- Alric
Questo alto e snello individuo è certamente il commerciante di schiavi meglio conosciuto ad Enkara, nonché l’unico che abbia deciso di vivervi stabilmente. Come per tutti gli altri schiavisti, l’arrivo di Strom è stato più che provvidenziale per Alric, ed il volume dei suoi poco edificanti commerci si è letteralmente decuplicato, rendendolo ricco al pari di un usuraio di Remkha.
Tra i pregi di Alric, ammesso che ne possegga, non vi è certo l’umiltà: il mercante di schiavi ostenta palesemente la sua ricchezza, e la sua magione è tra le più grandi di Enkara, sorvegliata giorno e notte da dozzine dei suoi fedeli mercenari, infestata da uno stuolo di timorosi servi e vili ruffiani. Non è un segreto che egli non conduca più direttamente la propria nave lungo la rotta dello Stretto della Morte, lasciando il pericoloso compito ad uno dei suoi capitani e godendone i profitti.
Si dice che l’indole dell’uomo sia di non accontentarsi mai di ciò che ha, e per quanto concerne il potere, Alric ne è certamente ingordo. Sebbene sempre nuove ricchezze raggiungessero i suoi forzieri, Alric cominciò a bramare un nuovo tipo di prestigio, l’indipendeza dal tirapiedi prediletto da Strom, Quesado, che era abituato a comandarlo a bacchetta come uno degli schiavi che transitava a bordo della sua nave.
Tuttavia, Alric ben conosceva la fama di Quesado, e sfidarlo apertamente avrebbe significato la sua fine, forse per ordine dell’ammiraglio stesso. Cauto come solo una pantera avrebbe potuto essere, Alric ha prima ottenuto i favori di Mithrelle, l’unica a suo avviso in grado di opporsi apertamente all’ammiraglio.
Recentemente il suo piano sembra aver dato i suoi frutti, ed egli ha potuto finalmente manifestare la sua insofferenza per gli ordini abbaiati da Quesado, senza che l’assassino di Strom abbia potuto muovere un dito contro di lui. Le vuote minacce di Quesado hanno soltanto confermato la bontà del piano di Alric, sebbene sia evidente a tutti eccetto che a lui, che la sua brama di potere lo porterà un giorno a compiere un passo fatale.
- Cacopulos
Nessuno si ricorda da quanto tempo Cacopulos mostri il suo rubicondo sorriso ad Enkara, ma tutti concordano nel dire che non sia nato tra le sue polverose strade, né vi sia approdato come schiavo. Essendo sempre incline allo scherzo e alla battuta, Cacopulos è stato da sempre considerato un sempliciotto buontempone, ma l’astuzia con la quale divenne proprietario dell’emporio locale dimostrò invece che la sua mente sapeva seguire percorsi tortuosi sino in fondo.
Sempre fortunato nel gioco delle carte, in molti sostengono che Cacopulos sia solito barare, ma nemmeno i più abili sono mai riusciti a dimostrarlo. In un paio d’anni furono molti coloro che, sottovalutando l’ingegno di Cacopulos, ne fecero le spese ed il vecchio Farlay giunse addirittura a perdere la sua bottega.
Strano a dirsi, anche coloro che hanno cercato di imporre con la violenza la propria volontà contro quella di Cacopulos hanno avuto la peggio: c’è chi sospetta che il coltello piantato nel cuore dell’arrogante capitano Balked fosse stato scagliato dalla veloce mano di Cacopulos, sebbene lui lo abbia sempre negato. Eppure, coloro che lo conoscono bene hanno imparato a non lasciarsi incantare dal suo sorriso e dai modi bonari, e si dice che anche i suoi amici si guardino attentamente le spalle e (la borsa) in sua presenza.
Dopo l’arrivo di Strom, Cacopulos è stato spesso visto in compagnia del gigantesco Turac, alcuni dicono per mettersi al sicuro dagli affilati coltelli che bramerebbero il suo cuore. È fuor di dubbio che la presenza del fabbro di Enkara scoraggi molti sicari dal tentare azioni avventate, tuttavia è quasi certo che Cacopulos abbia preso ulteriori precauzioni per salvaguardare la propria vita, e non sono pochi i soldati del teschio rosso che ultimamente gli debbono ben più di un boccale di birra.
