Si racconta che quando il generale Mormont giunse alle sponde del Garoinne durante una notte di mezza estate, il suo stomaco, per quanto abituato agli scempi della guerra, si torse dolorosamente. Ad attendere i soldati tra le limacciose sponde non vi era infatti un semplice esercito da sconfiggere: guerrieri scheletrici, morti oltre cinquanta anni prima per obbedire alla parola del Re Stregone, brandivano nuovamente le proprie spade smussate, e marciavano per la seconda volta contro il Trono di Alabastro. Anni più tardi, coloro che ancora potevano rievocare l’evento dissero che Mormont ringhiò contro coloro che indietreggiavano, e obbligando il proprio destriero ad una folle corsa, si lanciò alla testa della cavalleria contro i marcescenti guerrieri del Re Stregone.
Quando il messaggero emerse dalle ombre dell’imponente doppio battente di Château d’Anglais, venne subito circondato da rabbiosi soldati, ansiosi di vendicare la morte dei propri compagni. Tuttavia, i signori di Château d’Anglais avevano dato ordine di non nuocergli, poiché era loro intenzione ascoltare le parole del messaggero prima di decidere della sua sorte. L’uomo venne condotto al centro del cortile, dove alcune assi di legno erano state gettate sopra il fango e le macerie del pozzo, proprio accanto alla carcassa marcescente dell’idra.
Se il giovane ambasciatore aveva paura, non lo diede a vedere, e dopo essersi esibito in un cerimonioso inchino, propose ai cavalieri di incontrare Mormul in persona, attraverso l’utilizzo di una sfera stregata in suo possesso. Telehma e Crovont, sospettando un tranello, richiesero che la sfera venisse loro affidata e congedarono il messaggero, sotto gli sguardi carichi d’odio dei propri soldati.
Fu così che dopo alcune ore i Signori di Château d’Anglais si trovarono nuovamente riuniti nella sala del consiglio, per ascoltare il responso dei maghi veste. Entrambi erano certi che la sfera non era di per se in grado di nuocere, tuttavia parte del suo potere avrebbe potuto manifestarsi in modi difficili da prevedere. Dopo alcune riflessioni, i cavalieri decisero di incontrare Mormul attraverso quel bizzarro artefatto, e i maghi veste cominciarono a recitare il sortilegio che ne avrebbe dischiuso il potere.
Avvolti improvvisamente da un lampo accecante, i cavalieri si trovarono in una piana nebbiosa. Non vi era alcuna traccia di Mormul, e soltanto il sibilare del vento rispose ai richiami degli avventurieri.
Decisa a scoprire in quale luogo fosse giunta, la Compagnia cominciò ad esplorare i dintorni, giungendo sino ad un alta costruzione di pietra: una singolare torre priva di alcuna entrata.
Guidato dalle visioni di Theodor, Telehma intuì che una potente illusione celava l’indizio che avrebbe permesso agli avventurieri di scoprire l’ingresso della torre, e le chiavi che permettevano di disserrarla. Una volta all’interno però, un nuovo enigma costrinse la Compagnia ad arrestarsi, e Narth venne quasi ucciso nel tentativo di avanzare ignorandone la soluzione. Pur non potendo ancora intuire quale stregoneria li avesse condotti in quel luogo e per quale scopo, gli avventurieri compresero che non avrebbero potuto muovere un passo senza sciogliere gli enigmi della misteriosa torre.