La coorte immortale

La passione di Melchia per il gioco degli scacchi era ben conosciuta dai suoi fratelli, che disdegnavano questo passatempo preferendo la caccia e la macabra danza della morte. Per vincere la riottosità di Vorlock, si racconta che Melchia un giorno gli fece dono di un’elegante scacchiera, promettendo al fratello che quel gioco che aveva sempre trovato noioso si sarebbe presto trasformato in un gustoso diversivo con il quale intrattenersi, un passatempo durante il quale lo spargimento di sangue non sarebbe certo mancato.

Di comune accordo, la Compagnia si accinse ad attendere l’alba prima di avvicinarsi al tetro maniero di Vorlock; tuttavia, nel cuore della notte, l’intero gruppo venne svegliato da un violento acquazzone. Crovont tentò invano di ancorare la propria tenda sul ponte di pietra, mentre la maggior parte degli avventurieri trovava riparo nella carrozza. Tanto forte e prolungata fu la pioggia da rendere la notte un vero incubo, e l’alba del giorno successivo ancora peggiore. Attendere che gli elementi si chetassero non era possibile: Theodor temeva che Mograine fosse prossimo a risvegliare il mostruoso Nosferatu e nonostante la pioggia avesse trasformato il sentiero oltre il ponte in un torrente di fango, la Compagnia si risolse a risalire verso il castello.

Dopo poche ore la carrozza si arrestò innanzi alla pesante grata che sbarrava l’accesso principale dell’imponente fortificazione. Dai contrafforti, mute gargolle vomitavano incessantemente l’acqua che precipitava senza tregua dalle fosche nubi soprastanti. Mentre Narth si accingeva a valutare la robustezza della grata, Adam fece un mezzo giro del torrione destro del barbacane, in cerca di un punto adatto in cui scagliare il suo rampino.

Non ci volle molto prima che il giovane bardo notasse una voragine di discrete dimensioni sul fianco di una delle torri, forse danneggiata da un potente colpo d’arma d’assedio. L’invitante apertura però non era altrettanto semplice da raggiungere per i propri compagni e sia Theodor che Narth furono traditi dalle malandate pietre della torre, rese scivolose dalla pioggia battente. Dopo alcuni tentativi, issati dai propri compagni, tutti gli avventurieri riuscirono finalmente a mettersi al riparo.

Dopo varie consultazioni, Theodor decise di avvolgere il gruppo in un’area di silenzio, sebbene questo avrebbe impedito a Crovont di intervenire tempestivamente con i propri incantesimi in caso di pericolo. Il sacerdote però doveva essere stato ispirato da una qualche luce divina, in quanto proprio di lì a poco, la compagnia fece irruzione in un’ambiente ove riposavano una dozzina di giganteschi pipistrelli vampiro, i quali non udendo alcun suono, continuarono a dormire beatamente, aggrappati alle travi lignee del soffitto con i loro mostruosi artigli.

Individuata rapidamente la ruota dentata che avrebbe attivato il meccanismo della grata, Narth, Adam e Falstaff si accinsero a sbloccarla quanto più rapidamente potevano, e udirono distintamente la carrozza che attraversava l’arcata e si dirigeva oltre, guidata apparentemente solo dall’istinto dei suoi cavalli.

Allontanatisi dai minacciosi pipistrelli prima che l’aurea di silenzio svanisse, gli avventurieri si calarono oltre una botola ed aprirono con cautela una porta di legno, emergendo dall’altro lato delle mura nel cortile interno. Ignorate le stalle, dove probabilmente i cavalli avevano condotto la carrozza, gli avventurieri si risolsero per aprirsi un varco attraverso una siepe alta due metri, non senza aver prima dato una sbirciata oltre i rovi grazie agli sforzi combinati di Falstaff e Adam. Il sentiero di pietre bianche che si trovava oltre conduceva in un piccolo spiazzo, dominato da un’imponente e mostruosa statua che si ergeva su un maestoso basamento marmoreo.

Incuriositi dalla statua che raffigurava una bizzarra creatura metà uomo, metà pipistrello, gli avventurieri si avvicinarono per investigare, eccetto Falstaff, reso diffidente dall’aspetto della mostruosa raffigurazione. Quando Adam comprese che sul piedistallo vi erano i resti di una statua preesistente, era troppo tardi: Crovont che si era avvicinato alla testa della statua per verificare quali gemme erano state incastonate al posto degli occhi, divenne il bersaglio della creatura, che presa improvvisamente vita, azzannò la mano destra dello stregone, strappandogli due dita e scaraventandolo contro una delle panche di pietra.

Falstaff urlò un avvertimento e Adam mise subito mano ai suoi strumenti stregati per evocare un bagliore intenso che accecasse la creatura. Stordita dalla luce, quest’ultima lasciò scoperto un fianco, che Falstaff sfruttò per conficcare la spada tra le costole della bestia.