Chi vive ad Enkara da molto tempo ha attribuito a lui l’antico detto: “sorprendimi, come sa fare l’uomo dal sorriso che uccide”.
- Ishmaela
Tra le strette vie di Enkara è risaputo che i genitori di Ishmaela fossero corsari, e qualcuno sostiene che la piccola nacque proprio a bordo della Divoratrice, l’agile e temuta goletta che colpiva con spietata sicurezza lungo le rotte commerciali che fiancheggiavano lo Stretto della Morte. Ishmaela ricorda ancora nella sua infanzia le lunghe traversate a bordo della Divoratrice, e sebbene non avesse mai visto i corsari in azione con i propri occhi, conosceva fin troppo bene il mestiere dei pirati dai racconti dell’amico Thor, il quale abbondava di dettagli anche troppo esagerati nelle afose sere d’estate.
Un giorno però, la fortuna voltò le spalle alla Divoratrice; un ricco mercantile con le insegne imperiali, il Redentore, aveva scelto di fuggire anziché consegnarsi ai corsari, e sebbene la sua velocità non bastasse per guadagnargli la salvezza, era sufficiente per rendere l’inseguimento lungo ed estenuante. Il capitano imperiale, Friederick Zauker, era stato consacrato come cavaliere e sulla sua nave aveva arruolato solo i marinai più devoti del culto; questo spiega perché laddove le imbarcazioni mercantili erano costrette a fermarsi ed arrendersi, il Redentore continuò il suo percorso verso lo Stretto della Morte.
Quando i corsari stavano per abbordare la nave, capirono di essere troppo vicini al mostruoso gorgo e tentarono di invertire la rotta: ma dal Redentore i marinai scagliarono gomene e funi, e abbordarono la nave pirata, costringendo i corsari a difendersi. Si racconta che le due imbarcazioni avvinghiate vennero inghiottite dal gorgo mentre la battaglia infuriava sulla tolda di entrambi i vascelli. La storia lascia ben poco spazio al ricordo degli indegni pirati la cui cupidigia li aveva condotti alla morte, ma per Ishmaela quel momento segnò l’inizio di un tragico destino.
Le poche cose che le avevano lasciato i suoi amici corsari vennero presto confiscate dagli usurai, e ancora molto giovane venne venduta al postribolo di Enkara per pagare un debito da gioco del padre. Tuttavia il temperamento deciso di Ishmaela aveva irritato molti clienti e la maîtresse decise di punire la giovane abbandonandola per un giorno sull’isola di Mali, sicura che sarebbe stata vinta dal terrore. Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare, Ishmaela fece ritorno ad Enkara da sola la stessa notte, dando ai pescatori che la videro tornare ampio spunto per discutere sull’imbarcazione che aveva utilizzato per la sua fortunosa traversata.
I fatti che seguirono furono poco chiari, e i più arguti sostengono che la giovane avesse trovato uno dei leggendari tesori dell’Isola di Mali, argomento di gran lunga abusato nelle chiacchiere da taverna di Enkara. Sta di fatto che il giorno stesso Thor la riscattò dal postribolo e acquistò la locanda del Randagio Ubriaco.
Sebbene molti uomini abbiano guadagnato la sua amicizia da allora, soltanto uno di essi è riuscito a conquistare Ishmaela, e la sua relazione con il capitano Laranga non è passata inosservata. I maligni sussurrano che il capitano sia stato indotto dai generali di Strom per prestarsi a questo compito con l’obiettivo di scoprire l’ubicazione del rifugio di Nadine, ma sin’ora questa ipotetica ricerca non ha dato alcun risultato sperato dagli uomini del teschio rosso.
- Mithrelle
Il giorno in cui Strom mise piede sull’isola di Idra, era accompagnato da una giovane donna dai fianchi snelli e dal sorriso crudele, i cui avambracci erano decorati da voluttuosi tatuaggi. Ben presto gli abitanti di Enkara ne avrebbero conosciuto tanto il nome quanto le snaturate perversioni, e c’è chi racconta che servì sangue umano anziché vino al desco dell’ammiraglio durante la celebrazione per la vittoria sulla milizia del governatore Shaddako.
