Si narra che la setta del Cerchio Nero abbia raccolto l’antica eredità della stirpe di Acheron, e l’abbia piegata al dominio del dio serpente. Nessuno può dire se questo corrisponda a verità, o sia un semplice mito: quello che è certo è che essi trafugarono molti manufatti arcani, e li utilizzarono per affogare nel sangue coloro che osavano ribellarsi al volere di Seth.
Non fu senza meraviglia che Kiran aprì nuovamente gli occhi su un confortevole soggiorno, appena rischiarato dalla luce tiepida del fuoco di un basso camino. Certamente lo stregone aveva tutte le ragioni per non credere ai propri occhi: quale che fosse, l’arcano incantesimo che lo aveva portato al cospetto di Oberon anziché tra le braccia degli dei gli era infatti completamente sconosciuto. Tuttavia Kiran non esitò ad indovinare la verità; il cristallo imprigionato nel bastone incantato aveva preservato la sua vita e quella dei propri compagni, così come quella di Oberon, che fu ben lieto di accoglierli in quella angusta ma accogliente dimora.
Sebbene il mago veggente non avesse il potere di sciogliere l’incantesimo, egli li rassicurò: il loro momento sarebbe giunto, anche se forse non molto presto come avrebbero desiderato. Tuttavia in questa straordinaria ed unica occasione essi ebbero modo di svelare una parte dei misteriosi accadimenti dei quali erano stati testimoni.
Accadeva dunque nel 1247 che il corpo di una discendente di Acheron venisse sottratto al suo arcaico sepolcro, e trasportato, rinchiuso in un sarcofago di pietra, agli approdi della spietata Città di Rame. Caronte, tra i più potenti stregoni del Cerchio Nero, aveva infatti compreso che che il Gran Sacerdote Aketméth era sopravvissuto al passare dei secoli, ed era pronto a riaffermare la gloria di Seth sul mondo dei mortali così come su quello degli immortali. E così che Deeva, che tremila anni prima era stata regina della stirpe di Acheron, avrebbe dovuto incontrare l’autentica fine sui blasfemi altari del dio serpente.
Le parole di Oberon scossero gli avventurieri, ma allo stesso tempo c’era ben poco che potessero fare: essi intuirono che il terrificante demone che avevano combattuto nel tempio sotterraneo era giunto per soccorrere Deeva, incatenato dalla forza della stirpe di Acheron a cui i demoni si erano dovuti piegare. Potevano unicamente sperare che il Demone riuscisse a sconfiggere Arlan Edregh, scongiurando così i suoi terribili propositi. Tuttavia, all’iterno del cristallo nessun suono e nessuna notizia poteva giungere dall’esterno, e persino la vista veggente di Oberon era offuscata. Non rimaneva loro altra alternativa che attendere.
La pazienza degli avventurieri venne infine ricompensata dal poco rassicurante suono causato dal frantumarsi del cristallo: il bastone, caduto dalle mani del servitore di Lieth, aveva infatti perduto la sua sommità, spezzata in più parti sull’ampio pavimento della Casa dalle Cento Porte. Innanzi agli occhi esterrefatti dell’anziano servitore erano apparsi ora otto avventurieri armati, ed egli sarebbe sicuramente fuggito in preda al terrore se il suo signore non fosse stato così vicino.
Fu al cospetto di Lieth che la vita degli avventurieri corse sulla lama sottile di un affilato coltello: perché egli indossava arrogantemente le vesti del Cerchio Nero, e nell’intera Khemi nemmeno i sacerdoti di Seth incutevano più terrore dello stregone, la cui età indefinibile sembrava sempre troppo giovane per gli anni che portava.
Nonostante nessuno degli avventurieri potesse intuire con precisione chi fosse il loro ospite, essi riuscirono a non suscitarne né l’ira né l’eccessiva attenzione. Poca era la considerazione che Lieth riservava alla magia Shanti e la sua mente, distratta dall’imminente viaggio verso la Torre del Serpente, lo portò a liquidare gli inattesi ospiti con arrogante sufficienza, cosa della quale essi approfittarono con segreta gioia.
Eppure il loro buonumore era destinato a durare molto poco: non soltanto erano stati costretti a lasciare il bastone nella Casa dalle Cento Porte, ma essi compresero quasi subito di trovarsi ben lontano dalla sognante Remkha; loro malgrado il bastone era stato portato oltre le onde del mare, giunto chissà come tra le strette vie dominate dal dialetto Stygiano che solo Xirtam era in grado di decifrare.
Essi erano giunti a Khemi, sulle cui mura stava per abbattersi l’ira del Signore del Deserto, e tutto sembrava perduto.