Nel primo inverno del 1300, Eirik Undmar, cugino del Re, si batté con ferocia per difendere la rocca di Gwaynar, cinta dal violento assedio degli Elfi Oscuri, ansiosi di rivendicare le terre del Vecchio Mondo. Nonostante il coraggio di Eirik, la fortezza venne infine conquistata; c’è chi racconta che il giovane castellano venne tradito da vili uomini che si vendettero in cambio di vane promesse di ricchezza.
È certo vero che i cancelli della rocca vennero spalancati dall’interno ed i terribili Carnefici irruppero, massacrando senza pietà ogni difensore. Eirik venne ferito e catturato, ma la buona sorte fu dalla sua parte e un’insperata occasione di fuga gli consentì di raggiungere i contingenti amici che ripiegavano verso Draskìr, sfuggendo al triste fato dei suoi soldati.
Dopo la vittoria di Ursarthra sui neri vessilli degli Elfi Oscuri, Eirik, le cui ferite gli impedivano di ritornare a Gwaynar, servì la corte del Re come consigliere del principe Jorgen, ma ben presto la sua malcelata ostilità verso il sangue dell’Impero, ereditata dai suoi avi, attirò su di sé l’astio di Anja, al cui capo era destinata la corona di regina. Fu probabilmente attraverso di lei che Eirik ricevette un singolare dono: la corona del Norwold, una terra devastata dal gelo e dagli Orchi in egual misura, ma su cui Ragnar ambiva imporre il dominio dell’uomo.
Nell’estate del 1301 Eirik, che adesso recava su di sé il titolo di un Principe, intraprese il viaggio oltre il valico settentrionale, ed insieme ai suoi cavalieri si insediò nella città tempio di Shaileen, nonostante il parere sfavorevole dei suoi più stretti sudditi che avevano già avuto occasione di visitare la città maledetta. Il Principe tuttavia non attardò ad accorgersi del proprio errore, e soltanto pochi mesi più tardi ordinò che la corte si trasferrisse nella città di Charòn la Vecchia, lambita dalle acque del grande mare.
Il cuore del Principe però sembra sordo al richiamo dei gabbiani e al monotono sciabordio delle onde e si dice che sia sempre volto ad occidente, nella silenziosa speranza che un giorno il suo destino lo riporti indietro, anche soltanto per riposare tra le tombe che da più di cento anni vegliano sul suo antico casato.