Personaggi – Caccia al Drago

  • Jorgen

    Secondogenito del casato di Vaughen, Jor
gen aveva solo sei anni quando il padre riunì intorno a sé i nobili del Regno per spodestare il casato degli Steiner e restaurare l’antica monarchia; di quell’epoca di lotta e sangue Jor
gen ricorda tutt’ora soltanto i racconti che il fratello maggiore gli narrò anni più tardi, nelle rare giornate di sole concesse alle terre di Ursathra.

    Jor
gen crebbe in un regno avviato alla prosperità sotto la guida severa e inflessibile del padre. Nonostante non si sottraesse mai ai suoi obblighi, Jor
gen non disdegnava i piaceri della corte, e come accade talvolta per quei nobili nati in tempi di pace, sviluppò un vero talento per il canto e le belle arti. A differenza del fratello maggiore, Jor
gen si trovava perfettamente a suo agio nelle sale di palazzo, circondato dai ruffiani della corte, e sempre più frequentemente rappresentava il suo casato in occasione delle ricorrenti feste danzanti in onore agli dei di Ursathra.

    Grazie al talento e all’iniziativa di Jor
gen, la corte di Ursathra si arricchì di pittori, scultori, bardi, storici e narratori che contribuirono a vivacizzare non poco i grandi ricevimenti che si tenevano nel palazzo reale. Non furono pochi i nobili che si trasferirono a Draskìr allettati dalla sontuosa vita di corte orchestrata ad arte da Jor
gen, il cui temperamento affabile e brillante conquistò la lealtà di molti sudditi di Rorik.

    Come tutti i suoi fratelli, non appena ebbe raggiunto l’età sufficiente, Jor
gen venne iniziato all’addestramento che ne avrebbe fatto un vero cavaliere. Egli tuttavia, di corporatura meno robusta del fratello, preferì sempre fare affidamento sulla propria naturale agilità, prediligendo armature leggere ed invitando gli avversari a sbilanciarsi in pericolosi affondi per poi colpirli da angolazioni inattese, possibilmente con armi esotiche o non convenzionali, come lunghe aste da combattimento o pugnali dalla lama doppia. Affidandosi a queste inusuali tecniche di battaglia, Jor
gen, vinse innumerevoli avversari durante l’addestramento, ma mai, in nessuna occasione e a prescindere dalle armi che utilizzava, riuscì a sconfiggere il fratello maggiore.

    Jor
gen non si è mai privato dei piaceri che la ravvivata corte di Ursathra ha da offrire, ed ha oscurato la sua fama di nobile illuminato con vere e proprie bravate, sempre rimaste impunite per via del suo rango. La raffinata eleganza di Jor
gen nasconde sovente una spietata ironia e una lucida arroganza, che non lascia alcuno scampo per coloro che non riescono ad entrare nelle sue grazie o che peggio gli causano scontento.

    Dopo aver radunato l’esercito del Regno di Ursathra per annientare il grande drago nero, Re Rorik ordinò a Jor
gen di presiedere il palazzo reale in sua vece e di preparare la corte alle celebrazioni di una vittoria che il fato volle non giungere mai.

  • Norwin

    Pochi anni dopo la nascita di Jor
gen, gli dei di Ursathra benedissero il casato di Vaughen con un terzo figlio maschio, ma allo stesso tempo privarono i tre fratelli della loro madre, che si spense la notte stessa in cui aveva dato alla luce Norwin. Alcuni dicono che il cuore di Rorik perì insieme all’amata consorte e che nessuna gioia che l’intero regno era in grado di offrire avrebbe restituito il sorriso al volto austero del proprio sire.

    Norwin crebbe all’ombra dei suoi fratelli maggiori, che lo considerarono per molto tempo un semplice fanciullo. Ragnar in particolare sembrò non accorgersi mai che gli anni avevano trasformato il suo piccolo Norwin in un uomo, i cui occhi grigi e pensierosi lo facevano somigliare sempre più all’anziano genitore.

    Quando raggiunse l’età adeguata, Norwin venne addestrato all’uso delle armi come era già accaduto ai suoi fratelli. Il suo fisico non era possente come quello di Ragnar né agile come quello di Jor
gen, ma la dedizione dei suoi fratelli diede la possibilità a Norwin di diventare un eccellente combattente; seguendo i suggerimenti di Jor
gen, Norwin scelse armi e armature leggere per la battaglia, ma tenendo in mente i moniti di Ragnar fece realizzare per sé un’armatura di metallo da uno degli artigiani Nani di Thull, robusta e leggera al tempo stesso.

    Norwin non aveva il talento naturale di Jor
gen per il canto, ma si appassionò alla storia, ai racconti, alla poesia e alla letteratura grazie agli ospiti illustri che suo fratello aveva invitato alla corte; mentre Jor
gen gli insegnava come conquistare una donna Ragnar gli mostrò come dominare il campo di battaglia attraverso la strategia militare. Sebbene Norwin avesse la strada già spianata dalle conquiste dei suoi fratelli maggiori, Rorik non gli risparmiò nessuna di quelle prove che un uomo di Ursathra doveva affrontare per poter conseguire la maturità.

