Mentre il millennio volgeva al termine, le genti della Fortezza Bianca pregarono intensamente gli Dei affinchè allontanassero lo Spettro di Northgar dalle proprie case. A lungo gli abitanti della Rocca vissero le proprie notti nel terrore, sino a quando Delivrer, paladina di Libra, varcò il Cancello della Fortezza Bianca. La maggior parte delle canzoni composte in memoria dello Scudo di Libra concernono la sua morte, e l’ultima danza delle lame sacre, Martirio e Sacrificio. Tuttavia la paladina dimostrò il suo valore in numerose circostanze prima di morire, e i dotti confermeranno certamente che fu proprio la forza della fede di Delivrer a distruggere lo Spettro di Northgar.
Falstaff aveva sorseggiato a lungo il suo sidro prima di narrare i giorni trascorsi alla Fortezza Bianca. Ricordava bene di come l’anziano Valenko avesse congedato tutti loro il giorno seguente, e come d’improvviso si fossero trovati con poco conio in tasca e senza alcun ingaggio, sperduti nel Distretto dei Mercanti della Rocca sul Valico delle Gargolle.
Il viaggio aveva provato duramente il giovane Theodor, che dovette ritirarsi nelle proprie stanze in seguito ad un malessere al ventre e Falstaff rimase da solo… o quasi. Mi raccontò che quel giorno aveva conosciuto Narth-urn, un Nano delle Montagne giunto a Northgar al seguito di un numeroso gruppo di Pellegrini, ansiosi di vedere con i propri occhi le reliquie della Cappella della Memoria.
Il Nano e l’uomo cercarono subito di rimediare alla scarsità del conio nelle proprie scarselle. Poichè erano entrambi avvezzi all’uso delle armi, tentarono di arruolarsi nella guarnigione, ma in quei giorni tetri venne richiesto loro di portare un macabro trofeo per dimostrare il proprio valore di combattenti: quattro mani destre di Goblin. In seguito, Falstaff si farà sfuggire che probabilmente il gabelliere del Re non aveva preso sul serio le loro intenzioni, lasciandosi ingannare dagli abiti in male arnese e dallo scarso equipaggiamento che lui e Narth possedevano.
Spendendo quasi tutti i propri averi, Falstaff e Narth acquistarono quel poco che poteva servire loro per sopravvivere ad un’escursione tra le nevi dell’inverno. Trovarono i prezzi della Rocca assai cari, e si adeguarono con mala grazia e molti insulti verso la casta dei commercianti.
Basandosi sulle dicerie ascoltate alla Taverna della Quattro Picche, Falstaff e Narth si diressero verso la sommità del valico, ma già dopo mezza giornata di cammino la Via dei Costruttori era scomparsa, ingoiata dalle nevi e dal ghiaccio. Procedettero per qualche ora tra i boschi di alberi-sentinella e pini-soldato dopo che la tenebra era calata su di loro, per stringersi infine intorno ad un misero accampamento. Razionarono il poco cibo a disposizione, e montarono la guardia. La notte scivolò via priva di eventi.
Falstaff mi disse che l’alba del secondo giorno portò loro un dilemma inquietante. Non avevano gli indumenti adatti per sopportare l’intenso gelo dell’Alto Valico, e già il freddo aveva divorato le loro ossa per tutta la notte. Dopo una breve consultazione, decisero di ritornare indietro, ma nonostante Falstaff si ritenesse abile nel seguire le piste, non riuscì a ritrovare la Via dei Costruttori. Stavano discendendo inequivocabilmente dal Valico, ma in una direzione casuale, e dovettero accamparsi nuovamente al calare delle tenebre.
Della battaglia che ne seguì, Falstaff aveva nitidi ricordi. I Goblin li aggredirono, forse attratti dall’odore della pancetta affumicata, o dalla luce del fuoco. Li soverchiavano di numero, e lo scontro fu cruento. Quando le blasfeme creature ricorsero ad un maleficio stregato dalla terribile forza, Falstaff venne colpito e cadde, mentre Narth ferito e sanguinante, riuscì a prevalere per un soffio. Mosso da compassione o cameratismo, il nano si occupò di Falstaff e lo trascinò per miglia, mettendo caparbiamente un passo dietro l’altro.
Soltanto quando scorse gli imponenti contrafforti della Fortezza Bianca, punteggiati dai fuochi di avvistamento, Narth comprese che il loro destino non si sarebbe compiuto quella notte.