Si racconta che tra le dame di Corte nessuna fosse più infelice della Regina stessa, la giovane e bella Amélie. Tra i pettegolezzi sussurrati dai ruffiani qualcuno aveva osato dire che ormai la regina non vedesse più le sue due figlie come dovrebbe fare una madre, ma che per lei rappresentassero soltanto il triste futuro che l’attendeva. Era ben noto infatti che se per la terza volta fosse stata incapace di dare al Re un erede maschio, Amélie sarebbe stata certamente ripudiata ed allontanata dalla corte.
Lasciate le sale di Castello Vecchio, la Compagnia si diresse alla tenda di Benjamin Tuller, per accettare l’invito ricevuto nella mattinata. Nonostante il loro ospite non fosse presente, il vecchio Matieu li fece accomodare nello spazioso padiglione, dove Narth, Theodor, Thelema, Crovont e Falstaff ebbero il tempo di mettere in ordine le poche idee che si erano fatti su quanto scoperto nelle stanze di Émile Dernier.
Quando Benjamin Tuller fece ingresso, la Compagnia era pronta per affrontare le inquietanti rivelazioni che sarebbero state svelate poco dopo. Apparentemente, il secondo attendente di Émile, Drimacus Galoise, aveva ricevuto qualche tempo prima un messaggio molto simile a quello rinvenuto dalla Compagnia, sigillato nello stesso modo e parimenti indirizzato al vegliardo tra i Signori della Legge. Lo stesso Drimacus era stato invitato alla tenda di Benjamin per mostrare il documento, che certamente acquisiva una nuova importanza considerati gli eventi della sera appena trascorsa, ma non si era insolitamente presentato, né aveva mandato nessuno per avvisare della sua mancanza. La Compagnia torvamente immaginò che qualcosa di molto spiacevole potesse essere accaduto all’attendente, ma a causa dell’ora tarda decise di ritornare alla tenda di Gwyn Turtle per riposare, e prepararsi agli eventi del giorno successivo.
L’alba fu annunciata dal trapestio dei cavalli e dal suono dei tamburi, dal vociare alternato dallo squillo improvviso delle trombe. La Giostra dei Cavalieri, certamente lo spettacolo più straordinario dell’intero torneo, stava per cominciare.
Grazie ad un abile sotterfugio, Falstaff e Theodor, coperti da tutta la Compagnia, riuscirono a far pagare il noleggio dell’armatura e del cavallo allo sprovveduto quanto altezzoso Pierre d’Amberville. E così, un avventuriero senza troppe speranze e dal viso sfigurato, sfilò in coda alla grande Parata dei Cavalieri, dove i più maestosi destrieri portavano al trotto i Nobili ed i Campioni del Regno di Cheemon.
Ma forse gli Dei o la buona sorte aveno deciso di assistere Falstaff quel giorno: dopo i primi scontri delle lance e i pochi incidenti, il barbuto esploratore si misurò con il Conte Albert Gloire, uno dei più temuti giostratori, riuscendo a disarcionarlo una volta su tre e restando sempre in sella.
Quasi come in una favola, l’ultimo scontro del torneo si sarebbe svolto tra due cavalieri senza insegne, vedendo per la prima volta disarcionati tutti i blasonati nobili del reame. Al terzo confronto però, la lancia del cavaliere colpì con forza lo scudo di Falstaff, sbalestrandolo dalla sella e mandandolo a mordere la polvere.
I due finalisti furono comunque ammessi al cospetto del palco reale, dove Cristòph III d’Amberville ebbe modo di elogiare le prodezze e l’abilità dei due giostratori. Soltando dopo essersi sfilato l’elmo che ne copriva completamente il volto il vincitore del torneo rivelò il suo nome: si trattava di Finn McCumhail, la celebre Sentinella di Erin. Apparentemente però il paladino di Edra non aveva partecipato al torneo sotto mentite spoglie per diletto: finalmente innanzi al Re richiese formalmente un incontro privato che, viste le circostanze, non poteva essere rifiutato. Non potendo investigare subito su questi nuovi eventi, la Compagnia rivolse alcune preziose domande al Signore della Legge, cercando di iniziare a mettere insieme i tasselli degli insoliti eventi dei quali erano stati testimoni.
Dopo aver curato le ferite riportate da Falstaff nelle poche cadute da cavallo che aveva subito, il gruppo di avventurieri si diresse verso Castello Vecchio, accompagnata dal rumore dello stomaco brontolante di Falstaff, a digiuno dalla sera prima.
Innanzi al ponte levatoio però, la Compagnia assistette ad un insolito spettacolo: Benjamin Tuller venne gettato nel fango da un uomo di corporatura snella, il quale gli voltò le spalle quasi subito. Come gli avventurieri avrebbero appreso poco dopo, si trattava di Drimacus Galoise, e nell’urgenza di seguirlo la Compagnia abbandonò quasi subito il giovane Constantin in compagnia dello sconvolto attendente.
Falstaff e Crovont finirono per raggiungere Drimacus, il quale però rispose con sdegnosa arroganza alle domande che gli venivano poste, liquidandoli poco dopo. Trovando il suo atteggiamento molto sospetto, Falstaff convinse Crovont a seguire l’attendente, il quale, allontanandosi dal Plateau, si diresse verso un piccolo bosco che si gettava sugli argini del fiume Evier. Proprio all’esterno della sparuta macchia d’alberi si trovava una carrozza dall’aspetto fatiscente, e Drimacus vi salì senza esitazione. Avendo notato che il cocchiere non accennava a muoversi, Falstaff decise di avvicinarsi, ma venne scorto, e il cocchiere lanciò immediatamente al galoppo i cavalli. Nonostante il sortilegio di Crovont, la carrozza proseguì la sua corsa, sfuggendo ai due avventurieri.
Nel frattempo, Theodor, Narth e Telhema erano stati testimoni dello scambio di alcune borse tra due individui sospetti. Mentre Narth cercava di scoprire la destinazione del più alto dei due, Telhema ricorreva ad uno dei suoi sortilegi per ammaliare l’altro, finendo così per scoprire che si trattava di un alchimista, Arsenoir, che aveva appena barattato dei veleni, tra i quali uno mortale, per un’ingente quantitativo d’oro.
Alla luce delle recenti scoperte era fortissimo in tutta la Compagnia il sospetto che qualcosa di terribile sarebbe accaduto proprio durante i giorni del torneo, e che un sinistro intento sarebbe stato perpetrato dietro le splendide bandiere che garrivano alla leggera brezza del nord.
Bonus track: Il torneo di Aghijon