Nella seconda metà del XIII secolo, nella regione settentrionale dello Shaddastan vennero combattute le ultime battaglie della disperata guerra contro Sherargethru, a cui gli uomini si riferiscono con il nome di Terza Oscurità. Privi della guida dei loro immortali padroni, gli eserciti dei Signori delle Tenebre vacillarono, ma a lungo gli uomini avrebbero dovuto combattere prima di riuscire a ricacciare le empie bestie oltre le vette delle Zanne del Drago. Si racconta che la grande orda di Gothmog perse la sua coesione e si separò in cinque eserciti minori, e che Raon III, allora sire dello Shaddastan, li battezzò con il nome di Artigli di Tenebra. Sebbene innumerevoli creature dagli occhi rossi vennero sconfitte nell’assedio di Meridian, alcuni storici sostengono che un gruppo numeroso di queste empie bestie riuscì a sopravvivere, portando nel proprio nero cuore il desiderio di una spietata vendetta.
Marcus non riusciva a ricordare con esattezza cosa era accaduto durante la sua ultima notte di libertà a Remkha. Forse aveva alzato un po’ troppo il gomito in quell’occasione, tuttavia, questo da solo non poteva bastare a giustificare il trattamento ricevuto. Chiuso in una cella della Torre di Ossidiana di Remkha, era stato frustato per settimane con una cadenza quasi giornaliera, a stento cosciente degli altri prigionieri rinchiusi insieme a lui, ai quali venivano inspiegabilmente risparmiate queste brutali attenzioni.
Tuttavia, quel giorno era stato diverso.
Insieme ad altri quattro sventurati era stato condotto in ceppi ad alcuni chilometri nell’entroterra, verso le polverose miniere di rame di Remkha. Fu l’elfa Leetha ad accorgersi per prima che gli altri schiavi tendevano ad evitarli, ma imputò il motivo alla propria presenza: ormai si era abituata al trattamento che gli uomini riservavano alla sua gente, e tanto lontani le sembravano quei racconti in cui gli elfi avevano combattuto come fratelli accanto alla stirpe degli uomini.
Tuttavia, vi erano altre motivazioni che tenevano gli uomini distanti, e a rivelarle fu il vecchio Josh, che era costetto ai lavori forzati da più di tre anni. Egli rivelò che negli ultimi mesi erano spariti più di quattordici minatori dai cunicoli più bassi, e che l’assenza di qualsiasi via d’uscita aveva portato gli altri schiavi a ritenere che vi fosse uno spettro in grado di risucchiare via le vittime. Nessuno voleva scendere nei cunicoli inferiori, e Josh li avvertì che sarebbe toccato proprio ai prigionieri della Torre d’Ossidiana, la cui vita non aveva alcun valore nemmeno per gli avidi padroni di schiavi di Remkha.
Non potendo fare altro, dopo aver zittito lo squittente Halfling con una sonora sberla, Marcus si mise a dormire. Si ripromise di tenere gli occhi aperti, e se si fosse presentata una buona occasione per fuggire, l’avrebbe sicuramente colta.
Il giorno dopo i cinque prigionieri della Torre d’Ossidiana vennero condotti nei livelli inferiori del gigantesco pozzo minerario, seguiti dagli sguardi rassegnati degli altri schiavi. L’aria satura di polvere strappava più colpi di tosse e singhiozzi di quanti Doreah avrebbe desiderato, e la giovane ranger si chiese se avrebbe mai rivisto la luce del sole.
Dopo svariate ore tuttavia, Lucius ebbe l’impressione che il momento di affrontare il sinistro spettro della miniera fosse giunto, ed il suo cuore tremò di paura. Vide due figure ammantate di mantelli scuri, emergere improvvisamente da uno dei cunicoli senza via d’uscita, brandendo corte lame smussate; ma tra esse si gettò fulmineamente Marcus, brandendo il piccone con violenta determinazione. Dopo la cruenta battaglia, i cinque avventurieri ebbero modo di constatare che le due creature erano perfidi Goblin, giunti da un passaggio segreto, ora spalancato sul braccio sotterraneo della miniera che era stato loro destinato.
Dopo essersi scambiati sguardi d’intesa, i cinque schiavi di Remkha recisero le proprie catene utilizzando i picconi, e dopo aver trascinato i corpi dei Goblin al di là del tetro passaggio, lo chiusero alle proprie spalle, lasciando dietro di se soltanto un’altra misteriosa sparizione ad opera del leggendario spettro della miniera.