    Abituato ad ascoltare prima i pareri non sempre concordi dei suoi fratelli maggiori, Norwin ebbe il tempo di esercitare il proprio pensiero alla critica prima di esprimere la propria opinione, una caratteristica che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Norwin non parlava molto frequentemente e per questa ragione Jor
gen lo ritenne per lungo tempo una persona semplice; tuttavia il secondo dei figli di Rorik ebbe modo di avvedersi, suo malgrado, che Norwin era tutt’altro che sprovveduto e si accorse con genuina sorpresa che un giorno egli avrebbe persino potuto insidiare il suo ascendente sulla corte di Draskìr.

    In occasione di un affollato banchetto per celebrare le seconde nozze del generale Davon Fargan nel grande palazzo reale, Jor
gen aveva per gioco indirizzato un derisorio commento su Norwin, quando accadde l’imprevedibile: Norwin replicò con brillante arguzia, parando con abilità ogni successiva battuta del sempre più incredulo fratello maggiore. Quel giorno il carisma e l’intelligenza di Jor
gen non bastarono a farlo prevalere innanzi agli illustri ospiti che seguivano sempre più interessati la loro tenzone verbale, ed egli, poiché non era uno stupido, preferì suo malgrado concedere in fretta la vittoria al fratello minore, ripromettendosi in cuor suo di non ripetere mai più l’errore di non considerarlo un uomo.

    Nell’ottobre del 1299 Rorik Vaughen riunì sotto il suo vessillo i migliori cavalieri del Regno per combattere Mourne il Nero, il grande drago che aveva incenerito il cuore della grande città di Glenthia. Egli dispose che Norwin svolgesse il ruolo di ambasciatore presso la città di Alekhin in sua assenza, un compito che avrebbe avviato il giovane principe ad un inatteso quanto incerto destino.

  • Ragnar

    Ragnar, primogenito di Rorik Vaughen, aveva dodici anni quando gli orchi marciarono al seguito Urash l’Impalatore discendendo in un’orda che avrebbe devastato le province imperiali negli anni a venire. A Draskìr, già teatro di numerosi disordini a causa della guerra per la conquista del trono imperiale, Rorik aveva riunito intorno a sé i più antichi nobili di Ursathra che erano sfuggiti alle persecuzioni dell’Inquisizione, il cui rancore era acuito dalle tasse Imperiali, sempre più esose a causa della guerra civile. Ragnar era al seguito di suo padre e degli uomini fedeli al casato di Vaughen quando le antiche sale del palazzo reale videro la caduta della dinastia della lince rossa degli Steiner: la spada del giovane principe sembrava guizzare nel buio quella notte e non risparmiò nessuno dei suoi avversari.

    Mentre il padre consolidava il suo potere su Draskìr, Ragnar si recò a Glenthia, verso la quale marciava la gigantesca marea degli Orchi. I soldati erano sgomenti, perché gli esploratori avevano riferito che lo stesso Impalatore si trovava alla testa dell’esercito di creature nere che avrebbe colpito le mura meridionali di Glenthia.

    Le canzoni narrano di quei giorni, della determinazione del principe Ragnar, che appena tredicenne si comportava già come un condottiero veterano di molte battaglie. Egli riuscì a infondere coraggio alla guarnigione, e la guidò personalmente in letali aggressioni ai fianchi dell’orda, obbligandola a rallentare la sua implacabile marcia verso la città. Quando Urash giunse ai cancelli meridionali, Rorik Vaughen, sul cui capo brillava la corona dei Re, era già sugli spalti insieme a tutte le forze di cui Ursathra poteva disporre.

    La battaglia infuriò per più di sette giorni, e le difese di Glenthia furono messe a dura prova. Le risorse della città erano allo stremo quando un gigantesco orco in arcione ad una colossale mostruosità artigliata venne scorto dalle mura ed i soldati gemettero, poiché Urash l’Impalatore in persona era giunto per annientare la stirpe degli uomini che ancora si affannava a difendere i bianchi spalti di Glenthia.

    Il pericolo più mortale però divenne l’occasione che Ragnar attendeva, ed in un’eroica sortita il principe guidò i suoi migliori cavalieri in una carica inarrestabile, travolgendo decine di orchi e giungendo al cospetto stesso di Urash. Fu allora che il gigantesco orco piantò con forza disumana la sua picca nel ventre del destriero di Ragnar, uccidendo istantaneamente la cavalcatura e disarcionando il principe, mentre i suoi Orchi si avventavano spietatamente sui cavalieri che lo avevano seguito, sollevando e abbattendo scuri, mazze e nere scimitarre sugli elmi dei soldati di Glenthia.

