Maledictus Imago

Si racconta che Kal’Tzheràn, che aveva sconfitto la morte attraverso la sua nera arte, incantò uno specchio con il sangue di cento vergini, per esporlo nella tetra sala del trono della sua nera fortezza, affinché lo sguardo di coloro che erano puri di cuore fosse causa della loro stessa rovina. Eppure, quando il necromante cadde per mano di Gunderbork, l’erede di Engul ne comprese il terribile potere e dispose che la superficie brillante dello specchio fosse celata per sempre.

Durante la notte, due loschi figuri si presentarono alla locanda. Gli uomini del brigante che si faceva chiamare Lupo Grigio convinsero gli avventurieri a seguirli in un fitto canneto, e dopo alcune decine di minuti, a causa del buio pesto, persino Falstaff perse l’orientamento.

Quando emersero sul fianco di un’alta collina scoscesa, la Compagnia si trovò innanzi ad un minuto accampamento, nel quale ad attenderli vi era un uomo il cui volto era celato sotto un’ampio cappuccio, ricavato da una testa di lupo. Soltanto quando furono rimasti soli, Lupo Grigio rivelò la propria identità, ed innanzi agli occhi esterrefatti degli avventurieri, si presentò il Barone Dulamont.

Il nobile in disgrazia narrò loro i sinistri eventi che lo avevano portato ad errare come brigante: l’arrivo dell’affascinante ambasciatrice del Re Stregone, il cui specchio stregato aveva spezzato in due parti l’esistenza del barone, e la presenza tangibile della raccapricciante maledizione che pendeva sulla propria casata, il cui terribile passato come cannibali e adoratori di demoni era stato sempre taciuto, tramandato soltanto da padre in figlio affinché la memoria dei nefasti eventi passati non venisse dimenticata, e sopratutto, non potesse ripetersi.

Tuttavia il barone non rivelò quale spaventoso sudario i suoi antenati avessero riesumato e trasportato nei sotterranei del castello, né in che modo la sua metà prigioniera dello specchio fosse riuscita a fuggire. Gli avventurieri si convinsero pertanto che l’ambasciatrice era riuscita a impossessarsi del castello attraverso lo specchio stregato, e decisero di passare all’azione prima possibile. Quando il barone rivelò l’esistenza di un passaggio segreto che li avrebbe portati sin dentro il maniero, la Compagnia decise di approfittarne.

Fingendo di lasciare la locanda, gli avventurieri, guidati da Falstaff, posero il campo ad alcune miglia da Noisser. Dopo aver impiegato tutto il giorno successivo a recuperare le forze, approfittando delle tenebre, la Compagnia si incamminò tra le strade deserte del villaggio, sino al punto descritto dal barone. Qui, all’interno di un pozzo verticale creato dagli edifici, gli avventurieri rinvennero una scalinata occultata dietro un muro di mattoni grigi, e di lì a poco l’ingresso segreto che le dita di Narth seppero trovare con estrema facilità.

Dall’altra parte, uno stretto cunicolo scavato all’interno delle pareti orientali, li avrebbe condotti sino all’interno del maschio quadrato. Tuttavia, mentre gli avventurieri forzavano una cancellata di ferro, Theodor avvertì l’insorgere di una spaventosa malvagità che proveniva dai sotterranei della collina, nella forma di una moltitudine di ratti, che attraversavano di corsa gli interstizi nelle pareti di pietra per risalire sino alle torri del castello. Le preghiere di Theodor misero al sicuro il gruppo dalle conseguenze terribili di quell’evento, sebbene gli animi degli avventurieri ne rimasero piuttosto turbati.

Emergendo infine all’interno della fortezza, gli avventurieri iniziarono ad esplorarne le sale e le camere da letto, sino a giungere ad una doppia porta di legno decorata. Dopo averne forzato la serratura, gli avventurieri vennero accolti dallo stridio di catene trascinate, e prima che potessero decidere il da farsi, un immensa figura che sembrava composta da decine di catene di ferro e uncini emerse dalle ombre. Ad una estremità, avvolto da catene, era ben visibile un largo specchio ovale, usato come scudo e puntato contro il gruppo di avventurieri.

La battaglia che ne seguì fu terribile e apparentemente inevitabile: il mostruoso Golem di Ferro mise a dura prova le capacità degli avventurieri, ma alla fine il coraggio della Compagnia prevalse: il colosso metallico venne distrutto, e lo specchio, colpito dalla violenza degli incantesimi e dai colpi feroci di Falstaff, Narth e Theodor esplose in mille pezzi. Eppure, mentre la Compagnia riprendeva fiato, una vorticante nebbia giallastra si sprigionò dai frammenti brillanti, e gli avventurieri imbracciarono nuovamente le armi, preparandosi a tutto.