Battaglia a Château d’Anglais

Durante i mesi antecedenti l’estate le terre di Cheemon furono teatro di scontri e battaglie. I feudatari ancora leali al Trono di Alabastro opposero le lame dei propri cavalieri agli eserciti del Re Stregone, ma i suoi generali sembravano inarrestabili. Dal nord, al seguito degli antichi stendardi di Amberville, il Conte Fenring guidava la possente armata reale, raccogliendo continuamente cavalieri e soldati durante la propria avanzata. Mentre gli eserciti delle due corone si ingrandivano, lo scontro sembrava ormai inevitabile.

Gli echi della guerra imminente erano infine giunti a Château d’Anglais. Al riparo dalle possenti mura, i cinque cavalieri del re commentavano la disfatta di Grenoble ad opera di Claude Reinart, che aveva messo in rotta l’esercito del Marchese Lefevre appena un mese addietro. La guerra sembrava sempre più vicina ai possedimenti dei cavalieri, e sebbene Narth avesse fatto del suo meglio, i lavori di ristrutturazione dell’antico maniero non erano ancora stati completati. Negli ultimi mesi però, le mura esterne erano state riparate così come il possente barbacane, e Château d’Anglais imponeva caparbiamente la propria mole sulla piana circostante, baluardo del guado di Anglosoir.

Una calda sera dei primi giorni d’estate, un sinistro viaggiatore chiese infine udienza ai signori di Château d’Anglais. Il canuto viandante, scortato da una dozzina di possenti cavalieri chiusi in arcaiche armature, si presentò con il nome di Arcadeth, ambasciatore di Mormul, uno dei temuti generali dell’esercito del Re Stregone. Dopo aver ascoltato le proposte dell’ambasciatore, i cavalieri decisero di mantenere integra la propria fedeltà, e rifiutati gli accordi offerti da Arcadeth ordinarono che le mura del castello accogliessero tutti gli abitanti del villaggio di Anglosoir. Nonostante la precauzione giustificasse l’urgenza, dovettero trascorrere ben tre giorni prima che l’avanguardia dell’esercito del Re Stregone raggiungesse Château d’Anglais; circa duecento, tra cavalieri e fanti, avevano scavalcato la linea dell’orizzonte ed erano diretti verso le mura del castello. Arcadeth si fece innanzi anche in questa occasione, ma ben poco spazio venne lasciato alle trattative nella breve richiesta di resa, e quando i cavalieri rifiutarono di cedere le armi, la rocca venne aggredita dall’esterno. Mentre le frecce venivano scoccate da entrambi i lati, e i reggimenti di fanteria protetti dai mantelletti si avvicinavano agli spalti, un’idra di Angbad emerse all’interno delle mura, squassando la terra e distruggendo l’antico pozzo. Narth, Adua e i difensori alle porte furono costretti ad abbandonare le loro postazioni per respingere la bestia, lottando ferocemente proprio nel cuore del cortile interno.

Durante l’assalto, Mormul stesso, sul dorso di una spaventosa manticora, ordinò ai cavalieri di arrendersi, ma Falstaff e Theodor si opposero tenacemente, mentre le illusioni di Adam tenevano le truppe lontane dalle mura ed i sortilegi di Telehma e Crovont facevano a pezzi i mantelletti ed impedivano che le scale d’assedio fossero poste sulle mura. Dopo alcune ore, l’esercito di Mormul ripiegò verso il deserto villaggio di Anglosoir, come rispondendo ad un preciso ordine, ponendo per quel giorno fine agli scontri.

Con i propri sudditi terrorizzati ed assiepati a ridosso delle mura, ben lontano dal cadavere della mostruosa idra, i cavalieri si riunirono nel maschio pentagonale, decisi a trovare un modo per sopravvivere alle schiere di Mormul senza infrangere alcuno dei propri giuramenti.