Cadeva l’anno 1276 quando i cancelli di Gundobad si spalancarono per salutare l’esercito del Re Stregone, in marcia verso Nord. Molte lame ad esso si sarebbero aggiunte, e innumerevoli vite sarebbero state mietute da quel nuovo conflitto. Come una splendente fenice, la stirpe di Oss risorgeva dalle sue ceneri, e i cento occhi ghiacciati del Tiranno avrebbero nuovamente visto il Trono di Alabastro.
Quando il messaggio di Jorge giunse nelle mani di Theodor, Falstaff non riuscì a contenere la propria emozione. Solo poche ore lo separavano dall’incontrare la sua amata, ed egli pensò bene di spenderle acquistando un abito nuovo e alcuni oli profumati, suscitando lo sdegno dei suoi compagni, animati da ben altre intenzioni.
Il luogo dell’appuntamento però aveva cattiva fama, anche se la cosa non doveva sorprendere, conoscendo i trascorsi di Jorge. Il Folletto Brillo altro non era che un vetusto battello ancorato ai moli di levante, trasformato in una sorta di taberna galleggiante frequentata da gitani e uomini veloci di mano e di coltelli. La compagnia si preparò al peggio.
Lungo la strada, Falstaff venne assalito da un cucciolo di lupo, che sembrava aver trovato il proprio padrone. Insieme a lui, viaggiava una donna, Adua, probabilmente un’avventuriera, e nonostante le iniziali diffidenze, la Compagnia decise di accettarla tra le sue fila, rimandando a più tardi i chiarimenti sul comportamento del lupo, a cui Falstaff si era già affezionato.
Quando giunsero al Folletto Brillo, gli avventurieri presero posto nella sala, trovandosi piuttosto a disagio in quell’ambiente reso nebbioso dal troppo fumo dei narghilè, ondeggiante a causa della forte corrente del fiume. Nondimeno gli avventori brindavano, ridevano e ballavano, cercando di dimenticare le proprie misere vite almeno per poche ore. Quando finalmente il mezz’uomo rivelò che la Compagnia era attesa nelle cabine di prua, il gruppo lasciò con sollievo l’affollata stiva, ma…
Nell’angusto ambiente, repellenti creature per metà uomo e metà ratto li attendevano per interrogarli. Esse cercavano un oggetto in possesso di Narth, ma qualunque cosa fosse il nano non era disposto a cederla – fu presto chiaro che la battaglia era inevitabile. Adua si battè al fianco degli avventurieri con la propria falce, dimostrando molto coraggio, e quando un letale colpo di scimitarra stava per segnare il suo destino Theodor intervenne per salvarla. Mentre Falstaff costringeva il più grosso degli uomini ratto in un angolo della cabina a suon di fendenti, Narth metteva a segno mortali colpi di scure sullo sciamano e Telehma e Crovont evocavano i propri sortilegi in difesa dei propri compagni. Al termine di un duro scontro, gli avventurieri si ergevano vittoriosi sui corpi di otto disgustose creature.
Fu allora che Narth si accorse della presenza di un’altro ambiente, nel quale si trovavano due prigionieri, uno dei quali era nientemeno che Jorge. Liberati dalle corde i due uomini, tutti si diressero nella stiva, dove contemporaneamente si era svolta una feroce battaglia tra gli uomini ratto e gli avventori: i tavoli erano rovesciati ed alcuni cadaveri erano riversi al suolo, tra gli sgabelli. Gli uomini-ratto erano stati respinti, ma Jorge sapeva che gli abitanti delle fogne di Luth Golein sapevano essere implacabili, e sarebbero tornati in gran numero pur di avere ciò che cercavano. Narth non ritenne prudente rivelare ciò di cui era entrato in possesso, limitandosi a promettere che la Compagnia avrebbe lasciato la città quanto prima, e Jorge ritenne questa la migliore soluzione, accettando quindi di accompagnare al cospetto di Elene gli avventurieri quella notte stessa, per accelerare la loro partenza.
Mentre entravano all’interno della dimora della sua amata, Falstaff rimpianse di non avere alcun tempo per prepararsi: i suoi lussuosi abiti erano sbrindellati in più punti e macchiati di sangue, e la piuma del suo cappello pendeva tristemente di lato. Eppure non avrebbe avuto altre occasioni forse di incontrare Elene, e decise che la donna avrebbe dovuto accettarlo così com’era. Jorge nel frattempo risaliva le scale sino alle stanze da letto della sua allieva, non avendo alcuna esitazione ad introdurre gli avventurieri nella stanza ove Elene riposava.
Quando la donna cercò di puntellarsi sui gomiti però, Theodor si accorse subito della sua malattia: il veleno aveva contaminato nel corso degli anni il suo sangue, lenta e implacabile morte che Ernst Weber aveva riservato per lei e Jojo, ben sapendo che altri veleni più rapidi ed efficaci sarebbero stati riconosciuti in tempo dalle spie delle quali si era servito. Nonostante i suoi iniziali propositi, Theodor non ebbe esitazioni nell’utilizzare i propri doni sacri per combattere il veleno, mitigandone l’effetto e garantendo alla donna ulteriori mesi di vita. Elene rivelò allora ciò che la Compagnia agognava sapere: all’insaputa di Ernst Weber, aveva scoperto che le reliquie di Delivrer sarebbero state consegnate ad uomo di nome Mormul, ben prima che l’Assassino Imperiale facesse ritorno nelle sue terre. Chiunque detenesse le sacre vestigia quindi si doveva trovare ancora nel Regno di Cheemon.
Una volta restato solo con Elene, Falstaff, pur sapendo a quale terribile tradimento era stato esposto dalla donna, non esitò a confessarle il proprio indistruttibile amore, innanzi al quale persino il ghiaccio che avvolgeva il cuore della spia di Jorge si incrinò. Falstaff promise che sarebbe ritornato con il raro antidoto di mandragora, e si congedò mentre la sua determinazione si fortificava ad ogni passo. Eppure, innumerevoli prove avrebbero atteso l’esploratore ed i suoi compagni, mentre l’ombra del Re Stregone avrebbe avvolto il Regno di Cheemon in una nuova, terribile guerra.