L’enigma di Nicodemo

Tra le centinaia di stendardi che garrivano al vento durante la festa di mezza estate ve n’erano alcuni che oggi riconosceresti certamente: l’orgoglioso stemma del Cavaliere Verde, i gigli d’oro della disgraziata casa di Ethengar o l’oca nera dell’impacciato ma coraggioso Sir Cirillo Sandalino. Eppure si narra che non tutti i cavalieri giunsero al torneo per dimostrare il proprio valore, ma che alcuni varcarono i confini di Lairenne con altri meno nobili propositi.

Quando giunsero a ridosso delle prime tende dei cavalieri, i quattro amici si fermarono per decidere il da farsi. La traccia lasciata da Nicodemo si perdeva adesso tra i numerosi padiglioni della nobiltà senza terra di Cheemon, e senza altra valida alternativa, Grinwald si risolse a presentarsi agli occupanti, nella speranza che qualcuno avesse visto il mago-veste la notte precedente. La ricerca andò avanti per un po’ senza dare alcun frutto, ma inaspettatamente innanzi alla tenda del giovane Sir Cirillo Sandalino, al secolo Cavaliere dell’Oca Nera, il combattente di Libra raccolse finalmente qualche notizia concreta: il giovane aveva infatti notato lo stregone dalle vesti fradice avanzare risolutamente sotto la pioggia e lo aveva invitato a ripararsi, ma non aveva ricevuto nemmeno un cenno in risposta al suo cordiale appello.

Tutto lasciava pensare che Nicodemo si fosse diretto alla Tavernella, il grande padiglione allestito ai margini della fiera, dove cavalieri e villani trovavano comune conforto nei generosi boccali di birra e sidro. Grinwald notò Edith, ormai diventata una giovane donna, aggirarsi allegra tra i tavoli, e si recò subito da lei per porgerle un caloroso saluto; l’attenzione di Marchesa invece fu catturata dal viso aggraziato di Sir Roland di Verièn; e poiché il biondo cavaliere era alla ricerca di una persona scomparsa, Dorian lo affrontò direttamente, immaginando potesse essere coinvolto con la misteriosa sparizione di Nicodemo.

Tuttavia il fraintendimento ebbe breve durata: Sir Roland era alla ricerca del suo scudiero e amico, Fra Castagno, anch’egli scomparso la sera precedente. Il giovane Orton, che assisteva Edith alla Tavernella, confermò che il frate si era unito alla goliardica baraonda la notte prima, ma non sapeva quando fosse andato via o con chi. Il cavaliere dall’impeccabile profilo quindi si congedò e si accinse a continuare la ricerca del suo compagno tra le numerose bancarelle della fiera, ma la sorte si beffò tosto di lui; poco tempo dopo infatti, il non più giovane Urundro Bourassa, che aveva servito ai tavoli insieme ad Orton ed Edith durante la piovosa serata precedente, rivelò che l’attempato frate aveva lasciato la taverna, se non ubriaco certamente molto brillo, mentre inveiva a gran voce all’indirizzo di un impassibile stregone dalle vesti nere. Sebbene Urundro, mosso dalla curiosità, avesse cercato di scorgere il confronto tra il mago e il sacerdote all’esterno del padiglione della Tavernella, non riuscì a veder nulla a causa dell’oscurità e della fitta pioggia, ma gli sembrò che la voce del frate si allontanasse in direzione del sentiero di Tullvéch.

Decisamente perplessi sul da farsi, gli avventurieri si risolsero infine nel cercare qualche indizio sulla strada verso Tullvéch, sperando di determinare con precisione quale percorso avevano preso il mago e il frate che lo seguiva. Bell trovò conferma della strada scelta dallo stregone nelle parole di Sir Bran McMerry, il Cavaliere Moschetto, che i bardi cantano avesse litigato con il sapone sin dalla prima gioventù. Il cavaliere di Erin, male interpretando l’invito di Marchesa, si era disposto a unirsi alla compagnia per visitare Tullvéch, ma al solo accenno della parentela con i suoi cavalieri egli si congedò con un grave inchino, accompagnato da una rumorosa flatulenza dal non proprio gradevole aroma.

