Lo stregone e la megera

Emile Dernier, Primo Signore della Legge, era solito dire che il “gioco del trono” è tanto affascinante quanto pericoloso. In un tempo nel quale il vero onore dei cavalieri era custodito in pochi nobili cuori, il Re stesso avrebbe dovuto difendersi tanto dai nemici quanto dai propri alleati.

Il consueto squillo di trombe destò persino il più assonato tra i membri della Compagnia, che si preparò in poco tempo ad affrontare la quarta giornata del torneo. Dopo aver ricordato a Lemattant le proprie umili origini, Telehma scroprì che nella mattinata si sarebbe svolta una competizione equestre, che consisteva nell’infilzare degli anelli con una lunga lancia da cavaliere. Theodor e Narth convinsero Falstaff a partecipare, incoraggiandolo con motteggi preparati per l’occasione.

Mentre Falstaff, Crovont e Telehma si recavano nel piazzale della competizione, Narth e Theodor decisero di guidare i propri passi verso Castello Vecchio, alla ricerca di Constantin. Rallentati dalla ressa dei questuanti al ponte levatoio, gli avventurieri intravidero di lì a poco gli stendardi dei Crownar, rivelando Alcor ed il suo seguito, incluso Constantin in arcione ad un piccolo pony. Dopo aver scambiato poche affettuose battute con il futuro principe di Cheemon, la Compagnia si riunì al piazzale, mentre Falstaff, in sella ad un magnifico pezzato preso in prestito per l’occasione, si preparava a disputare la contesa.

La fortuna però sembrava aver abbandonato completamente il giovane esploratore, il quale finì disarcionato dopo aver infilzato un unico anello nelle tre corse disponibili, mentre uno gnomo in lontananza si riproponeva di santificare Falstaff per le ulteriori cinque monete d’oro che Narth aveva perso scommettendo su di lui.

Durante la competizione però, Theodor, preoccupato da quella che riteneva essere una visione donatagli dal proprio Patrono, decise di andare in cerca del barone Kunibald. Sia Telemha che Crovont, poco interessati alla disputa equestre, si unirono al sacerdote e di lì a poco intravidero il barone con una ridotta scorta emergere dal proprio padiglione e dirigersi verso il piazzale.

Deciso a tentare il tutto per tutto, Telehma tentò di ammaliare il barone con un sortilegio: tuttavia le conseguenze del suo gesto furono peggiori di quanto il giovane mago avesse potuto prevedere, in quanto Kunibald oltre a non cadere vittima dell’incantesimo sembrava essersi reso conto di quanto fosse accaduto. Colti alla sprovvista, nè Theodor nè Crovont riuscirono a persuadere il barone delle proprie buone intenzioni, e gli sgherri di Kunibald li trattennero per il resto della mattinata nell’ampio padiglione, in attesa che Kunibald stesso ritornasse per interrogarli.

Nel frattempo, dopo aver collezionato tutte le magre figure possibili e pagato tutti i debiti, lo sconsolato Falstaff si riunì a Narth ed entrambi decisero di andare in cerca dei propri compagni, che ormai erano assenti da parecchio tempo. Sulla strada però, intravidero due bizzarri personaggi che si separavano, forse al termine di una conversazione: un’orribile e rattrappita megera, e uno stregone dal copricapo appuntito ed il mantello nero.

Purtroppo sia Narth che Falstaff impiegarono alcuni minuti per ricordare le parole di Theodor a riguardo la megera coinvolta nel rapimento, e quando tornarono di corsa indietro non riuscirono più ad individuare l’anziana mendicante. Ben più facile fu invece scorgere il cappello dello stregone, che in quel momento faceva il proprio ingresso nella tenda del barone Kunibald.

Gettando alle spalle eventuali compromessi, Narth fece irruzione nella tenda, seguito da Falstaff; e così senza volerlo, l’intera Compagnia si riunì all’interno della tenda di Kunibald.

Apparentemente, lo stregone recava con sè un messaggio vergato dallo stesso Kunibald, che ordinava di cacciare gli ospiti inattesi dalla tenda; ma quando Narth chiese a gran voce spiegazioni sulla vecchia megera, lo stregone trasalì visibilmente, e tentò di persuadere il capitano di Kunibald ad ignorare il contenuto della pergamena e trattenere la Compagnia, ma inutilmente.

La tensione era al culmine ed una volta all’esterno della tenda gli avventurieri discussero a gran voce sul da farsi: Narth intendeva interrogare a fondo lo stregone, con le buone o con le cattive, mentre Falstaff voleva allontanarsi dai dieci armigeri del barone più in fretta possibile. L’indecisione fu spezzata dall’arrivo di Kunibald stesso, e temendo che il barone non avrebbe esitato ad usare la forza del suo lignaggio contro di loro, gli avventurieri decisero di cambiare rapidamente aria, recandosi nell’unico posto sicuro che conoscevano, la tenda di Thork Borogar.

Discesi alla base del Plateau, tra le tende dei mendicanti, Narth, Falstaff, Theodor, Telehma e Crovont incontrarono Alalminore, e gli proposero di assoldare le spade della Compagnia del Cinghiale per proteggere le persone a loro più care. Nell’attesa che Thork Borogar facesse ritorno, la Compagnia decise di mettersi in cerca della megera, ipotizzando che potesse trattarsi proprio di Kira, il nome rivelato da Ritchie poco prima della sua partenza. L’intuizione si rivelò esatta e di lì a poco l’intera Compagnia entrò nella piccola tenda di stracci della vecchia, la quale, ignara dell’identità del gruppo, propose di prevedere per pochi denari il fututo di ognuno di loro.

Volendo stare al gioco, sia Theodor che Narth ascoltarono le confuse rivelazioni della vecchia; per quanto immersa in una trance all’apparenza delirante, sia Telehma che Crovont compresero che la megera era in grado di attrarre delle energie stregate, anche se certamente non era stata istruita su come utilizzarle, e ne venisse in parte dominata.

Al di là della veridicità o meno delle parole della vecchia, la Compagnia si decise a rivelare quello che sapeva, obbligando Kira a confessare il rapimento, e ottenendo le prove del coinvolgimento dello stregone, il cui nome era Ansalom. Meditando sul da farsi, la Compagnia si raccolse poco all’esterno della tenda di Kira: se quanto avevano appreso era vero, Ansalom era al corrente di quanto sapevano gli avventurieri, e divenne evidente che le stesse vite dei membri della Compagnia erano in grave pericolo.