Tuttavia, ben presto gli eccessi di Mithrelle persuasero persino l’ammiraglio ad allontanarla dal suo palazzo; scacciata da Enkara, la strega si insediò in una vecchia magione, eretta lungo le pendici del vulcano, che all’epoca tutti ritenevano infestata dagli spiriti maligni.
Sebbene Strom la tenga a debita distanza come un cane del quale non ci si fida abbastanza, Mithrelle viene spesso convocata a palazzo, e colonne di schiavi vengono inviati alla luce del giorno su per il sentiero che conduce sino al vulcano, scortati da uomini del teschio rosso. Qualcuno ha paragonato Strom e Mithrelle a due diaboliche serpi che ondeggiano studiandosi reciprocamente, pronte ad azzannare l’una il collo dell’altra alla prima occasione, tuttavia per molti mesi il loro sodalizio è stato alimentato dalla reciproca convenienza, e se Mithrelle soffra dell’isolamento a cui è stata condannata dalla volontà dell’ammiraglio non lo dà minimamente a vedere.
Gli abitanti di Enkara non si inerpicano mai di propria sponte lungo il sentiero che conduce alla magione di Mithrelle, percorso malvolentieri soltanto dai soldati del Teschio Rosso, che ne pattugliano gli accessi di giorno. Eppure, persino i gregari di Strom si allontanano nottetempo dalla magione di Mithrelle, atterriti dai racconti sovrannaturali che circondano la casa stregata.
- Nadine
Tra le vie di Enkara, chiunque chieda di Nadine ottiene sempre la stessa risposta, come il lato di una medaglia della quale non si conosce, o non si vuole mostrare, l’altra faccia.
Nadine ha molti titoli: è strega, reclusa, indovina, sacerdotessa; sembra conosciuta da tutti sebbene nessuno sappia dove si trovi esattamente. Chi la conosceva bene sa che aveva predetto l’arrivo del teschio rosso e molte delle tribolazioni che sarebbero seguite per gli abitanti di Enkara, ma Carsen l’aveva scacciata dalle sue sale, chiamandola menegrama e iettatrice Da quel giorno Nadine abbandonò la sua casa e si trasferì in un rifugio noto solo a pochi, attendendo che le sue profezie si avverassero e preparando i più giovani alla battaglia senza tregua contro il tiranno che avrebbe dominato Enkara.
Durante la sua assenza, Tarisha si occupò di assistere gli abitanti per le richieste più comuni: rimuovere il malocchio, preparare filtri d’amore, scacciare gli spiriti malvagi e benedire le unioni, ma nonostante la giovane mettesse quanto più zelo possibile nelle sue azioni, gli abitanti di Enkara continuavano a rimpiangere la vecchia Nadine e la sacralità delle sue preghiere.
Alcuni sostengono che Nadine sia considerata tra i nemici di Strom, ma i generali del teschio rosso ne ridono, e affermano che l’ammiraglio abbia avversari ben più temibili di una vecchia pazza che si nasconde tremando nel lerciume di qualche macilenta baracca. Nonostante queste rassicurazioni, coloro che tengono alla vita di Nadine sono ben contenti di saperla nascosta e al sicuro, in quanto Strom ha già mostrato in più occasioni di non avere nessuna pietà per vecchi inermi o infanti.
- Noriast
Ancora molto giovane, sopravvissuto per miracolo alla battaglia dei cancelli di Narnen, fatti a pezzi da Mourne il Nero durante l’avvento della Terza Oscurità, Noriast si unì alle colonne di profughi che cercavano scampo dalle schiere nere, raggiungendo le terre dello Shaddastan insieme all’unica delle sue congiunte sopravvissute, sua sorella Yusra.
Purtroppo, così come racconta la storia, nemmeno il regno del sire degli Shaddaki sarebbe stato risparmiato dalla furia delle orde di Sherargethru: attraverso l’acciaio e la crudele magia nera, gli spietati Signori delle Tenebre razziarono e soggiogarono nel nome del proprio padrone la regione settentrionale del regno, e si arrestarono soltanto quando la fonte del loro oscuro potere venne sconfitta alla Gola del Terrore dal sacrificio del principe Elegh.
