Ben poche cronache del crudele regno di Nosgoth sono giunte intatte fino ai nostri giorni e la maggior parte di esse viene gelosamente custodita negli oscuri sotterranei dell’antico palazzo reale di Gundobad. Coloro che hanno avuto il dubbio privilegio di consultare quelle vetuste testimonianze, sussurrano di un’epoca buia che gli uomini farebbero bene a dimenticare; e d’altronde, quale insegnamento mai si potrebbe trarre dall’evo in cui i Conti Vampiro avevano gettato la propria ombra sul mondo degli uomini?
All’esterno del padiglione su cui garrivano le insegne dell’Inquisizione, i nobili di Lairenne scambiarono brevemente le proprie congetture, impegnati a decifrare il contenuto del messaggio rinvenuto sul cadavere del bracconiere ed i sibillini sussurri dei morti invocati da Dorian. Ben presto tuttavia Bell suggerì di seguire le tracce lasciate dal terzo assalitore, l’unico riuscito ad evitare la sorte promessa dalla spietata lama di Sir Glaive; se pur lievemente, lo sfortunato aggressore era stato ferito, e seguendo le chiazze di sangue che accompagnavano i segni degli stivali in fuga, il guerriero riuscì a trovare la pista giusta che conduceva, diritta, all’interno della boscaglia.
Disgraziatamente il bracconiere doveva, ad un certo punto, esser riuscito a medicare le proprie ferite, e Bell ebbe non pochi problemi a determinare la direzione del fuggitivo; tuttavia riuscì ad individuare presto un’altra serie di tracce, lasciate da scarponi chiodati che avevano inciso un’impronta ben più marcata. In mancanza di altre opzioni, il combattente decise di seguire la nuova pista, nella speranza che fosse in qualche modo collegata alla prima.
Le nuove orme si addentravano nel fitto della boscaglia, e ad un certo punto Bell si accorse che venivano incrociate da una nuova serie di tracce: piedi nudi, orientati pressappoco nella direzione opposta. Non volendo tralasciare alcun indizio, la compagnia scelse di dividersi: Grinwald e Marchesa avrebbero seguito le orme degli stivali chiodati mentre Bell e Dorian si sarebbero concentrati su quelle tracciate dall’uomo senza calzari.
Non ci volle molto perché Grinwald e Marchesa si trovassero innanzi ad un piccolo crepaccio, forse un tempo letto di un modesto ruscello. Le orme degli stivali si fermavano presso l’antico argine e ne tornavano indietro, decisamente meno marcate; Grinwald notò inoltre che il rigoglioso sottobosco che si affacciava al limite del pendio era stato tirato e strappato, come se qualcuno avesse cercato di emergere dalla buia fossa, arrampicandosi verso l’alto. Incerti sul da farsi, il paladino e la baronessa decisero di continuare a seguire le orme, ora più leggere, finendo per emergere nuovamente nell’area predisposta per il torneo, ad un centinaio di metri dall’accampamento della Contessa Dijonn.
La pista seguita da Bell e Dorian invece li aveva costretti a numerose soste e giravolte, come se colui che l’avesse lasciata fosse preda di qualche ottudindimento. Quando finalmente emersero dalle propaggini della foresta di Evrèl, le tracce si confusero con quelle lasciate dai numerosi partecipanti al torneo, alle spalle dell’area delle tende dei cavalieri.
Una volta riunita, la compagnia si decise a seguire il consiglio di Bell, intenzionato a tornare nuovamente sulle tracce del bracconiere; sebbene la pista fosse certamente più fredda, il combattente riteneva molto importante effettuare almeno un secondo tentativo. Così i nobili tornarono nel punto da cui erano partiti, ma questa volta la maggiore attenzione posta da Bell diede i suoi frutti: giunti in una piccola radura, i nobili avvistarono infine il fuggitivo nei pressi di un tronco spezzato e cavo.
Il bracconiere tuttavia era già passato a miglior vita, stroncato da un preciso colpo di pugnale alla nuca. Le armi del malcapitato erano ancora nel fodero, come se non fosse riuscito a difendersi dal suo misterioso aggressore. Dorian si chiese come fosse possibile che qualcuno lo avesse seguito così in fretta e Bell confermò di non aver individuato altre tracce dietro le sue: fu allora che Grinwald intuì che colui che lo aveva ucciso doveva già trovarsi in quel luogo, e che il bracconiere si era recato di propria iniziativa all’appuntamento convenuto con la mano che lo aveva assassinato. L’ipotesi del paladino venne confermata da Bell, che trovò una seconda serie di tracce che andavano e venivano dal bosco, dirette sulla via del ritorno alle tende dei cavalieri.
