La Città di Rame

Non tutti i dotti concordano sulle origini secolari della Città di Rame, e quindi non è certo se fu una tribù di Zyrkaniani dalle lunghe lance a conquistare le sue primitive fortificazioni o una razza di sanguemisto schiava a imbarbarire le radici dei suoi fondatori con gli inevitabili frutti dei propri accoppiamenti. Quello su cui tutti concordano però è che la popolazione di Remkha abbia nelle proprie vene sia sangue Stygiano che Zyrkaniano. Può dunque sembrare crudele che i mercanti di schiavi della Città di Rame costringano in catene qualsiasi nomade sia abbastanza incauto da farsi sorprendere nell’alto deserto, e si può dire con relativa certezza che la ricchezza dei patrizi di Remkha sia stata eretta sul commercio delle vite dei propri cugini di sangue.

Nei primi giorni dell’afoso autunno, la Barracuda raggiunse finalmente i porti di Remkha, dopo una traversata resa ancora più lunga e monotona da interi giorni di bonaccia. Nonostante il viaggio fosse stato piuttosto confortevole grazie alla dedizione delle schiave del piacere di Sakumbe, tutti gli avventurieri furono ben contenti di porre i propri piedi sulla terraferma, calcando il polveroso lastricato della Città di Rame.

Seguendo le indicazioni di Sakumbe, Kadmos e Dakkar si diressero verso il Seneth di Atma, ma se restarono delusi dal constatare che si trattava di un locale piuttosto modesto, ebbero invece modo di apprezzarne l’accoglienza dell’affabile giovane locandiera, una donna il cui temperamento deciso aveva domato persino l’arrogante e ambizioso Sakumbe.

Purtroppo Zamàl, la schiava che assisteva Atma nella locanda, parlava esclusivamente la lingua più diffusa di Remhka, un dialetto Stygiano imbarbarito dalla lingua degli Zyrkaniani, incomprensibile persino a Xirtam che si vantava di conoscere piuttosto bene la lingua corrente di Stygia, e gli avventurieri compresero che in altre occasioni si sarebbero trovati nell’impossibilità di comunicare con i residenti di Remkha. Per fortuna Atma, che aveva appreso la lingua comune da Riltar, fornì loro tutte le indicazioni necessarie affinché si muovessero con una certa sicurezza nel quartiere settentrionale della Città Vecchia.

Meshif, il capitano del mercantile chiamato Korisande, aveva accettato di prenderli a bordo del proprio vascello diretto ai porti di Suni, ma non avrebbe lasciato gli approdi della Città di Rame prima del mese successivo; e così, mentre i giorni passavano pigri tra le gialle e afose vie di Remkha, gli avventurieri ebbero modo di conoscere alcuni dei suoi abitanti, almeno quelli che erano in grado di parlare la loro lingua. Incrociarono quindi il cammino di Elzik il commerciante, Fara l’armaiola shaddaka, Riltar il menestrello e l’eclettico astronomo Cod Blossom, ossessionato dai gabbiani e dal suo osservatorio.

Venuto a conoscenza della presenza di un’arena nella Città Vecchia orientale, Dakkar si interessò alla possibilità di battersi al suo interno, idea ritenuta malsana dalla maggior parte degli altri avventurieri. Tuttavia, nel tentativo di trovare il miglior maestro d’armi della città, gli avventurieri cercarono di prendere contatto con Grecio, il Maestro degli Schiavi di Remkha, individuo descritto come tronfio e scostante, a tal punto che per quanti tentavi avessero fatto, essi non riuscirono nemmeno a intravederlo nell’arco delle due settimane successive.

Mentre i giorni passavano, la scarsella del denaro degli avventurieri si allegeriva sempre di più, a causa dei continui allenamenti con uno dei maestri più abili della città, e della costosa vita della città di rame; forse per questo motivo essi accettarono di buon grado di seguire lo schiavo di Yztar e Kalìb, due impacciati commercianti di gioielli che erano interessati a proporre loro un ingaggio tanto remunerativo quanto pericoloso.

Nei giorni passati, poco dopo aver ormeggiato tra i moli di Remkha, la Prediletta di Seth era stata aggredita dai Ratti di Zerke, una banda di tagliagole che approfittando della debolezza della milizia cittadina si era insediata nei canali che correvano sotto la città di Remkha. Tra gli oggetti trafugati ve n’era uno particolarmente caro ad entrambi i mercanti, che erano disposti a pagare un ingente somma per poterlo recuperare. Dopo aver discusso brevemente, gli avventurieri accettarono l’ingaggio, approfittando della frescura della sera per concedersi una breve passeggiata tra gli approdi di Remkha.

Nonostante gli avventurieri fossero a conoscenza della turbolenta situazione in cui era sprofondata la regione, per qualche giorno ebbero modo di apprezzare la relativa tranquillità delle tortuose strade della Città di Rame; tuttavia, la serenità che avevano appena assaporato sarebbe presto svanita come lacrime nella pioggia.