire i suoi incantamenti nella tenda dell’Inquisitore. Lo stregone non aveva infatti escluso la possibilità che Guilliman stesso fosse in qualche modo legato a quei malfattori e li avesse condannati a morte per simulare una brutale aggressione; eppure il signore di Anglosoir non mostrò alcuna titubanza, anzi insistette affinché il mago-veste ricorresse alle sue arti per smascherare il mandante degli assassini.
Dopo aver richiesto assoluto silenzio, lo stregone chiuse gli occhi e si concentrò, mormorando le parole gutturali che avrebbero richiamato gli spiriti al suo comando, mentre Marchesa, fingendo di assisterlo, frugò con dita esperte l’equipaggiamento dei cadaveri.
E così, mentre Dorian cercava di decifrare gli enigmatici segreti dei morti, la baronessa rinvenne un breve e conciso messaggio, la prima traccia concreta che le avrebbe permesso di risalire ai suoi veri nemici e smascherare l’infame congiura che anelava, più di ogni altra cosa, a ghermire la sua stessa vita.