Noriast aveva già visto troppo di quella insensata guerra e decise di spingersi ancora più a sud, imbarcandosi verso le lontane e misteriose terre di Stygia, pensando che almeno sua sorella sarebbe stata al sicuro laggiù.
Tuttavia, Yusra morì di tifo poco dopo la partenza da Remkha, e Noriast, ormai senza una meta precisa, si fermò ad Enkara, prendendo servizio come soldato presso il governatore Carsen, che all’epoca dominava con polso saldo l’unico approdo sicuro all’isola di Idra.
Le continue scaramucce e battaglie contro i corsari divennero il pane quotidiano di Noriast per molti anni, e quando il capitano della compagnia incontrò il suo destino sulla punta di una lama pirata, egli ne ereditò i gradi in riconoscimento della sua abilità nel comando. Nonostante Noriast si dimostrò un leale capitano verso il suo signore, senza mai metterne in discussione le sue decisioni, i cittadini di Enkara ricordano con nostalgia la sua presenza, e la disciplina che egli trasmise con il suo esempio ai soldati di Carsen migliorò notevolmente i rapporti tra gli abitanti e la milizia locale.
Quando Strom invase Enkara con i mercenari del teschio rosso, Noriast si battè con coraggio, ordinando la ritirata soltanto quando la situazione era disperata. Non volendo tradire la memoria dell’uomo a cui aveva prestato giuramento di fedeltà, Noriast divenne di fatto un fuorilegge.
Alcuni tra i suoi soldati più fedeli, lo seguirono a dispetto delle difficoltà, accettando poco tempo dopo l’ospitalità e l’aiuto offerti da Nadine, che aprì per loro le porte del rifugio che aveva approntato dopo aver divinato l’arrivo di Strom.
Da allora, Noriast si è sempre battuto per cercare di deporre il tiranno dal suo scranno nel palazzo di Carsen, sebbene i metodi brutali di Strom, che non sembra avere alcun riguardo per la vita dei cittadini di Enkara, lo abbiano costretto a seguire la via del sotterfugio più che dello scontro a viso aperto.
- Quesado
Snello e di bassa statura, Quesado è ormai da molti anni l’ombra di Strom, e tra le genti di Enkara è noto che le sue parole sono sempre aralde della volontà dell’ammiraglio; tuttavia, laddove Strom calpesterebbe i suoi nemici con spietata violenza alla luce del giorno, Quesado preferisce uccidere nel silenzio della tenebra.
Si racconta che Quesado sia spietato e crudele con i nemici, e che colpisca rapidamente usando i suoi pugnali avvelenati esattamente come un cobra userebbe le sue zanne, chiara eredità della Gilda degli Assassini di Narnen. Ad Enkara il nome di Quesado è temuto tanto quanto quello di Strom, e sono pochi coloro che osano mettere in discussione i suoi ordini.
Abituato alla sottomissione dei servitori e dei ruffiani che ruotano intorno a Strom, Quesado ha quasi dimenticato qualsiasi altro modo di interagire con coloro in cui si imbatte, ed è pronto ad uccidere al minimo cenno di dissenso, a meno che il suo interlocutore non sia tenuto in gran stima dall’ammiraglio stesso.
Nonostante Quesado preferisca muoversi di notte, egli fa sempre la sua comparsa a capo dei soldati del Teschio Rosso sui moli di Enkara quando viene avvistata una nave, occupandosi personalmente della merce umana. Tuttavia uno tra i maestri di schiavi meglio conosciuti ad Enkara, Alric, dopo aver guadagnato il favore di Mithrelle, ha recentemente cominciato ad ignorare gli ordini di Quesado, facendosi beffe della sua autorità e delle sue minacce.
Si racconta che ultimamente l’umore di Quesado sia ulteriormente peggiorato, poiché a dispetto della sua grande abilità e degli sforzi profusi nel catturare o uccidere coloro che si oppongono al volere dell’ammiraglio, ha colto solo minime o parziali vittorie, senza mai riuscire a colpire al cuore le menti sobillatrici che si celano ad Enkara.