Sebbene Bell non contasse troppo nel ritrovamento di qualche traccia, senz’altro lavata via dall’acquazzone della notte precedente, con grande sorpresa di Dorian il mantello di Nicodemo venne rinvenuto impigliato ad un ramo morto, per metà affondato tra le acque del lago di Greveil in prossimità di un nodoso e solitario pioppo bianco. Mentre lo stregone si adoperava per recuperare il drappo, Bell rinvenne accanto al tronco un fiasco di vino, svuotato del prezioso nettare.

Il ritrovamento del mantello non contribuiva per niente a far luce sull’accaduto, e gli avventurieri cercarono invano di dare una logica spiegazione a quanto avevano scoperto, basandosi sui fatti accertati; eppure nessuna teoria riusciva ad essere convincente nello spiegare quanto fosse successo sulla riva del lago la notte precedente. Poi d’improvviso i loro pensieri vennero distratti dalla dolce melodia di un flauto, portata dalla brezza che sospingeva delicatamente i rami più alti della chioma dell’albero solitario sopra le loro teste.

Bell si avvicinò, sorprendendo il cantore seduto con grazia su uno dei rami: si trattava di Lieth, una ragazzina elfo che mostrava l’età di non più di tredici inverni. Forse trovando in quella musica un qualche conforto, il combattente non desiderava interromperne la melodia, ma Marchesa si fece avanti; e sebbene le sue parole fossero delicate, il suono della voce degli uomini spezzò il fragile incantesimo della creatura silvana. Lieth discese con agilità dai rami dell’albero, e con un aggraziato inchino si presentò ai nobili di Lairenne.

Grande fu lo stupore della ragazzina elfo nello scoprire di trovarsi innanzi alla baronessa di cui tanto aveva sentito parlare, la principessa che avrebbe sposato il più valoroso dei cavalieri, il vincitore del Grande Torneo di Lairenne. Sperando in un colpo di fortuna, Bell le chiese se si trovava sullo stesso ramo la notte precedente, ma l’elfa confermò che, a causa della pioggia, era rimasta vicino a Urulgh, poiché il suono del flauto era l’unica cosa che potesse scacciare il timore che i tuoni incutevano nel cuore del suo compagno di viaggio. Fu allora che, mossa da un’inspiegabile intuizione, Marchesa invitò la giovane elfa ad esibirsi nelle sale del Palazzo durante il grande banchetto inaugurale che si sarebbe tenuto poche ore più tardi; e tale decisione si rivelò estremamente appropriata alla luce di ciò che si sarebbe scoperto di lì a poco.

Quando Lieth si congedò, i nobili di Lairenne decisero di risalire il sentiero per Tullvéch, nella speranza di trovare altri indizi del passaggio di Nicodemo. Non furono fortunati, ma quando alle porte del borgo Bell interrogò alcuni dei giovani soldati della milizia al comando di Valamir scoprì che Koung Bourassa, che aveva preso il posto di Mastro Dargo come fabbro di Tullvéch, aveva varcato il cancello insieme al figlio Uther prima di mezzanotte, portando sulle spalle un grasso sacerdote ferito. Il giovane soldato era certo che Koung si fosse diretto alla chiesa del borgo, dove la sacerdotessa Maya svolgeva caritatevolmente le funzioni sacerdotali e quelle di cerusico con eguale fervore.

