Quando Arlan Edregh venne nominato quale sovrintendente delle miniere di Rame di Kherd, il suo nome divenne improvvisamente celebre tra la ristretta cerchia degli oligarchi di Remkha. Tuttavia tra le profonde gallerie, una sconvolgente scoperta avrebbe maledetto per sempre il nome dei suoi discenti.
Le gallerie che si stendevano innanzi ai prigionieri erano piene di insidie, e in più di un’occasione Marcus, Doreah, Lucius, Leetha e Tamvolpe furono costretti a ricorrere alle armi per difendersi dall’aggressione degli spietati Goblin che le infestavano. Tuttavia, mentre si aggiravano tra inquietanti sale le cui bizzarre iscrizioni rievocavano le spire del dio serpente, si imbatterono anche in due uomini, apparentemente alleati con i Goblin.
Dopo aver sconfitto anche questi nemici, Marcus ebbe modo di interrogare uno dei prigionieri, mentre Tamvolpe ricorreva alla sua conoscenza della lingua nera per apprendere il più possibile da uno dei Goblin catturati. Vennero così a conoscenza dell’esistenza di altri prigionieri, asserviti in catene ai tagliagole di Tholkad Beld.
Decisi ad incrementare il loro numero e così le possibilità di salvezza, gli avventurieri si premurarono di trovare la cava dove lavoravano gli altri schiavi, e qui, dopo che Lucius aveva messo fuori combattimento uno spietato carceriere, si imbatterono in due vispi prigionieri, Sheeda e Altair, che si unirono zelantemente al gruppo nella ricerca di una via d’uscita dai tortuosi cunicoli sotterranei.
Gli altri prigionieri liberati, che includevano un nano, avevano un’aria apatica, e a nulla valsero gli incoraggiamenti di Tamvolpe: vi era qualcosa che intorpidiva le loro menti e distruggeva la loro voglia di vivere, sebbene tutti loro seguissero il gruppo di avventurieri senza porre troppe domande.
Seguendo le indicazioni del tagliagole che avevano fatto prigioniero, gli avventurieri udirono i suoni di una disperata battaglia, apprendendo di lì a poco che seguaci di Seth avevano aggredito e ucciso gli uomini di Tholkad Beld. In un disperato tentativo di fuga, i mercenari avevano distrutto il montacarichi che avrebbe permesso agli avventurieri di emergere dal passaggio. La prontezza di Lucius permise agli avventurieri di evitare la battaglia, mentre i seguaci di Seth si ritiravano nelle profondità del tempio sotterraneo.
A lungo gli avventurieri avrebbero vagato nelle sale sotterranee, mentre poco rassicuranti dettagli suggerivano loro di trovarsi sul ciglio di un inquietante mistero. Tuttavia, l’esigenza di emergere dai cunicoli era così forte da spingere persino Leetha ad abbandonare i malcapitati sugli altari del dio serpente, e concentrarsi unicamente sulla ricerca di una via di fuga.
Finalmente, dopo un tempo che sembrava interminabile, gli avventurieri raggiunsero uno dei cunicoli che serpeggiava verso l’alto. Nonostante il Goblin prigioniero avesse rivelato in precedenza che i suoi simili sorvegliavano quell’accesso, Sheeda decise coraggiosamente di andare in avanscoperta. Inutile dirlo, egli divenne facile preda di una dozzina di creature nere, che dopo averlo ridotto in fin di vita discesero lungo la galleria per mietere ulteriori vittime con i loro crudeli pugnali.
Tuttavia, la resistenza disperata degli avventurieri, ormai stremati da ore ed ore di combattimenti e marce, fu tale da indurre i Goblin superstiti a fuggire, e risalendo il buio antro, essi guadagnarono la tanto agognata luce del sole.
Un terribile fato però era in agguato per Sheeda e Altair, entrambi privi di sensi e affidati agli otto prigionieri che seguivano gli avventurieri. Questi ultimi infatti, anziché seguire i loro liberatori, portarono in un alcova i due prigionieri per divorarli: soltanto la prontezza di Marcus e Leetha salvò la vita dei due malcapitati, sebbene fossero costretti a uccidere dal primo all’ultimo di coloro che avevano salvato dalle catene.
Soltanto il nano aveva resistito all’impulso di cibarsi ancora una volta di carne umana, e accennò ad una crudele maledizione che era stata gettata su di loro. Marcus ne ebbe pietà, e con un deciso fendente trapassò il cuore del robusto prigioniero, consegnandogli la pace della morte.
Con le poche vesti insozzate di sangue, gli avventurieri emersero dalle buie cave, su un fianco scosceso delle radici delle Zanne del Drago. In lontananza, le guglie d’ottone di Remkha salutavano il tramonto, mentre la pietosa tenebra si stendeva ancora una volta sulle nefandezze perpetrate dalla stirpe degli uomini.