Nel nome del serpente

Lungo le sponde del fiume Styx sorge la rossa città di Khemi, dominata dalle ciclopiche costruzioni erette dai servitori infernali della stirpe di Acheron. Quando i templari attaccarono la città, gli abitanti erano certi che i sacerdoti di Seth avrebbero scatenato l’ira del dio serpente sui blasfemi invasori; eppure, nel loro cuore essi già sapevano che Seth non conosce gratitudine: i sacerdoti serrarono le porte degli inviolabili templi e lasciarono i fedeli soli tra le strade, dove gli zelanti guerrieri della luce non esitarono a dispensare la morte.

Messi a punto i dettagli dell’accordo, Tholkad Beld lasciò che Tholmud e Zahuro scortassero gli avventurieri alla sala in cui era custodito il sarcofago di pietra. Tuttavia, mentre attraversavano uno dei corridoi sul retro dell’abitazione, un grido disperato attirò l’attenzione del gruppo. Tholmud scavalcò agilmente il parapetto e si recò subito verso l’origine del grido, seguito a breve da Chandra e Xirtam, mentre gli altri avventurieri, ritenendo di non doversi occupare degli affari che si svolgevano nella villa di Tholkad Beld si mossero con molta lentezza.

Quando Chandra giunse nel luogo dal quale provenivano le grida, oltre una vasta fontana circolare e vicino il muro di cinta, scorse un uomo ammantato di nero che stava trascinando per i polsi una giovane cortigiana. Tholmud, Chandra e Xirtam tentarono di fermarlo ma vennero tutti colpiti uno ad uno da una diabolica stregoneria, che li scaraventò al suolo privandoli delle forze. Adesso anche gli altri avventurieri, richiamati dai gemiti dei loro compagni avevano affrettato il passo, ma erano giunti troppo tardi: il sinistro viandante era scomparso, insieme alla sua vittima. Chinatosi su Xirtam per aiutarlo a rialzarsi, Dakkar venne raggiunto subito dal grido di allerta di Andrey: e spaventosi avversari ammantati di scuro emersero dal nulla, brandendo lame scheggiate puntate alle loro gole. In un istante, il giardino della villa di Tholkad Beld si trasformò in un campo di battaglia, dove avversari capaci di mutarsi in spaventosi mostri dalle fauci di serpente misero a dura prova le capacità degli avventurieri.

Durante lo scontro, Kiran, arrampicatosi lungo il muro, vide fuggire sul selciato una carrozza nera, che intuì essere il mezzo di cui si erano servite quelle mostruosità per raggiungere la villa. Deciso ad impedire che il loro emissario potesse fuggire, il mago utilizzò i suoi poteri per arrestare la corsa della carrozza, e coraggiosamente si precipitò all’inseguimento tra le vie della Città di Rame.

Sebbene intenzionato a indurre gli uomini sulla carrozza a parlare, Kiran non ne ebbe l’occasione, ed il misterioso viandante lo aggredì subito, distruggendo una delle immagini illusorie che proteggevano il mago con uno dei suoi mortali incantesimi. Kiran non si fece scoraggiare e quando si accorse che la ragazza rapita si trovava all’interno della carrozza agì d’impulso e spalancandone in corsa uno degli ingressi, la trascinò via.

Nel frattempo gli avventurieri erano riusciti ad avere la meglio nel violento scontro, e affacciandosi oltre il muro videro Kiran affrettarsi lungo la via insieme ad una giovane donna, inseguito da un’altra creatura-serpente che stava divorando ad una ad una le sue immagini illusorie. Dakkar si lanciò subito in battaglia mentre Jack Faust e Xirtam bersagliarono la bestia con le loro quadrelle. Dopo un violento combattimento anche l’ultimo rettile venne abbattuto.

Ritornati all’interno, Xirtam e Chandra medicarono alla meno peggio le ferite di Tholmud, mentre Dakkar e Andrey cercarono di interrogare la donna che, all’apparenza sconvolta dagli eventi, riuscì soltanto a rivelare il proprio nome e la sua discendenza: Deeva, primogenita della stirpe di Anklagor.

Affidata la donna a Zahuro, Tholmud andò in cerca del padre: la villa era stata infatti attaccata anche all’ingresso principale, e Tholkad, sebbene ferito, era determinato a non arrendersi così facilmente agli sgherri di Arlan Edregh. Dopo aver affidato il sigillo delle Sette Lance come pegno per la retribuzione della pericolosa missione, egli esortò gli avventurieri ad abbandonare la villa.

Consci della necessità di non perdere altro tempo, gli avventurieri si recarono alla taverna di Atma, dove raccolsero tutto l’equipaggiamento necessario per mettersi subito in marcia verso il distretto minerario, che Arlan Edregh aveva eletto quale suo rifugio. Il mortale scontro era sempre più vicino, ma in un angolo della mente di Kiran si agitava l’inquietante coscienza di un ricordo dimenticato, una profezia il cui verdetto avrebbe deciso le sorti dell’intera compagnia.