Il giorno in cui Strom mise piede sull’isola di Idra, era accompagnato da una giovane donna dai fianchi snelli e dal sorriso crudele, i cui avambracci erano decorati da voluttuosi tatuaggi. Ben presto gli abitanti di Enkara ne avrebbero conosciuto tanto il nome quanto le snaturate perversioni, e c’è chi racconta che servì sangue umano anziché vino al desco dell’ammiraglio durante la celebrazione per la vittoria sulla milizia del governatore Shaddako.
Tuttavia, ben presto gli eccessi di Mithrelle persuasero persino l’ammiraglio ad allontanarla dal suo palazzo; scacciata da Enkara, la strega si insediò in una vecchia magione, eretta lungo le pendici del vulcano, che all’epoca tutti ritenevano infestata dagli spiriti maligni.
Sebbene Strom la tenga a debita distanza come un cane del quale non ci si fida abbastanza, Mithrelle viene spesso convocata a palazzo, e colonne di schiavi vengono inviati alla luce del giorno su per il sentiero che conduce sino al vulcano, scortati da uomini del teschio rosso. Qualcuno ha paragonato Strom e Mithrelle a due diaboliche serpi che ondeggiano studiandosi reciprocamente, pronte ad azzannare l’una il collo dell’altra alla prima occasione, tuttavia per molti mesi il loro sodalizio è stato alimentato dalla reciproca convenienza, e se Mithrelle soffra dell’isolamento a cui è stata condannata dalla volontà dell’ammiraglio non lo dà minimamente a vedere.
Gli abitanti di Enkara non si inerpicano mai di propria sponte lungo il sentiero che conduce alla magione di Mithrelle, percorso malvolentieri soltanto dai soldati del Teschio Rosso, che ne pattugliano gli accessi di giorno. Eppure, persino i gregari di Strom si allontanano nottetempo dalla magione di Mithrelle, atterriti dai racconti sovrannaturali che circondano la casa stregata.