Senza indugio, i quattro amici si diressero quindi alla chiesa della Croce Nera di Tullvéch, innanzi alla quale attendeva una delle carrozze con l’emblema di Lairenne. Incuriosito, Bell andò a questionare il cocchiere, scoprendo che era in attesa del rientro dei suoi passeggeri: il Gran Cerimoniere Taddeo e un uomo piccolo e malconcio, dal viso insanguinato. Quando i compagni entrarono nella chiesa, si stupirono dal cambiamento che aveva subito, e si confortarono nel constatare che non era rimasta nemmeno la più piccola traccia degli orrori uncinati che avevano affrontato quasi quattro anni prima, quando si erano avventurati nel borgo schiacciato dalla violenza dei mezzo-giganti. Dalle strette e alte vetrate colorate, ora perfettamente ripulite, la luce entrava a fiotti illuminando la navata, percorsa in quel momento dalla giovane sacerdotessa Maya.

Dopo aver scambiato le dovute parole cortesi, i nobili di Lairenne si fecero accompagnare nella piccola sala adibita ad accogliere gli sfortunati feriti, e qui trovarono un’affranto Taddeo, al capezzale del giullare Bobako. Quando il Gran Cerimoniere vide la baronessa, lacrime sgorgarono dai suoi occhi, poiché l’attrazione che aveva preparato per la grande serata inaugurale del torneo era stata brutalmente malmenata nelle sale del palazzo. Bell si rese conto che i suoi mercenari non avevano usato alcuna leggerezza, e si chiese se avesse fatto bene a inviare Skjorn all’accampamento dei saltimbanchi: se le Furie di Eireann avevano massaggiato così duramente il giullare, le Crozze di Narnen non sarebbero certo state da meno con i suoi compagni di viaggio!

Mentre Marchesa rassicurava Taddeo rivelando di aver già procurato un nuovo menestrello per la serata, Grinwald e Dorian curiosarono oltre il separé di legno, scoprendo l’identità dell’altro malcapitato: si trattava infatti di Fra Castagno, ma quest’ultimo, alla semplice vista di Dorian, urlò come se lo avessero trafitto con un palo arroventato: “Assassino! Assassino! È qui per finirmi!”. E mentre il frate si dimenava, la sua mano si poggiò sul suo vaso da notte e presto un arco giallastro ne accompagnò il volo in direzione dello stupito mago-veste.

Schivato il maleodorante proiettile, servirono numerosi minuti per calmare Fra Castagno e convincerlo a raccontare quanto era accaduto la notte precedente. Il frate si era recato in effetti alla Tavernella, ma mentre la tempesta già infuriava, si era convinto che il mago dalle vesti nere si stesse allontanando con il suo fiasco di vino. Si era quindi infervorato e aveva iniziato a inveire contro di lui, ma poiché il mago lo ignorava, si era deciso a seguirlo sotto la pioggia per riprendersi il maltolto.

Infine, accelerando la barcollante andatura, era riuscito a raggiungerlo e gli aveva strappato di mano il fiasco. Tuttavia, quando lo stregone si era voltato verso di lui, Fra Castagno disse che sotto al cappuccio i suoi occhi brillavano come fiamme bluastre e prima che potesse rendersi conto del pericolo che correva, il frate sentì il doloroso morso di un pugnale, conficcato in profondità nel suo ventre.

Fra Castagno era caduto nel fango sotto la pioggia, e pur tuttavia non era morto: Maya confermò che prima di mezzanotte Koung Bourassa e suo figlio Uther si erano presentati alla chiesa, portando con sé il dolorante sacerdote. Per fortuna la ferita, sebbene profonda, non era stata sufficiente a spezzare la vita del frate, e grazie alle cure impartite dalla sacerdotessa egli si sarebbe ripreso in pochi giorni, sebbene la doverosa rinuncia ai suoi adorati boccali di vino avrebbe certamente influito negativamente sul suo umore.

Quando il frate completò il suo racconto, gli avventurieri si immersero in un profondo silenzio, perché l’enigma di Nicodemo sembrava ancora più inspiegabile. Eppure tutti loro ebbero la sinistra certezza che eventi nefasti si stavano preparando e che si sarebbero presto rivelati nel pieno della loro profonda malizia, per colpire spietatamente il cuore della pur vigile baronessa durante lo svolgimento del Grande Torneo di Lairenne.