Delitto e castigo

Una tra le più antiche canzoni di Gundobad narra la storia di Engul, che armato soltanto della propria spada, sfidò ed uccise il mostruoso Tiranno, disperdendo i suoi innumerevoli occhi ghiacciati attraverso l’intero Regno di Gulnor. Sin da allora soltanto gli eredi della stirpe di Oss che riuscirono a recuperare uno degli Occhi del Tiranno vennero ritenuti degni di recare sul capo la Corona di Engul, nella quale sono tutt’ora incastonati tutti gli splendenti bulbi di ghiaccio conquistati dai precedenti sovrani. A quel che si racconta, soltanto il Re Stregone osò interrompere questa tradizione, ponendo sul proprio capo la Corona del Comando; e come la storia ci insegna, questo gesto suscitò l’ira dei suoi avi e fu causa della sua rovina.

La mattina del secondo giorno del torneo venne annunciata dagli squilli delle trombe e dal rullìo dei tamburi. Dopo le lunghe funzioni religiose la mattinata sarebbe stata vivacizzata dagli attesi scontri all’arma bianca, che avrebbero designato i pretendenti alla carica di Campione del Re.

Dopo una frugale colazione, offerta dalla generosa Aileen, la Compagnia notò il barone Didier Quinsonn e la sua scorta, diretti verso il lato settentrionale del Plateau de Saclay, dominato dal tempio della Croce Nera. Sospettando i peggiori accadimenti Theodor, Falstaff, Aileen, Crovont e Telehma decisero di investigare, seguiti a breve distanza dallo scostante Ritchie. Ma quanto scoprirono superava i loro peggiori timori.

Nei pressi della tenda di Ashraf Majid, un nutrito gruppo di soldati della Guardia Reale sbarrava il passo ai curiosi, interdicendo l’accesso persino al tetro Gelion Vark e alla sua guardia personale. Didier Quinsonn stava cercando diplomaticamente di mitigare l’ira del vecchio sacerdote di Morr, quando dalla tenda emersero quattro sacerdoti della Croce Nera, che recavano con se una lettiga di vimini sulla quale era disteso un uomo, avvolto in un sudario di fortuna.

Deciso a saperne di più Theodor approfittò della sua appartenenza all’ordine della Croce Nera per superare la barriera dei soldati, e così apprese che il barone Majid era stato ucciso durante la notte. Mentre Theodor cercava di digerire l’infausta notizia, due figure emersero dalla tenda nella quale Ashraf aveva trovato la morte: si trattava dello snello barone Gustav Croquison, avvolto in una lunga e attillata veste rosso scura adornata da bottoni d’oro e del robusto barone Geoffrey Kunibald, dall’aspetto feroce e marziale. Theodor riuscì a giustificare la propria presenza in maniera credibile, scoprendo da un breve scambio di battute tra i due nobili che il colpevole dell’assassinio era già stato catturato, e che sarebbe stato giustiziato entro breve tempo.

Interessatisi alla vicenda, gli avventurieri si recarono al tempio della Croce Nera, che sorgeva intorno all’antica statua eretta in memoria di Sir Gautier, un crociato che aveva combattuto più di sette secoli prima nelle terre degli infedeli. Il corpo di Ashraf Majid era stato composto innanzi all’altare, e ad una certa distanza erano distesi i freddi corpi dei soldati che avevano trovato la morte in difesa del proprio signore. Una piccola folla di astanti era presente, per ascoltare le parole del barone Geoffry Kunibald, il quale promise innanzi alla Croce Nera che quelle morti sarebbero presto state vendicate.

L’attenzione della Compagnia venne attratta da un prigioniero quasi privo di conoscenza, saldamente trattenuto tra le braccia di due soldati di Kunibald. Con discrezione Theodor pose alcune domande, apprendendo che l’uomo, il quale indossava ancora la livrea della casata di Ashraf Majid, era un complice dell’assassino. Prima che il sacerdote della Croce Nera potesse intervenire in difesa del malcapitato, il barone ordinò che il prigioniero venisse portato all’esterno di quel luogo sacro.

Gli eventi precipitavano ed il gruppo decise di scoprire dove sarebbe stato condotto il prigioniero. Come Crovont aveva sospettato, l’uomo venne rinchiuso nelle antiche segrete di Castello Vecchio, in disuso da moltissimi anni, che erano state scavate nelle profondità della roccia sotto la Torre Esagonale. Il vecchio e storpio carceriere che le abitava impedì l’accesso al gruppo, ma Ritchie, usando un sortilegio, riuscì ad eludere la sorveglianza e accedere alle carceri.

Il prigioniero che era stato recentemente gettato nei sotterranei era privo di sensi, tuttavia, aiutato dal fatto che la maggior parte delle celle rimanenti erano vuote, Ritchie trovò senza difficoltà quella nella quale era stato rinchiuso il Maestro degli Assassini di Antioch. Dalla breve conversazione che ne seguì, Richie apprese che dopo la morte di Drimacus, il barone era stato costretto ad esporsi molto, per costringere i propri nemici a commettere un passo falso. Tuttavia, l’assassino rivelò che mai avrebbe sospettato un’aggressione così diretta e violenta alla vita del barone stesso, e che la sera precedente un nutrito gruppo di mercenari aveva fatto brutalmente irruzione nella tenda di Ashraf, probabilmente aiutati da alcuni soldati che avevano barattato per denaro la propria fedeltà.

Mentre Ritchie tornava indietro, un nuovo prigioniero venne scortato alle segrete dal capitano della guardia reale. Innanzi agli stupefatti avventurieri, Benjamin Tuller veniva portato quasi di peso verso le carceri. Il pingue e disperato attendente proclamava la sua innocenza, ma il capitano della guardia reale rese noto che proprio il Signore della Legge, Émile Dernier, aveva richiesto la sua incarcerazione. Approfittando del trambusto, la compagnia riuscì a penetrare finalmente nelle segrete, dove Theodor e Crovont ebbero modo di parlare non visti con il Maestro degli Assassini di Antioch. Quando Theodor ebbe la certezza dell’innocenza dell’uomo, decise inoltre di donargli il suo pugnale, facendolo rapidamente passare attraverso lo spioncino della porta.

Falstaff, Aileen e Thelema nel frattempo cercarono di consolare Benjamin, promettendogli che avrebbero perorato la sua causa. Finalmente il Capitano della Guardia Reale decise di prestare ascolto alle suppliche del secondino, e richiese perentoriamente che la compagnia lasciasse le segrete. Pur riluttanti ad abbandonare Benjamin in quelle condizioni, gli avventurieri obbedirono e si recarono all’esterno, mentre le antiche carceri della Torre Esagonale venivano serrate alle loro spalle.

Il pomeriggio ormai volgeva al termine, quando la compagnia si recò nuovamente nella tenda di Gwyn Turtle, dove lo scorbutico Narth attendeva ansiosamente Falstaff per mostrargli quanto aveva gradito la sorpresa che lo scaltro esploratore gli aveva preparato.