Incapaci di comprendere le mostruose vette raggiunte dalla stirpe di Acheron, i più gretti e stolti uomini si radunavano ai piedi delle colossali piramidi dei deserti di Stygia per profanare le tombe di coloro innanzi ai quali persino i demoni si erano dovuti inchinare. Tuttavia vani erano quei sogni di ricchezza, perché nessuno dei cadaveri vuoti avvolti nelle bende consacrate aveva mai conosciuto la pace della morte.
Le balestre erano pronte a scoccare i micidiali dardi, e mentre gli avventurieri si preparavano all’estrema difesa, una voce imperiosa fece cessare le ostilità. Con somma sorpresa dei suoi compagni, Unghialunga emerse dalle tenebre, al fianco di un uomo dalle ampie spalle e dalla barba incolta, che si rivelò tosto con il nome di Zerke, il temuto bandito del sottosuolo di Remkha.
Dopo essersi sincerato che non si trattava degli uomini di Arlan Edregh, Zerke condusse gli avventurieri ed i suoi tagliagole in una delle sale sotterranee che aveva occupato con i superstiti della sua banda di criminali.
Nonostante Kadmos avesse messo in vendita le loro spade in cambio della statuetta d’avorio bramata dai due mercanti di gioielli, Zerke fu costretto a rifiutare, seguendo un bizzarro codice d’onore che lo vincolava a rispettare la parola data. Infatti, non senza sorpresa, Dakkar ebbe modo di controllare personalmente che Zerke non mentiva, e che l’effige di Seth non era in possesso dei suoi famigerati Ratti.
Guidati all’esterno dei tortuosi canali, gli avventurieri si recarono al Seneth di Atma, per riposare e meditare sulle informazioni appena ricevute. Tutti concordarono nel recarsi da Yztar e Kalìd il giorno successivo per informarli della scoperta, nella tiepida speranza che avessero appreso con i propri mezzi qualcosa a riguardo.
Caso volle che lungo la strada incontrassero il giovane Semìt, il quale stava recandosi proprio verso il Seneth di Atma per convocarli dai propri signori. Incamminatisi verso la piccola villa dei due mercanti, Chandra non poté che soffermarsi ad ammirare il sole riflesso sulle guglie d’ottone di Remkha: la giornata sembrava davvero splendida, a dispetto dell’autunno incombente.
Dopo qualche minuto, gli avventurieri vennero introdotti in un ampio salone, nel quale li attendevano i due mercanti, ma qualcosa mise in allerta l’intero gruppo proprio innanzi all’ampio tendaggio rosso; tuttavia, il pericolo era proprio sotto il loro piedi, e un’ampia botola si spalancò sotto di essi, azionata inspiegabilmente da Yztar.
Anche se la trappola mortale aveva quasi ucciso gli avventurieri, la loro tempra o un dio benigno salvò quasi tutti loro dalla morte, e forse Libra stessa condannò i loro carnefici a patire la stessa sorte qualche istante dopo. Uno sconosciuto sicario scaraventò i due mercanti nella stessa fossa, ponendo un mortale sigillo sui segreti che li avevano portati ad agire in quel modo così poco incline alla loro natura.
Chiunque avesse ordito quella trappola, voleva essere ben certo che nessuno potesse sopravvivere: mentre Chandra si disperava per la morte di Voja e Xirtam componeva il corpo straziato dell’innocente Semìt, Unghialunga si confrontò con un mostruoso serpente gigante. Dakkar e Kadmos intervennero prontamente in suo aiuto, mentre l’intero gruppo reagiva con rapidità alla nuova minaccia. Nonostante la viscida bestia avesse avviluppato Andrey, i dardi magici di Unghialunga fecero esplodere il cranio del rettile, consentendo al ladro di sfuggire alle mortali spire.
Dopo aver divelto uno degli spuntoni di metallo arrugginito che avevano reso la trappola ancora più letale, gli avventurieri fecero breccia in una delle pareti, indebolite dall’umidità di uno dei canali della città vecchia, e attraverso quel dedalo di gallerie trovarono un’uscita, offrendo un insolito spettacolo ai presenti della piccola piazza del Bardo e del Mercante.
Anche se i due mercanti erano morti, gli avventurieri avevano carpito alcuni indizi che li avrebbero portati di lì a qualche ora nei pressi della sontuosa magione di Tholkad Beld. Il patrizio di Remkha viveva in una villa dalla quale si dominava la Città Vecchia, tradito dai semplici e gustosi frutti di Lianor che crescevano esclusivamente sui ricchi alberi del suo giardino.