Il pomeriggio intanto si faceva vecchio, e Marchesa ricordò ai suoi cugini che la loro presenza sul palco nobiliare era attesa per lo svolgimento della competizione di Lenth. Sulla via del ritorno, Bell informò la milizia di Tullvéch della posizione del cadavere, in modo che venisse recuperato, e così i quattro nobili, le cui vesti portavano i segni della lunga passeggiata nel bosco, sedettero finalmente sui propri scranni in compagnia dei loro pari.
Proprio mentre i rappresentanti delle squadre che avrebbero preso parte alla violenta esibizione si presentavano davanti alla baronessa, Bell si decise ad unirsi ai nerboruti che avrebbero combattuto per il casato di Lairenne; e quando il guerriero portò i Bellicosi di Tullvéch alla vittoria, il suo nome acquisì ancor più rinomanza non solo tra i cavalieri ma anche tra la povera gente, che meglio conosceva le regole del Lenth rispetto alle blasonate convenzioni che avevano decretato il vincitore dell’Arena dei Cavalieri.
Al termine dell’esibizione, Marchesa annunciò l’intenzione di tornare al maniero per cambiarsi d’abito, poiché in effetti era l’unica tra loro a soffrire per le inevitabili macchie di fango guadagnate durante l’escursione nella boscaglia. Dorian, Grinwald e Bell invece desideravano fronteggiare al più presto Sir Cirillo Sandalino, in quanto era l’unico le cui iniziali corrispondessero alla misteriosa firma lasciata sul messaggio del bracconiere. I nobili quindi si divisero, e mentre Marchesa cercava di riordinare i pensieri seduta sui confortevoli cuscini della sua carrozza, i suoi cugini si annunciarono all’ingresso del piccolo padiglione del cavaliere dell’Oca Nera, non senza aver prima origliato un’interessante conversazione tra Sir Cirillo e il suo scudiero, Cunotto.
Dal breve scambio che ne seguì i nobili di Lairenne si convinsero che Sir Cirillo Sandalino non poteva in effetti essere coinvolto in quella odiosa congiura; tuttavia il suo scudiero aveva rivelato di aver udito della presenza di un alchimista, il cui sinistro passato da pirata lo aveva spinto a nascondere la propria identità. Cunotto confessò di non conoscerne il nome, ma indirizzò i cavalieri verso colui che poteva rivelarlo: lo scudiero di Sir Rainard, il nano Bormungurd.
I nobili di Lairenne quindi si congedarono, e poiché il padiglione di Sir Rainard non era lontano valutarono l’opzione di recarvisi al più presto, sebbene d’altro canto desiderassero avvertire prima Marchesa delle nuove scoperte e coinvolgerla nell’inevitabile confronto. Tuttavia la voce di Valamir, che avanzava a passo di carica, li costrinse a rivedere le loro intenzioni.
Il capitano della guardia di Tullvéch condusse i nobili di Lairenne all’estremità dell’area designata per gli accampamenti dei cavalieri, ove un picchetto composto da nervosi giovani della milizia delimitava un’area alle spalle di uno degli ultimi padiglioni. Qui, a malapena coperto da un telo lacerato, giaceva il corpo nudo e straziato di Nicodemo, trapassato in più punti dal crudele marchio di sottili lame, nessuna delle quali aveva tuttavia inflitto il colpo fatale.
Valamir disse che Nicodemo si era avvicinato ad uno dei giovani scudieri e lo aveva aggredito, e le urla del malcapitato avevano richiamato l’attenzione della milizia e degli altri cavalieri. Nella colluttazione, Nicodemo era stato colpito da un brutale fendente all’altezza della gola e si era accasciato al suolo. Quando il capitano della guardia ne era stato informato, si era immediatamente diretto alla ricerca dei nobili che tanto avevano insistito perché il corpo di Nicodemo venisse ritrovato tra le acque del lago di Greveil.
Osservando meglio le ferite subite da Nicodemo, Grinwald intuì dalla loro posizione che non potevano essere state inferte da nient’altro che dalla vergine di ferro intravista nel padiglione di Guilliman; e mentre la verità di quelle affermazioni si faceva strada nelle menti dei cavalieri, dipingendo un nuovo possibile scenario che aveva condotto Nicodemo a quella terribile sorte, Dorian rinvenne i macabri segni del morso dei Nosferatu sul collo del giovane stregone ed il suo cuore si riempì di tristezza; poiché a quel tempo non vi era fato più temuto da nessun necromante che assistere impotente al disfacimento del proprio spirito, condannato alla tetra esistenza della non-vita per mano dei Signori della Notte.