Nessuno conosce con precisione il passato di Turac, e pochi osano domandarglielo, forse intimoriti dalla sua espressione truce o dai suoi inquietanti occhi azzurri, troppo simili a fredde schegge di vetro.
Gigante tra gli uomini, Turac è un individuo imponente al quale è praticamente impossibile passare inosservato, superando in altezza la maggior parte dei suoi simili. La sua immensa taglia è al centro delle canzoni che i bardi gli hanno dedicato, sempre seguita da improbabili versi sulle sue prodezze con lo spadone d’acciaio che sempre lo ha seguito sui campi di battaglia.
Da quel che si racconta tra le sgangherate strade di Enkara, la spada di Turac è stata al servizio di principi e conquistatori tanto quanto di saccheggiatori e corsari, ed ha bevuto il sangue di innumerevoli avversari da una costa all’altra del grande mare. Eppure sembra che quei giorni fatti di battaglie e sangue siano giunti al termine per Turac, e quando sono ben certi che le sue orecchie non possano udirli, i maligni sussurrano che fu proprio l’ammiraglio Strom a piegarlo, obbligandolo a deporre per la prima volta il maestoso spadone a lama larga che mai aveva conosciuto il disonore della sconfitta.
Tuttavia chi era presente quel giorno, sa che Turac da lungo tempo aveva scelto di voltare le spalle al massacro e l’omicidio, e che inchiodò lui stesso il suo spadone nelle ampie sale del palazzo dell’ammiraglio, ben certo che nessuno avrebbe mai osato brandirlo.
Turac non fa mistero della sua avversione verso la schiavitù dei propri simili, e sono in molti a pensare che sia stata proprio questa la ragione per cui ha spezzato la sua lunga amicizia con Redrick.