Il Signore della Notte

Cinque erano i sovrani immortali che dominavano il crudele reame di Nosgoth: Melchia, Zephir, Vorlock, Duma e Rael. I nomi dei cinque figli di Caino, appena sussurrati nell’oscura tenebra, racchiudevano un così sconfinato potere sui vivi e sui morti da renderli esseri quasi perfetti; quasi divini. Eppure, la crudeltà che si annidava nei loro cuori era più profonda dei neri abissi del Mare Artigliato, ed il bestiame mortale patì sofferenze indicibili a causa dei Signori della Notte.

Quando la densa nebbia stregata infine si dissipò, rivelò agli occhi esterrefatti degli avventurieri l’inattesa visione di un’affascinate mezz’elfa dai lunghi capelli corvini. La compagnia intuì che doveva trattarsi dell’ambasciatrice del Re Stregone, Morahj, e mentre si accingeva ad interrogarla, quest’ultima, tratta in inganno dalle vesti incolore di Telehma e Crovont, si rivolse loro come a sudditi del suo signore: un’opportunità che gli avventurieri decisero di sfruttare per carpire quante più possibili informazioni dall’ambasciatrice.

Sul filo del rasoio, gli avventurieri finsero di essere giunti al maniero per ordine del Re Stregone, e dopo aver ottenuto la fiducia dell’ambasciatrice, ottennero le risposte desiderate: un potente guardiano difendeva il maniero, e tanto grande era il suo potere da avere piegato con semplicità quello di Morahj, confinandola entro il suo stesso specchio stregato. Riflettendo su quanto aveva appreso, la Compagnia si recò subito dopo nelle stanze del barone, trovandole però deserte; un dettaglio apparentemente insignificante tuttavia, rivelò a Theodor che il nobile non si era volatilizzato nel nulla: qualcosa lo aveva destato nel cuore della notte, e convinto a lasciare il suo giaciglio.

Dopo aver riflettuto sul da farsi, la Compagnia decise di investigare sull’origine della fonte malvagia, mentre Adua si sarebbe incaricata di trovare il luogo in cui erano tenute prigioniere le giovani donne del villaggio di Noisser. Appena giunsero al pozzo che occupava la parte centrale del chiostro interno del maschio quadrato, Narth raccolse una soffice babuccia dal basamento di pietra, disperdendo qualsiasi dubbio sul luogo verso cui si era diretto il signore del maniero.

Utilizzando la corda presente, l’intera compagnia si calò nel sottosuolo attraverso il pozzo verticale. Giunti sul fondo, immersi parzialmente nell’acqua scura che fluiva dai canali di scolo, gli avventurieri scorsero un minuto passaggio, abbastanza grande per consentire ad un uomo di strisciarvi all’interno. Le ragnatele spezzate di recente, rivelavano che il passaggio era stato utilizzato, e così il gruppo si tuffò audacemente in quel pertugio, sprofondando sempre più tra le viscere della collina su cui era eretta la fortezza dei Dulamont.

Al termine del buio passaggio, gli avventurieri emersero in una vetusta caverna, dove stalattiti e stalagmiti creavano imponenti colonne calcaree, oltre le quali la vista acuta di Narth individuò subito la schiena di un uomo, seduto su un ampio basamento di pietra. Avvicinandosi lateralmente con circospezione, la luce del bastone di Telehma illuminò un raccapricciante spettacolo: il barone, il cui sguardo vacuo sembrava perduto nel vuoto, addentava furiosamente un antico teschio giallastro. Theodor cercò subito di scacciare la maledizione che avvinghiava la mente del nobile, ma i suoi tentativi furono vani; e mentre il sacerdote si preparava ad un ulteriore preghiera, un esercito di ratti, neri ed enormi, si riversò nella caverna, risalendo dalle profondità della terra. Fra di essi, emersero tra le ombre le agghiaccianti figure degli uomini ratto, le cui mortali ferite esposte non lasciavano dubbi sulla loro natura non-morta.

Protetti unicamente dall’incantesimo di Theodor, gli avventurieri valutarono se fuggire o procedere: dopo una breve consultazione, il gruppo decise di avanzare nella caverna, giungendo ad una vasta spaccatura su una delle pareti di pietra, un cunicolo attraverso il quale i ratti scuri correvano come un fiume in piena. Sempre seguito dai non morti, circondato da topi di natura stregata, il gruppo giunse sino ad un’altra caverna più piccola, al cui centro emergeva un basamento di pietra circolare, su cui era impresso un tetro simbolo che gli avventurieri non avrebbero mai potuto dimenticare.

