Mastro Troll era giunto a Northgar in una sera d’estate dal cielo stellato, al seguito di una delle tante spedizioni mercantili che transitavano il Valico delle Gargolle durante i mesi più caldi, quando i ghiacci dell’Alto Valico si scioglievano abbastanza da rivelare l’antica Via dei Costruttori. Nonostante non fosse più giovane, la sua maestria nel forgiare i metalli era pari alla fama che lo accompagnava, e quando la notizia del suo arrivo si diffuse, il Castellano in persona ordinò che fosse approntata per lui una bottega d’armi, e che il suo nome fosse iscritto nel Registro del Soldo del Maestro del Conio. Alcuni hanno attribuito a questo evento la ragione dell’inimicizia che si manifestò subito tra il Sovrintendente della Rocca e il rinomato artigiano, ma i più saggi sostengono che il loro rancore reciproco avesse radici più profonde. C’è chi dice invece che i due avessero semplicemente un carattere troppo diverso per andare d’accordo, e che i raffinati modi della Corte Splendente non potevano attirare la simpatia di un uomo vissuto da sempre tra l’incudine e la forgia. Qualunque fosse la ragione, Mastro Troll e il Sovrintendente Laris si rivolgevano raramente la parola, e le poche battute che si scambiavano erano sempre piccanti e poco gentili.
Il risveglio di Funes era stato brusco. Un nutrito gruppo di soldati aveva tirato giù dai propri giacigli tutti i membri dell’assonnata Compagnia, per scortarli sino alla Torre della Sentinella, al cospetto del Capitano Sigurth Lothbrok.
Il Capitano richiese i dettagli dell’ultima spedizione, dello scontro e della cattura del Goblin. Quando Crovont dichiarò di conoscere la lingua nera delle malvagie creature del Valico, Sigurth richiese subito che il prigioniero venisse interrogato, e condusse l’intera compagnia alla Torre del Condannato.
Nelle inviolabili segrete custodite dal gigantesco Niklaus, il Goblin venne interrogato, ma non senza difficoltà. Cogliendo di sorpresa Narth, la malvagia creatura era riuscita ad azzannargli brutalmente la mano, e soltanto dopo aver ricevuto svariate minacce e percosse si era finalmente decisa a rispondere alle domande che gli venivano rivolte.
Attraverso la disarticolata voce del Goblin, il gruppo apprese così di Gadbad, colui che ordinava le aggressioni degli Artigli dei Goblin, al cui seguito vi erano due schiavi umani. Con un tremito nella voce, Crovont annunciò che uno di essi doveva essere Calisto, il mago rinnegato messo a morte dall’ordine dei Maghi-Veste, mentre dell’altro apprese soltanto il nome che gli attribuivano i Goblin: Lingua a Due Code.
Il Goblin accennò anche ad un luogo chiamato “Rifugio”, dimora di Gadbad, ma Crovont comprese che qualunque tentativo di farsi descrivere la via per raggiungerlo non sarebbe andato a buon fine: i Goblin avevano battezzato i loro sentieri con nomi completamente diversi da quelli usati dagli uomini, e ben presto fu chiaro che soltanto obbligando la creatura a guidarli tra i ghiacci avrebbero potuto raggiungere il luogo di cui parlava.
Avendo adesso la prova dell’esistenza di uomini in combutta con i Goblin, nel timore che la malvagia creatura venisse uccisa da eventuali cospiratori, Orodreth e Crovont rimasero a sorvegliarla, mentre Funes e Theodor si recarono alla Torre dello Scrivano, dove studiarono polverose mappe della regione ed attinsero alla conoscenza storica di Malachia ricostruendo il passato di Northgar attraverso lo studio di antiche Cronache.
Mentre Narth onorava la sua promessa, affiancando Mastro Troll nei suoi lavori, Falstaff decise di cercare la sua bella Elene: scoprì quindi l’accesso al Distretto della Fontana, ma con suo grande disappunto i soldati gli impedirono l’accesso. Uno sconsolato Falstaff raggiunse quindi la Taverna delle Quattro Picche dove consumò in solitudine un frugale pranzo prima di concedersi un lungo sonno ristoratore.
Sembra però che egli non fosse destinato ad incontrare Elene solo nei suoi sogni. La bella lavandaia del Distretto del Castellano infatti lo raggiunse a tarda sera, e nel tentativo di mantenere segreto il loro incontro, Falstaff si ritrovò grottescamente al fianco di Gwyn Turtle, in rocambolesca fuga dalla locanda dopo un chissà quale losco incontro.
La mente di Falstaff aveva però poco spazio per il giovane Turtle: finalmente solo con la sua Elene, giunse totalmente impreparato alle rivelazioni che la donna aveva in serbo per lui. Elene raccontò di aver ascoltato per caso una conversazione bisbigliata durante le ombre della sera nel Distretto del Castellano. Interessata ai pettegolezzi aveva origliato, ma si era presto resa conto che l’argomento riguardava proprio Falstaff e i suoi compagni. Nell’agitazione crescente la donna non era stata in grado di memorizzare la conversazione, ma riferì che le voci avevano menzionato la Gola della Scimitarra, luogo che doveva restare segreto ad ogni costo.
Stordito da queste rivelazioni, Falstaff perse una delle poche occasioni di dedicarsi alla bella Elene, ed entrò nella locanda per riferire tutto ciò che aveva scoperto ai propri compagni. Subito dopo Funes narrò del suo incontro con una seguace di Libra, forse un’appartenente all’ordine clericale della Dea della Giustizia. Dal poco che aveva udito, la donna dal portamento regale sembrava riposare durante il giorno, e vegliare nel corso della notte le Reliquie di Delivrer.
Dopo lunga consultazione, la Compagnia decise di prepararsi per una nuova incursione nell’Alto Valico. Il giorno successivo, il pragmatico Narth si occupò di tutti i dettagli della spedizione, mentre Falstaff pagava a malincuore gli articoli d’equipaggiamento che avrebbero permesso alla Compagnia di affrontare i rigori dell’Alto Valico. Orodreth, conquistandosi l’amicizia di Kheledran in cambio della sua libertà, si assicurò che il mezz’elfo tenesse d’occhio il Goblin prigioniero, e gli riferisse tutto ciò che notava nelle buie segrete della Torre del Condannato.
L’alba successiva vide l’intero gruppo riunito davanti alla Taverna delle Quattro Picche, pronto a svelare i misteri nascosti tra i crepacci del Valico delle Gargolle e smascherare i cospiratori una volta per tutte.