Si narra che il Conte Voegel impiegò svariati mesi a radunare tutte le spade dei cavalieri che gli avevano giurato fedeltà, e i pochi che potevano parlare apertamente contro di lui osarono dire che il Conte Pazzo temporeggiava di proposito, perché non desiderava rischiare la sua vita al fianco di Frater Alteo. Tuttavia le motivazioni del Conte erano, come sempre, molto più contorte e quantomai distanti dalla semplice immaginazione dei ruffiani della corte Imperiale.
Le ferite subite dall’agguato dolevano ancora, ma gli avventurieri decisero di non perdere tempo e cercarono di scoprire subito a chi appartenesse la bottega la cui insegna raffigurava un certo simbolo alchemico. L’attenzione dell’intero gruppo però venne attratta da un cruenta colluttazione tra uno dei crociati giunti sul vascello imperiale ed un abitante del luogo; l’atmosfera era carica di tensione, ed essi quasi non si accorsero del corpulento mercante che con disinvoltura aveva schiuso alle loro spalle proprio l’uscio della bottega dell’alchimista.
Il mercante di filtri e pozioni, Ophalich, stentò a comprendere il motivo della visita degli avventurieri, sinché Unghialunga non mostrò il tassello rinvenuto tra i canali al di sotto della Città di Rame. Dopo averlo esaminato attentamente, lo sguardo di Ophalich si velò di tristezza, e sebbene titubante, spiegò che esso significava la morte di uno dei suoi più cari amici. Il grasso mercante li invitò dunque a seguirlo, attraversando i ponti e i quartieri di Remkha, sino alla dimora di Cod Blossom.
Il vecchio gnomo aveva già intuito quello che era accaduto quando Unghialunga gli aveva mostrato il tassello, ma Cod non amava mostrare le lacrime e aveva deciso di guadagnare un po’ di tempo per ricordare in solitudine Oberon, il mago veggente delle isole Shanti che lo aveva omaggiato di un’amicizia lunga e sincera negli anni passati. Sul piccolo tavolo basso del suo salone, solitamente ingombrato da tazze decorate e da una voluminosa teiera, si trovavano ora due oggetti, uno scrigno e un bastone, che Cod, seguendo le volontà di Oberon, avrebbe consegnato ad un uomo chiamato Kiran. Quando udì quello che era stato il suo nome, Unghialunga seppe che Oberon aveva previsto il suo arrivo, ed atteso i momenti finali della sua vita per recitare con il suo ultimo respiro il Poema della Fenice.
Anche se nuovi enigmi si affacciavano alla mente degli avventurieri, essi si risolsero nel procedere con il proprio piano, recandosi al Seneth di Atma per recuperare le armi e le armature che li avrebbero assistiti nell’incursione della villa di Tholkad Beld, oltre che per mettere qualcosa sotto i denti al termine di quella intensa giornata.
Il Seneth tuttavia brulicava di avventori quella sera, ed era animato dall’incalzante musica di Riltar e Laya. Xirtam ricordando alcuni frammenti del suo passato si unì ai musicanti, mentre Kadmos conquistava finalmente le grazie della splendida Atma in barba alle preoccupazioni dei suoi compagni, che già immaginavano il proprio compagno travolto sotto le zampe della mostruosa cavalcatura di Sakumbe. Sebbene Kiran e Dakkar cercassero di non dimenticare gli obiettivi della missione, un inatteso invito fece mutare il corso degli eventi: Riltar e Laya avrebbero infatti eseguito la loro musica ad una festa danzante proprio alla villa di Tholkad Beld la sera successiva, e con l’idea di effettuare un semplice sopralluogo, gli avventurieri decisero di fingersi musicanti, danzatori e facchini per guadagnarne l’accesso in relativa sicurezza.
Il giorno successivo l’intero gruppo si recò all’arena di Remkha per conferire con Grecio, mentre gli occhi di Jack Faust perlustravano invano ogni vicolo alla ricerca di un segno che mostrasse la via verso il tempio di Kardys, dove Mithrelle si era rifugiata da giorni. Sebbene Grecio non si trovasse entro le ampie sale l’arena, gli avventurieri ebbero modo di incontrare il Maestro degli Schiavi, il gigantesco e nerboruto Morkal, che accordò loro il permesso di recarsi nelle gallerie sotto il colossale piazzale dei gladiatori al calar delle ombre.
L’appuntamento con Riltar però era imminente, e così il gruppo decise di posticipare l’esplorazione dei canali che si estendevano sotto Remkha, per recarsi alla villa di Tholkad Beld, a bordo del piccolo carro del mezz’elfo. Giunti sull’ingresso, mentre una sospettosa guardia stava ponendo fastidiose domande sulla presenza di un gruppo così numeroso di bardi, gli avventurieri vennero raggiunti dalla tagliente voce di Zahuro, che essi riconobbero subito come l’assassino di Yztar e Kalìd. Allo stesso tempo, Zahuro dimostrò di conoscere perfettamente l’identità degli avventurieri, e li separò quasi subito dai veri musicanti per condurli in una sala privata. Con i nervi tesi e temendo un nuovo agguato, gli avventurieri erano pronti a tutto, ma le loro lame sarebbero rimaste inutilizzate quella sera, almeno sino all’arrivo di Tholkad Beld.
Il mercenario veterano si dimostrò un affabile ospite, e sebbene Chandra lo giudicasse in parte responsabile per la morte del suo compagno animale, ritenne opportuno non mostrare eccessiva ostilità, quando apprese che Tholkad intendeva assoldarli per elminare Arlan Edregh, che si era convertito al culto di Seth con tale zelo da radunare intorno a sé numerosi adepti.
Proprio durante la conversazione, uno degli uomini devoti a Seth, Nekhèr, venne condotto nella piccola sala dagli uomini di Tholkad Beld. Il sacerdote, sulla cui fronte era stata tatuata con inchiostro rosso vivo un’effige di Seth, era stato violentemente malmenato, ma apparentemente non aveva rivelato nulla degli intenti di Arlan Edregh, e riuscì a biascicare soltanto vuote minacce. Tholkad Beld, dopo essere venuto a patti con gli avventurieri, descrisse loro il distretto minerario di Kherd, accennando ad una misteriosa struttura sotterranea entro la quale Arlan Edregh si era rifugiato da qualche mese a questa parte e offrì un generoso compenso per la sua testa, oltre ad accordare il permesso ai suoi ospiti di ispezionare l’antico sarcofago recuperato da Nekhèr dai canali infestati dai Ratti di Zerke.
Gli avventurieri avevano bisogno di un po’ di tempo per scambiare qualche parola in privato, ma anche se non potevano saperlo, la notte a venire sarebbe stata ancora lunga e non priva di inattesi eventi.