Purtroppo per Falstaff un colpo che avrebbe ucciso una creatura normale non era sufficiente per il terrore ancestrale che avevano risvegliato. In una violentissima serie di colpi e morsi l’esploratore venne quasi sbranato, mentre Narth cercava inutilmente un punto debole per colpire con la sua scure.

Ancora una volta la luce accecante di Adam costrinse la feroce Gargolla a lasciare la sua preda, e mentre Theodor si occupava dei feriti, Narth ingaggiò la malabestia. Ripresosi, Crovont decise di ricorrere ad un potente sortilegio per porre fine alla battaglia, e scatenò una devastante folgore magica sulla mostruosità artigliata, colpendo però quasi tutti i suoi compagni. Sotto la pioggia, il fulmine investì tutti con forza terrificante, e mentre la creatura si dimenava per il dolore, Falstaff incuneò nuovamente la sua spada tra le costole della Gargolla, trafiggendola a morte.

Spossati dalla battaglia, ma impossibilitati a riposare, gli avventurieri penetrarono nella costruzione principale del maniero. Immersi nella penombra, avanzarono cautamente in una grande sala, il cui alto soffitto spariva tra le ombre, quando d’improvviso un voluminoso candeliere precipitò dall’alto, costringendo Narth ad un rocambolesco salto laterale per evitare di rimanere schiacciato sotto il peso della massiccia catena. I cristalli ornamentali esplosi all’impatto avevano ferito superficialmente tutta la compagnia e sollevato una discreta quantità di polvere, ma Narth aveva anche riportato una brutta ferita alla gamba. Mentre Theodor si accingeva a prendersi cura del nano, Lyanna diede loro il benvenuto, discendendo dall’imponente scala marmorea.

La donna era molto bella come la ricordavano, sebbene estremamente pallida. I suoi capelli erano altrettanto candidi, ma non certo a causa dell’età. Ella accolse gli avventurieri con grazia, invitandoli a rilassarsi nell’ampio salone delle danze, ove sembrava che un ballo di tempi antichi venisse rappresentato da cortigiani mascherati. Theodor vinse l’incertezza e affrontò la bizzarra apparizione, offrendo il braccio alla dama spettrale, e qualunque dubbio avesse sulla sua natura svanì nel vedere le mani di Lyanna, che altro non erano che mostruosi artigli biancastri.

Nondimeno, per quanto la distruzione di quell’intera orda di cortigiani non morti fosse indubbiamente necessaria, il sacerdote comprese che non era il momento di agire. Conversando amabilmente con la terribile dama gli avventurieri appresero che Mograine si trovava nella Torre Ottagonale, un luogo nel quale Vorlock non aveva mai ammesso estranei; priva del Malus Vizeraj però, Lyanna non era stata in grado di contrastare il necromante. La dama chiese espressamente che il tomo maledetto le venisse riportato, ma avrebbe potuto rivelare l’ubicazione della Torre soltanto ad emissari dei fratelli di Vorlock. All’udire questa affermazione, Crovont decise di giocare il tutto per tutto, e affiancandosi a Falstaff gli mostrò la spilla d’oro con l’effige di Melchia, trafugata dai sotterranei di Northgar mesi e mesi prima. Dopo qualche esitazione, Falstaff decise di presentare l’intero gruppo come ambasciatore della volontà di uno dei primi vampiri e Lyanna, pur aggrottando dubbiosamente la fronte, decise di rivelare agli avventurieri la via per il sepolcro di Vorlock.

In una vasta sala, un’elaborata scacchiera faceva bella mostra di sè. Gli spendidi pezzi raffiguranti mostri e cavalieri si fronteggiavano, pronti alla battaglia. Sconfiggere Vorlock nel gioco non doveva essere troppo difficile, pensava Theodor che aveva parecchia familiarità con questo passatempo; ma quando la partita ebbe inizio, egli comprese che niente di ciò che si attendeva si sarebbe verificato.

Intrappolati nell’incantesimo della scacchiera, il sacerdote ed i propri compagni si trovarono a lottare furiosamente per le proprie vite, nel tentativo di abbattere il Re Nero. Qualunque regola basata sull’alternanza delle mosse era stata sostituita da una mischia furibonda tra i due eserciti, sebbene i pezzi obbedissero vagamente alle regole imposte dalle caselle bianche e nere. Durante la battaglia Adam prese fuoco per aver ignorato il movimento imposto ai cavalieri, ma dopo un disperato corpo a corpo, il Re Nero venne abbattuto, e l’incantesimo ebbe termine.

Fu allora che la porzione della sala centrale iniziò a discendere lentamente, mentre la pietra strideva intorno a loro. Lyanna rimase ai bordi della sala, scoccando un ultima malinconica occhiata al gruppo che aveva incaricato di renderle il Malus Vizeraj. Dopo interminabili minuti, il pavimento completò la sua discesa, abbassandosi di oltre quindici metri nel sottosuolo del maniero, e rivelando un’arco elaborato ed un’uscita, che li avrebbe presto inghiottiti nella sua ombra.

Bonus Track: La Coorte Immortale