- Redrick
Redrick è un uomo imponente e le cicatrici sulle sue braccia basterebbero da sole a dimostrare che ha affrontato innumerevoli scontri. Ad Enkara tutti sanno che ha accompagnato per molto tempo Turac sui campi di battaglia, e che il legame che li univa era stato forgiato dal sangue dei nemici. Lo stesso Redrick, rievocando le più dure prove sostenute, non manca mai di menzionare la presenza di Turac, l’uno di guardia alle spalle dell’altro nelle vorticanti mischie dove il loro acciaio temprato aveva sempre avuto la meglio contro qualsiasi difesa.
Eppure, da molto tempo ormai Redrick e Turac non si rivolgono più la parola, e quando l’imponente drakkar del corsaro rosso raggiunge i moli di Enkara non trova più il gigantesco fabbro ad afferrare l’altra estremità della sua gomena. Tra le vie di Enkara si mormora che la ragione dei loro dissapori sia dovuta al commercio di schiavi, pratica che Redrick ha abbracciato come ha fatto per molti altri eventi della sua vita, mentre Turac ha rifiutato in base alle convinzioni tramandategli dai suoi padri. Laddove il fabbro preferirebbe uccidere un uomo più che privarlo della sua libertà, Redrick trova perfettamente accettabile che i più forti mettano in catene chi non sa difendere la propria indipendenza: la loro divergenza di vedute era così radicale, che quando Redrick divenne un commerciante di schiavi Turac gli voltò definitivamente le spalle.
Cacopulos per primo trovò il modo di lucrare a causa di questa insanabile frattura, commerciando con Redrick metalli o utensili richiesti da Turac e vendendogli le armi realizzate da quest’ultimo, ben sapendo che entrambi i guerrieri alimenteranno questi scambi mossi dalla curiosità di avere informazioni l’uno sulle sorti dell’altro.
Si dice che il corsaro rosso sia un abile cartografo, e che molti superstiziosi capitani non si avventurerebbero mai sulle rotte adiacenti lo Stretto della Morte senza una mappa vergata da Redrick.
- Sakumbe
Il nome di Sakumbe è ben noto su tutta la costa orientale del Jeevra, e la sua immensa galera, Barracuda, ha solcato intrepidamente le correnti più impetuose che marinaio possa affrontare. L’audacia di questo uomo, nato alla foce dello Stige, è pari solo alla sua arroganza ed il suo temperamento ben si sposa con la professione che esercita ormai da molti anni: il commercio degli schiavi.
Considerato tra i più ricchi mercanti di Remkha, Sakumbe raramente si attarda tra i moli delle città con le quali commercia, sentendosi probabilmente più al sicuro in mare aperto. Coloro che hanno avuto l’onore di viaggiare come suoi ospiti, hanno potuto testimoniare che Sakumbe non è uomo che si faccia mancare le dovute comodità, e la sua cabina è zeppa di lussi e ori che raramente si trovano a bordo di un vascello mercantile.
Queste voci hanno alimentato le brame dei corsari di tutta la costa orientale, e la Barracuda è considerata una tra le prede più ambite tra le imbarcazioni che solcano le onde del grande mare. Per questa ragione Sakumbe ha assoldato i combattenti più letali che un commerciante possa permettersi, gli Immortali della Città di Rame, eunuchi addestrati sin da infanti all’arte della guerra, la cui lealtà è considerata persino superiore alla loro abilità marziale. Nonostante le costanti aggressioni, la tolda della Barracuda non è mai stata conquistata dai pirati corsari, e gli Immortali si sono rivelati all’altezza della loro macabra fama, annientando spietatamente qualsiasi nemico di Sakumbe.
Sakumbe ha recentemente ceduto ad una nuova tentazione, acquistando una nuova cavalcatura che evidenziasse il suo potere: un’imponente mostruosità alta due volte un uomo, dalla lunga proboscide e dalle zanne d’avorio, proveniente dalle ampie steppe dello Shaddastan. La vista del commerciante di schiavi che incede sul dorso di questo nuovo mostro ha spesso indotto i regnanti a trattare Sakumbe al pari dei principi, spalancando nuovi orizzonti per la sua insaziabile ambizione.