Proprio mentre stavano decidendosi a tornare sui propri passi, quattro immensi Golem, stridendo sotto il peso delle innumerevoli catene che componevano i loro corpi, emersero dalle ombre, bloccando il passaggio da cui erano provenuti. Conoscendo la terribile forza di questi costrutti, gli avventurieri cercarono freneticamente una via di fuga, ed alle loro spalle, quasi in risposta alle loro preghiere, un arcaico portale di pietra si dischiuse. I ratti dal pelo scuro, anticipando gli avventurieri, si gettarono oltre il portale, e quando Narth stava per convincersi a varcare la soglia, una figura ne emerse.

Gli avventurieri rabbrividirono nel riconoscere la stessa creatura che avevano fronteggiato durante la loro fuga attraverso la Porta dei Mondi: avvolto nel tetro mantello nero, le sembianze del sinistro viandante avevano tratti inquietanti di età indefinibile. Su un volto bianco e affilato erano incastonati due occhi di gelido azzurro e il collo d’alabastro si tuffava nelle vesti nere, protetto ai lati da un voluminoso colletto. Theodor finalmente lo riconobbe e comprese che la Compagnia stava per affrontare, per la prima volta, uno degli ancestrali terrori del Vecchio Mondo. Melchia incedette con passo leggero, e il terrore avvolse il cuore degli avventurieri.

Theodor poteva sentire il battito del proprio cuore accelerato martellare nelle sue orecchie. Dentro di lui una pulsione fanatica e terribile che non conosceva esigeva l’immediato ricorso alla violenza, all’uccisione di quella diabolica creatura. Allo stesso tempo, l’aura di terrore emanata dal vampiro imponeva ad ogni parte del suo corpo la fuga precipitosa: in bilico tra queste due emozioni estreme, Theodor trovò la forza di parlare, mentre i cuoi compagni in preda al terrore tremavano incontrollabilmente.

Quando Melchia rivolse la sua attenzione al gruppo di avventurieri, il coraggio della Compagnia subì una sferzata così’ violenta che Adam e Crovont crollarono sulle proprie ginocchia, vomitando il proprio sangue. Nessuna ragione avrebbe potuto mai consigliare agli avventurieri di misurarsi con un avversario il cui potere era così grande, e persino il coraggioso Narth venne quasi sopraffatto dall’impulso di fuggire precipitosamente. Soltanto Theodor, il cui animo era squassato dalla tensione fanatica all’uccisione di quella blasfema creatura avrebbe potuto muovere contro di essa.

Tuttavia, il sacerdote comprese che un gesto simile avrebbe verosimilmente condannato i propri compagni, e cercò con ogni mezzo di allontanarsi dalla caverna, mentre Melchia assisteva con diabolica curiosità all’esito di quella terrificante prova. Quando Theodor cercò di condurre il gruppo all’esterno, i Golem si mossero e colpirono con tremenda violenza, abbattendo le loro catene sullo scudo e l’armatura del sacerdote. Gli uomini ratto, le cui ossa erano state animate dalla magia nera, sembravano attendere soltanto che il fragile scudo eretto dalla fede di Theodor si incrinasse per saltare addosso agli avventurieri…

Theodor vide Crovont cadere nel suo sangue, sopraffatto dal terrore. Il viso di Falstaff era contratto e bianco per la paura, ed Adam respirava a fatica. Nello sguardo di Telehma era visibile il panico e persino Narth era prossimo a cedere. Il sacerdote comprese lentamente che non vi era modo di fuggire senza pagare un prezzo estremo, e si ricordò che le sacre scritture predicavano la salvezza di molti attraverso il sacrificio di pochi.

Il sacerdote abbracciò la propria fede, e la fanatica pulsione che gli permise di superare qualunque orrore, qualunque paura. Attinse ad ogni benedizione in suo possesso e incoraggiando i compagni fece ciò che nessuno di loro avrebbe mai potuto fare per primo, e si scagliò contro il signore della notte roteando la sua mazza chiodata. Narth, Telehma e Adam utilizzando tutto il poco coraggio che rimaneva loro, seguirono Theodor nell’assalto, mentre Crovont e Falstaff crollavano vinti dal terrore.

Ed in quel preciso istante il destino della Compagnia venne spezzato per sempre.