    Ragnar ebbe solo il tempo di frapporre il suo scudo prima che la gigantesca mazza di Urash lo frantumasse insieme al suo braccio; ma prima che il mostruoso condottiero degli orchi potesse sferrare il colpo di grazia, Robrain, capitano della guardia reale, troncò il braccio dell’orco che aveva innanzi, e si scagliò con tutte le sue forze in difesa del principe; tracciando un ampio arco di sangue, Robrain spiccò di netto la testa del gigantesco avversario, decapitandolo e ponendo fine ai suoi giorni di terrore. I soldati di Ursathra che avevano visto ciò che era accaduto, si precipitarono nella mischia con rinnovato furore, mentre gli Orchi, privi del loro immortale condottiero, si sbandarono e infine fuggirono.

    Ragnar avrebbe portato a lungo le cicatrici di quella battaglia, che più di ogni altra cosa mostravano il suo indomito e fiero spirito guerriero. Sempre, negli anni successivi, il principe si sarebbe mostrato insofferente alle diplomatiche cerimonie della corte, prediligendo la caccia e l’azione ai balli e banchetti in suo onore. Considerato uno tra i più temibili combattenti del Regno di Ursathra, Ragnar non è mai stato disarcionato da nessun cavaliere durante uno dei molti tornei indetti dal padre negli anni successivi.

    Quando Rorik Vaughen radunò a sé i cavalieri per combattere Mourne il Nero, Ragnar era certo che avrebbe cavalcato al suo fianco, e grande fu la sua delusione quando Rorik lo scelse invece quale ambasciatore presso la corte di Arkenthag. A nulla servirono le grida e la furia di Ragnar, il vecchio Re si mostrò inamovibile e per essere certo che il figlio obbedisse lo fece scortare per lungo tratto dalla stessa guardia reale. Infelici sarebbero stati i ricordi delle ultime parole di Ragnar rivolte a quel padre il cui cuore, forse inaspettatamente veggente, gli aveva impedito di trovarsi al suo fianco quando il grande drago discese sui cavalieri del regno, per spezzare ancora una volta l’orgoglio degli uomini in un ruggente rogo di fiamme ardenti.

  • Xavier Forcas

    Nel 1260 Xavier Forcas indossò, forse con riluttanza, i sacri paramenti. I maligni raccontano ancora che il suo gesto fu dettato dalla tentazione, poiché in questo modo avrebbe potuto varcare i cancelli del sacro monastero di Marien, ove si era rifugiata la giovane che egli bramava e che lo aveva respinto con tutti gli espedienti di cui disponeva; ma al di là delle ingegnose trovate delle storie da taverna, la verità ha toni più prosaici, ed Xavier, scacciato dal fratellastro che aveva ereditato il titolo e il rango del suo casato, aveva avuto ben poche scelte innanzi a sé. Nessuno ricorda se la lingua di Xavier fosse già allora intrisa di veleno o se egli fosse già gonfio di rancore verso il mondo; quel che è certo è che gli anni trasformarono impietosamente la sua frustrazione in una delle armi più letali del Cardinale Lutger.

    Nel 1273 Xavier si trasferì nel regno di Ursathra, ma fu soltanto durante gli anni successivi alla guerra che mostrò i propri talenti. Sebbene facesse un uso distorto del brillante intuito che possedeva, Xavier riuscì ad ampliare i possedimenti del cardinale e a volgere ogni affare a vantaggio dell’ecclesiarchia, senza farsi scrupolo di terrorizzare con i suoi sermoni la povera gente del volgo, ansiosa di versare qualsiasi tributo chiedesse pur di non suscitare le ire del Creatore.

    Untuoso e servile con i potenti, arrogante e spietato con i deboli, Xavier si dimostrò all’altezza di ogni compito che gli veniva affidato, e nel 1284 venne ordinato vicario. Come sempre aveva fatto nella sua vita, Xavier utilizzò i suoi nuovi abiti sacri per ottenere subdolamente o direttamente ciò che voleva: le porte dei nobili nati gli erano adesso aperte e in qualità di ambasciatore del cardinale egli non si fece scrupolo nel frugare ogni luogo e interrogare o torturare impunemente chiunque non fosse in grado di nuocergli al fine di scoprire quei segreti che gli avrebbero consentito di stringere in una morsa crudele i nobili del regno e piegarli alla volontà dell’ecclesiarchia o ai suoi desideri personali.

    Quando Rorik Vaughen trovò la morte, Xavier venne inviato alla corte di Draskìr, e fu opinione comune dei ruffiani che la sua presenza al palazzo reale fosse il segno dell’indecisione del cardinale Lutger, che presto avrebbe dovuto esprimere il suo sostegno a favore di uno dei tre principi di Ursathra. In quell’epoca che Mourne il Nero aveva segnato come propria, la tagliente lingua del vicario avrebbe forse influenzato lo stesso destino dei discendenti della stirpe di Vaughen.