- Strom
Nessuno tra gli abitanti di Enkara avrebbe mai dimenticato la notte in cui le navi di Strom giunsero all’isola di Idra. Le vele del Teschio Rosso garrivano quali araldi della sua volontà di conquista, e gli uomini della milizia di Enkara lontani dai campi di battaglia da troppo tempo, non riuscirono ad arrestare la violenta irruenza degli uomini dell’ammiraglio. In una sola notte ogni resistenza venne schiacciata, e la testa di Carsen, governatore vassallo dello Shaddastan, venne impalata nella piazza del mercato, affinché fosse ben chiaro chi fosse il dominatore di Enkara da quel giorno in avanti.
Non molte lacrime furono versate per la morte di Carsen, ma dopo alcuni mesi anche i più ostili avrebbero rimpianto i giorni in cui lo Shaddako vigilava su Enkara: Strom aveva proclamato di essere stato scelto dal gran Sacerdote di Khemi per governare la città, ma di fatto schiacciò la popolazione con ulteriori vessazioni, ed autorizzò i suoi soldati a compiere qualsiasi angheria desiderassero nei confronti degli abitanti. Nonostante molti vennero ridotti in schiavitù, sempre nuovi schiavi transitavano sui moli di Enkara, alcuni dei quali per non ripartire mai più.
Non ci volle molto prima che i più audaci si organizzassero per ribellarsi al nuovo tiranno, ma Strom dimostrò una crudeltà ben superiore a quanto erano pronti i combattenti di Enkara: in risposta all’omicidio di tre dei suoi soldati, fece imprigionare altrettante dozzine di abitanti tra uomini, donne e bambini e li fece ardere vivi innanzi al suo palazzo. Quel giorno coloro che desideravano rovesciare il dominio di Strom compresero che era necessario perseguire strade più tortuose, e che la via diretta avrebbe soltanto decimato gli abitanti di Enkara.
Durante i mesi che seguirono vi furono pochi ma decisivi tentativi di attentare direttamente alla vita di Strom, sempre seguiti da sommarie esecuzioni capitali. Eppure uno di essi merita di essere menzionato, in quanto racconta di una veloce saetta che, trapassando l’elmo da parte a parte, si era conficcata profondamente nel cranio dell’ammiraglio. Tuttavia anziché cadere al suolo esanime, Strom aveva strappato la freccia con violenza, spezzandola tra le sue dita guantate. Questo superstizioso racconto, passato di bocca in bocca tra gli abitanti, ha alimentato la convinzione che sia impossibile uccidere Strom, e che la sua vita sia preservata da qualche nera benedizione dei lontani altari di Khemi.
- Turac
Nessuno conosce con precisione il passato di Turac, e pochi osano domandarglielo, forse intimoriti dalla sua espressione truce o dai suoi inquietanti occhi azzurri, troppo simili a fredde schegge di vetro.
Gigante tra gli uomini, Turac è un individuo imponente al quale è praticamente impossibile passare inosservato, superando in altezza la maggior parte dei suoi simili. La sua immensa taglia è al centro delle canzoni che i bardi gli hanno dedicato, sempre seguita da improbabili versi sulle sue prodezze con lo spadone d’acciaio che sempre lo ha seguito sui campi di battaglia.
Da quel che si racconta tra le sgangherate strade di Enkara, la spada di Turac è stata al servizio di principi e conquistatori tanto quanto di saccheggiatori e corsari, ed ha bevuto il sangue di innumerevoli avversari da una costa all’altra del grande mare. Eppure sembra che quei giorni fatti di battaglie e sangue siano giunti al termine per Turac, e quando sono ben certi che le sue orecchie non possano udirli, i maligni sussurrano che fu proprio l’ammiraglio Strom a piegarlo, obbligandolo a deporre per la prima volta il maestoso spadone a lama larga che mai aveva conosciuto il disonore della sconfitta.
Tuttavia chi era presente quel giorno, sa che Turac da lungo tempo aveva scelto di voltare le spalle al massacro e l’omicidio, e che inchiodò lui stesso il suo spadone nelle ampie sale del palazzo dell’ammiraglio, ben certo che nessuno avrebbe mai osato brandirlo.
Turac non fa mistero della sua avversione verso la schiavitù dei propri simili, e sono in molti a pensare che sia stata proprio questa la ragione per cui ha spezzato la sua lunga amicizia con Redrick.